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Sul pignoramento della prima casa c’è molta confusione; molti pensano – erroneamente – che l’immobile adibito a prima casa non sia mai pignorabile ma non è così, anzi l’impignorabilità è una circostanza eccezionale.

Per capire se l’immobile prima casa si possa pignorare oppure no bisogna innanzitutto vedere chi è il titolare del credito:

  • se si tratta del Fisco, quindi, dell’Agenzia delle Entrate, esistono diversi limiti e condizioni (che spiegheremo nel dettaglio);
  • se si tratta di creditori privati (in primis le banche) vale la regola generale della pignorabilità della prima casa.

In maniera sintetica, la prima casa può essere pignorata per un debito nei confronti di creditori privati oppure per un debito con il Fisco, quando non si rispettano i requisiti di impignorabilità. Esistono criteri molto specifici e restrittivi, infatti, per cui un immobile può essere esonerato dal pignoramento. Di norma, la tutela del diritto dei creditori prevale e può cedere il posto soltanto a esigenze prioritarie di cui deve rispondere lo Stato. In ogni caso, non incide sulla pignorabilità (per lo meno non come si pensa) la comproprietà dell’immobile, ad esempio tra i coniugi nel caso in cui soltanto uno dei due risulti debitore.

In questa guida il punto della situazione sul pignoramento della prima casa, quando è possibile, come sospenderlo e quando è vietato dalla legge.

Quando può essere pignorata la prima casa

Quando la prima casa può essere pignorata? Cosa dice la legge

In tema di pignoramento della prima casa la legge a cui fare riferimento è il D.P.R. n. 602/1073 che, all’articolo 76 e seguenti, disciplina regole, limiti e condizioni dell’espropriazione immobiliare. Qui si prevede che, ferma la facoltà di intervento ai sensi dell’articolo 499 del codice di procedura civile, l’Agente della riscossione:

  • a) non dà corso all’espropriazione se l’unico immobile di proprietà del debitore, con esclusione delle abitazioni di lusso aventi le caratteristiche individuate dal decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 agosto 1969, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 27 agosto 1969, e comunque dei fabbricati classificati nelle categorie catastali A/8 e A/9, è adibito ad uso abitativo e lo stesso vi risiede anagraficamente;
  • b) nei casi diversi da quello di cui alla lettera a), può procedere all’espropriazione immobiliare se l’importo complessivo del credito per cui procede supera centoventimila euro. L’espropriazione può essere avviata se è stata iscritta l’ipoteca di cui all’articolo 77 e sono decorsi almeno sei mesi dall’iscrizione senza che il debito sia stato estinto.

Inoltre il concessionario non può procede all’espropriazione immobiliare della prima casa se il valore dei beni è inferiore all’importo a 120 mila euro (importo diminuito delle passività ipotecarie aventi priorità sul credito per il quale si procede).

È dunque evidente che queste limitazioni alla pignorabilità della prima casa valgono soltanto nel caso in cui il titolare del credito sia il Fisco, ovvero l’Agenzia delle Entrate. La ragione di questa scelta legislativa, già sommariamente anticipata, è la necessità di bilanciamento degli interessi.

Limitare il pignoramento da parte di creditori privati (ad esempio banche, il condominio, la controparte processuale, la finanziara e così via) lederebbe ingiustamente il diritto di credito, portando di conseguenza a uno stallo nei rapporti economici. Al contrario, quando è il Fisco a detenere il diritto di credito, il sacrificio è sopportabile e non pericoloso, purché sia volto alla tutela di determinate situazioni (delle quali non potrebbe – giustamente – farsi carico un ente privato).

Quando la casa non può essere pignorata?

Esistono dunque specifiche condizioni alle quali la prima casa non può essere pignorata dall’Agenzia delle Entrate, ossia:

  • Si tratta dell’unico immobile in possesso del debitore;
  • l’immobile è adibito ad uso abitativo;
  • il debitore vi ha eletto la residenza anagrafica
  • l’immobile in questione non fa parte delle categoria catastale A/8 e A/9 che si riferiscono agli “immobili di lusso”.

Se manca anche una soltanto di queste condizioni, l’immobile “prima casa” può essere soggetto a pignoramento “se l’importo complessivo del credito per cui si procede supera centoventimila euro”. Ne consegue che il modo più semplice per evitare il pignoramento dell’immobile da parte del Fisco è tenere il debito al di sotto della soglia, ad esempio liquidando la parte eccedente i 120.000 euro.



In ogni caso, per importi inferiori a 120 mila euro (ma superiori a 20.000 euro), l’Agenzia delle Entrate Riscossione può provvedere all’iscrizione ipotecaria, comunque senza pignoramento.

In estrema sintesi, la prima casa può sempre essere pignorata per azioni di credito esercitate da privati, mentre il pignoramento per debiti fiscali può avvenire soltanto se il loro importo supera i 120.000 euro e l’immobile in cui abita il debitore non è di lusso.

Pignoramento prima casa cointestata

Che succede se la prima casa è cointestata? In questo caso si applica quanto previsto all’articolo 599, comma 1, del Codice di procedura civile:

“Possono essere pignorati i beni indivisi anche quando non tutti i comproprietari sono obbligati verso il creditore.”

Ciò significa che, anche se la prima casa è soggetta a comunione dei beni tra i coniugi o comunque in comproprietà, si può pignorare anche se il debitore è uno solo dei proprietari.



Quindi si procede al pignoramento e alla messa all’asta dell’immobile secondo le forme ordinarie, altrimenti chiunque potrebbe facilmente impedire il recupero crediti del Fisco.

In tal proposito è però necessario distinguere fra la comproprietà (nata per acquisto o successione ereditaria ad esempio) e la comunione dei beni coniugale. Al comproprietario, infatti, spetta in ogni caso una quota del guadagno risultante dalla vendita giudiziaria, proporzionale alla propria quota di proprietà, indipendentemente dal deprezzamento subito dalla casa.

La comunione dei beni, invece, non assicura la medesima tutela, proprio perché fa sì che anche uno solo dei coniugi possa essere considerato come proprietario del tutto, perciò al coniuge non debitore viene restituita – se presente – soltanto la parte eccedente il debito. Al contrario, se i coniugi hanno scelto il regime di separazione dei beni, al coniuge non debitore spetta il 50% del ricavato.

Il comproprietario ha comunque la possibilità di saldare il debito per ovviare al pignoramento e poi pretendere il rimborso dal debitore (non di certo la scelta migliore se la casa in comproprietà è l’unico bene pignorabile in suo possesso) oppure acquistare la restante proprietà della casa beneficiando della diminuzione di prezzo dell’asta.

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Sospensione pignoramento prima casa

Nel caso in cui la prima casa venga sottoposta a procedura di pignoramento, il debitore può richiedere al giudice la sospensione temporanea della procura esecutiva tramite il deposito di un atto di opposizione ai sensi dell’articolo 615 del Codice di procedura civile: “Il giudice, concorrendo gravi motivi, sospende su istanza di parte l’efficacia esecutiva del titolo. Se il diritto della parte istante è contestato solo parzialmente, il giudice procede alla sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo esclusivamente in relazione alla parte contestata.”

Tuttavia la richiesta di sospensione è inammissibile se viene proposta dopo che è stata disposta la vendita o l’assegnazione dell’immobile.

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