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Mentre gli alleati sono immersi nella campagna elettorale per le elezioni Europee, Giancarlo Giorgetti pensa alla legge di bilancio 2025. E cerca di far tornare i conti nonostante pezzi della maggioranza continuino a fare promesse e battaglie sui provvedimenti del suo dicastero. «Il soldi non ci sono. Finiti. Stop», avrebbe detto il ministro dell’Economia a chi gli è intorno come ricostruisce il Corriere della Sera. Sul tavolo c’è il taglio del cuneo fiscale e gli sgravi Irpef da confermare anche per il prossimo anno. Per farlo però, servono appunto i soldi. E con ulteriori 630 miliardi di euro di debito pubblico accumulato solo negli anni dopo il Covid, 2020-2023, con le diverse manovre finanziarie, la cinghia è sempre più stretta. Intanto però la plastic tax è stata rinviata (ancora) e non entrerà in vigore prima dell’1 luglio 2026, e sull’introduzione della sugar tax a luglio la maggioranza si è divisa. «Se proprio non vogliono la tassa possono pescare dai bilanci dei ministeri» dice Giorgetti. Si tratta “solo” di 68 milioni (170 se il rinvio durerà un anno e non sei mesi) eppure non si trovano. Il titolare del Mef ha suggerito a Tajani di tagliare le missioni diplomatiche all’estero. Ma il vero punto d’attrito è altrove, su quel provvedimento che ormai da quattro anni è spesso al centro dell’agenda politica, il Superbonus. Anche se al governo praticamente tutti si sono espressi in maniera contraria al suo prolungamento, è stato poi difficile tradurre le parole in fatti. Ora Giorgetti ha ottenuto l’approvazione di un emendamento al decreto con la norma che prevede che le rate per ottenere le detrazioni fiscali maturate grazie agli interventi effettuati con i bonus edilizi passino da 4 a 10 anni. Quelle residue ancora nella pancia delle banche, che hanno comprato i crediti con uno sconto superiore al 25%, viene dilazionato in 6 anni. E salta per i contribuenti che hanno iniziato a scontare le detrazioni nella dichiarazione Irpef la possibilità di cedere i crediti futuri. Questo provvedimento, nelle intenzioni del Mef, dovrebbe permettere al governo di trovare le risorse per rifinanziare tagli e sgravi del 2024, per i quali servono quasi 20 miliardi di euro. Con i risparmi sull’assegno di inclusione, l’abolizione dell’Ace per le imprese e le risorse del concordato fiscale biennale, mancherebbero però ancora 7 miliardi. Per questo Giorgetti non ha intenzione di cedere alle pressioni del resto della maggioranza contraria alla spalma-crediti del Superbonus: «Non è un puntiglio personale ma una questione di realismo e di serietà rispetto alla situazione dei conti pubblici». E se non va bene «si trovino un altro ministro».

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