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Ai fini della configurabilità del delitto di bancarotta per distrazione è necessario che siano sottratti alla garanzia dei creditori cespiti attivi effettivi e sicuramente esistenti (Cassazione penale, sentenza n. 28256/2023 – testo in calce).

Il fatto 

L’amministratore unico e, successivamente, liquidatore di una società a responsabilità limitata veniva condannato nei due gradi di giudizio per bancarotta fraudolenta per distrazione di 4157 capi di abbigliamento.

I giudici muovevano dal rilievo che, in forza del verbale di consegna, l’imputato aveva la disponibilità dei capi di abbigliamento, che affidava in custodia alle proprietarie dei locali e, al di là di una formale diffida, nulla faceva per recuperare le merci. Rilevavano ancora che, nonostante i doveri di vigilanza e controllo collegati alla carica rivestita, non aveva preservato la garanzia patrimoniale verso i creditori, non avendo coltivato alcuna azione per il recupero delle merci, dovendosi collocare la loro distrazione all’epoca in cui, pur avendo la disponibilità dei capi di abbigliamento, li affidava improvvidamente a terzi.

Diritto penale e processo, Direttore scientifico: Spangher Giorgio, Ed. IPSOA, Periodico. Mensile di giurisprudenza, legislazione e dottrina – La Rivista segue l’evoluzione del diritto penale sostanziale e processuale.
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Avverso la sentenza della Corte di appello l’imputato interponeva ricorso per cassazione denunciando vizi di motivazione, in particolare evidenziando come gli fosse stato precluso di accedere ai locali commerciali di proprietà delle mogli dei precedenti amministratori della società fallità dove la merce risultava in giacenza, come dimostrato dalla lettera raccomandata con la quale aveva contestato di non aver potuto controllare l’esistenza delle merci in giacenza nei locali in cui le proprietarie svolgevano la stessa attività commerciale, rassegnando per ciò stesso con effetto immediato le proprie dimissioni irrevocabili. L’azione a tutela della società prospettata dalla sentenza di primo grado – osservava – avrebbe potuto essere esperita se non avesse optato per la drastica soluzione di dimettersi dalla carica.

La sentenza

La Corte di cassazione ha ritenuto il ricorso meritevole di accoglimento alla luce del consolidato principio di diritto in forza del quale la responsabilità per il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale richiede l’accertamento della previa disponibilità da parte dell’imputato, dei beni non rinvenuti in seno all’impresa, accertamento che non è condizionato dalla presunzione di attendibilità del corredo documentale dell’impresa.

Ciò significa che, ai fini della configurabilità del delitto di bancarotta per distrazione, è necessario che siano sottratti alla garanzia dei creditori cespiti attivi effettivi e sicuramente esistenti, sicché il mancato rinvenimento, all’atto della dichiarazione di fallimento, di beni o valori societari costituisce presunzione della loro dolosa distrazione, a condizione che sia accertata la previa disponibilità, da parte dell’imputato, di detti beni o attività nella loro esatta dimensione.

Ha osservato la Corte come, nel dar atto dell’esistenza dei beni alla data del verbale di consegna e nell’identiicare in tale consegna il fatto distrattivo, sostenendo che esso fosse consistito nell’improvvido affidamento dei capi di abbigliamento, i giudici territoriali non avevano dato conto dell’elemento oggettivo della bancarotta per distrazione in quanto non avevano spiegato perché l’affidamento in custodia delle merci integrasse una fuoriuscita del bene dal patrimonio della fallita; né avevano conto del dolo della distrazione, delineando piuttosto un atteggiamento colposo nell’individuazione dei soggetti ai quali i beni erano stati affidati.

Nè poteva trarsi valida argomentazione dalla mancata attivazione di iniziative giudiziarie, poiché a tale argomento la tesi difensiva aveva opposto le intervenute dimissioni dalla carica, dimissioni di cui la sentenza impugnata non contestava l’effettività, affermando dunque la responsabilità del ricorrente senza dar conto dell’esistenza dei beni e della loro disponibilità in capo al liquidatore al momento delle dimissioni stesse.

In forza di tali argomentazioni la Corte ha dispostto l’annullamento con rinvio per un nuovo giudizio.

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