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Come contestare il pignoramento 72-bis DPR 602/1973 notificato dall’Agenzia delle Entrate Riscossione: opposizione agli atti esecutivi e all’esecuzione.

Non pagare le cartelle esattoriali può avere come conseguenza il pignoramento diretto dello stipendio, della pensione, del conto corrente o di altri crediti, senza previa udienza dinanzi al giudice. L’Agenzia delle Entrate Riscossione può infatti utilizzare una particolare procedura esecutiva che le consente, attraverso la semplice notifica di un atto di pignoramento presso terzi esattoriale, di ordinare al terzo (datore di lavoro, banca, posta o altro ente/società) che si trovi in debito con il contribuente, di versare l’importo dovuto direttamente ad essa.

Certamente, affinché il pignoramento esattoriale possa essere legittimo e valido, è necessario che l’Agenzia delle Entrate Riscossione rispetti un determinato iter procedurale, che l’atto notificato sia conforme ai requisiti di legge e che i crediti sui quali si basa siano effettivamente dovuti.

Ma come può il contribuente difendersi dal pignoramento esattoriale per contestare eventuali illegittimità? Dato che, come poc’anzi accennato, non è previsto l’intervento del giudice, il pignoramento diretto dello stipendio o del conto corrente potrebbe concludersi anche in meno di 30 giorni, con la conseguenza che il contribuente deve reagire tempestivamente per sospendere e impedire la procedura o, se questa si è già conclusa, per ottenere la dichiarazione di illegittimità e la restituzione degli importi ingiustamente prelevati.

Vediamo allora come difendersi dal pignoramento per cartelle esattoriali.

Pignoramento presso terzi art. 72 bis DPR 602/1973: cos’è e come funziona

L’atto di pignoramento presso terzi utilizzato dall’Agenzia delle Entrate Riscossione si differenzia dal pignoramento utilizzabile da qualsiasi altro creditore, in quanto contiene, in luogo dell’invito a comparire dinanzi al giudice, l’

ordine al terzo di pagare il credito direttamente al concessionario, fino a concorrenza del credito per cui si procede:

  • nel termine di sessanta giorni dalla notifica dell’atto di pignoramento, per le somme per le quali il diritto alla percezione sia maturato anteriormente alla data di tale notifica;
  • alle rispettive scadenze, per le restanti somme.

Il pignoramento esattoriale si riconosce subito in quanto reca come intestazione la seguente dicitura:

L’atto può essere redatto anche da dipendenti dell’agente della riscossione procedente non abilitati all’esercizio delle funzioni di ufficiale della riscossione e, in tal caso, reca l’indicazione a stampa dello stesso agente della riscossione.

Lo stesso atto viene notificato sia al contribuente che ha maturato il debito per cartelle non pagate, sia al terzo (datore di lavoro, Inps, banca ecc.) che dovrà versare direttamente la somma all’Agenzia delle Entrate Riscossione.

Nel pignoramento esattoriale non vi è dunque un procedimento giudiziale ma una procedura meramente amministrativa: il debitore non viene citato in tribunale e non è necessario un provvedimento di assegnazione del giudice. L’Agente della Riscossione (al posto del giudice) ordina direttamente al terzo di corrispondere a proprio favore le somme pignorate.

Pignoramento presso terzi Agenzia Entrate Riscossione: limiti

Il fatto che il pignoramento esattoriale non preveda una procedura giudiziale, non esclude comunque l’applicazione di determinati limiti se ad essere pignorati sono lo stipendio, la pensione o altri crediti da lavoro (per esempio Tfr) del contribuente.

Tali crediti possono essere pignorati con i seguenti limiti:

  • 1/10 per importi fino a 2.500 euro;
  • 1/7 per importi superiori a 2.500 euro e non superiori a 5mila euro;
  • 1/5 per importi superiori a 5mila euro.

Nel caso di accredito sul conto corrente dello stipendio o di altre voci legate al rapporto di lavoro, gli obblighi del terzo pignorato non si estendono all’ultimo emolumento accreditato allo stesso titolo.

Pignoramento presso terzi Agenzia delle Entrate Riscossione: quando è illegittimo

Il pignoramento presso terzi per cartelle non pagate può presentare diversi vizi di legittimità. Vediamone alcuni.

Pignoramento presso terzi: se manca l’indicazione dei crediti

Una recente importante sentenza della Cassazione [1] ha chiarito che l’atto di pignoramento presso terzi eseguito dall’agente di riscossione non acquisisce per ciò stesso la natura di atto pubblico, conservando invece quella di atto processuale di parte. Ne consegue che l’attestazione delle attività svolte dal funzionario che ha materialmente predisposto l’atto (’allegazione di un elenco contenente l’indicazione delle cartelle di pagamento relative ai crediti posti in riscossione) non è assistita da fede pubblica e non fa piena prova fino a querela di falso, a differenza di quanto avviene quando l’agente di riscossione esercita le funzioni proprie dell’ufficiale giudiziario, ad esempio notificando il medesimo atto.

Spesso accade che l’atto di pignoramento esattoriale si limiti ad indicare un

elenco di cartelle esattoriali (più precisamente il numero identificativo con il relativo importo) senza precisare di quali crediti si tratta, a quali annualità risalgono, chi sono i creditori, quando sono state notificate le cartelle ecc.

Ebbene, la mancata indicazione dettagliata dei crediti, della loro natura, degli importi, delle relative cartelle e delle date di notifica costituisce grave motivo di illegittimità del pignoramento. Ciò in quanto lo stesso viola il codice di procedura civile [2], secondo cui il pignoramento presso terzi deve contenere l’indicazione del credito per il quale si procede. Per approfondire tale illegittimità leggi “Illegittimi tutti i pignoramenti dell’Agenzia Entrate Riscossione”.

L’omessa indicazione del dettaglio dei crediti costituisce un vizio formale dell’atto ed è pertanto contestabile con l’opposizione agli atti esecutivi, entro 20 giorni dalla notifica.

Pignoramento presso terzi: se le cartelle non sono mai state notificate

Può accadere che nell’elenco delle cartelle esattoriali sulle quali si basa il pignoramento ve ne rientrino alcune

mai notificate al contribuente oppure non notificate regolarmente. In questo caso il pignoramento presso terzi è illegittimo poiché privo del titolo per poter agire esecutivamente contro il contribuente.

In caso di contestazione della notifica degli atti presupposti, occorre considerare il pignoramento presso terzi come primo atto con il quale il contribuente è venuto a conoscenza della pretesa. Tale atto, dunque, in quanto idoneo a far sorgere l’interesse ad agire, rientra nell’ambito degli atti impugnabili anche dinanzi al giudice tributario.

Una recente sentenza della Cassazione a Sezioni Unite [3] ha infatti previsto la possibilità per il contribuente di opporsi al pignoramento presso terzi per mancata notifica delle cartelle anche quando si tratti di crediti tributari (per esempio Irpef, Iva, Ires, imposte ipotecarie e catastali, imposta di registro ecc.).

Dunque, il vizio di omessa notifica della cartella si contesta con l’opposizione agli atti esecutivi, entro 20 giorni dalla notifica, dinanzi al giudice tributario se si tratta di crediti per imposte e tasse, dinanzi al giudice ordinario in tutti gli altri casi.

Per approfondire la questione della competenza per l’opposizione al pignoramento esattoriale (per omessa notifica delle cartelle) leggi “Opposizione al pignoramento per mancata notifica della cartella”.

Pignoramento presso terzi: se le cartelle sono prescritte o sono già state pagate

Nell’ipotesi in cui il pignoramento presso terzi notificato dall’Agenzia delle Entrate Riscossione abbia ad oggetto cartelle prescritte o già pagate, esso è illegittimo perché fondato su crediti non più esistenti.

L’estinzione del credito (per prescrizione o per avvenuto pagamento o, ancora, per provvedimento di annullamento emesso dall’ente creditore o dal giudice con sentenza) costituisce non un vizio dell’atto, bensì un vizio del rapporto sostanziale di credito tra Amministrazione e contribuente e deve pertanto essere contestata attraverso lo strumento dell’opposizione all’esecuzione.

Se il contribuente si accorge che le cartelle esattoriali inserite nel pignoramento sono prescritte perché risalgono a più di cinque o dieci anni prima (o tre, nel caso delle tasse automobilistiche) e non sono state seguite da atti interruttivi della prescrizione (per esempio intimazioni di pagamento), deve opporsi alla procedura esecutiva rivolgendosi al giudice competente.

E qui sorge il dubbio: chi è il giudice competente per l’opposizione all’esecuzione avverso il pignoramento esattoriale (aert. 72bis DPR 602/1973)?

Nessun problema se si tratta di crediti ordinari (per esempio multe per violazione al codice della strada, contributi previdenziali ecc.) in quanto in questi casi è competente il giudice dell’esecuzione presso il Tribunale.

La risposta non è invece scontata per i crediti tributari, in quanto fino a pochi giorni fa la legge vietava al contribuente di rivolgersi al giudice tributario per opporsi all’esecuzione, a meno che il vizio non riguardasse la pignorabilità dei beni (per esempio superamento dei limiti del pignoramento dello stipendio). Oggi le cose sono cambiate grazie all’intervento pro contribuente della Corte Costituzionale. Vediamo come.

Opposizione pignoramento esattoriale: Corte Costituzionale 2018

La legge [4] prevede che non sono ammesse dinanzi al giudice tributario:

a) le opposizioni all’esecuzione, fatta eccezione per quelle concernenti la pignorabilità dei beni;

b) le opposizioni agli atti esecutivi relative alla regolarità formale ed alla notificazione del titolo esecutivo.

Il punto b) è stato ampiamente superato anche dalla Cassazione a Sezioni Unite sopra citata, secondo la quale, se il pignoramento rappresenta il primo atto attraverso il quale il contribuente è venuto a conoscenza della pretesa tributaria (perché non ha mai ricevuto le cartelle), l’opposizione al pignoramento è ammessa dinanzi alla Commissione Tributaria.

Quanto al punto a), invece, è dovuta intervenire soltanto oggi la Corte Costituzionale [5] a difesa dei contribuenti, dichiarando l’illegittimità costituzionale della norma, <<nella parte in cui non prevede che, nelle controversie che riguardano gli atti dell’esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento o all’avviso di intimazione, sono ammesse le opposizioni regolate dall’art. 615 del codice di procedura civile>>.

Ciò vuol dire che anche contro il pignoramento presso terzi avente ad oggetto crediti tributari è possibile presentare opposizione all’esecuzione; è quindi possibile disporre di uno strumento di difesa contro l’Agenzia delle Entrate Riscossione, non solo nel caso di omessa notifica delle cartelle, ma anche quando queste, pur se notificate, siano

prescritte o quando comunque gli importi addebitati siano in tutto o in parte non dovuti.

Pignoramento presso terzi per cartelle esattoriali: strumenti di opposizione

Dunque, riepilogando in estrema sintesi, contro il pignoramento presso terzi art. 72-bis DPR 602/1973 è possibile presentare:

1) opposizione agli atti esecutivi per contestare la regolarità formale del titolo [6]:

  • sempre dinanzi al giudice ordinario;
  • solo in caso di omessa notifica delle cartelle, dinanzi al giudice tributario

2) opposizione all’esecuzione per contestare il diritto di procedere ad esecuzione forzata [7]:

  • sempre dinanzi al giudice ordinario
  • sempre dinanzi al giudice tributario.

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