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Quando conviene fare ricorso per ottenere l’annullamento del debito; qual è la procedura da seguire, i tempi da rispettare ed i costi da sostenere.

Se sei uno dei tanti milioni di italiani colpiti da cartelle esattoriali, devi sapere cosa fare, quali sono i tuoi diritti, come esercitarli e a cosa vai incontro se non paghi e non fai neppure ricorso. In poche parole: bisogna sapere come difendersi dalle cartelle esattoriali indebite.

Cartella esattoriale: come funziona

La cartella esattoriale viene formata dall’Agente della Riscossione, che la notifica al debitore, e rappresenta un «titolo esecutivo», cioè consente di fondare direttamente l’esecuzione forzata, con possibilità di intraprendere i

pignoramenti mobiliari e immobiliari, per soddisfarsi sul ricavato, se non viene pagata o impugnata entro 60 giorni dalla notifica.

La cartella esattoriale non arriva come un fulmine a ciel sereno, ma viene preceduta da alcuni «atti prodromici», come un avviso bonario di pagamento emesso dall’Agenzia delle Entrate, o dalle Regioni e dai Comuni per i tributi locali (come la tassa automobilistica, l’Imu e la Tari).

Se questi debiti non vengono pagati, l’Ente creditore li iscrive a ruolo e li affida all’Agenzia Entrate Riscossione (o, per gli Enti locali, ad altri Concessionari convenzionati) per il recupero coattivo. Sono questi Agenti di Riscossione ad emettere le cartelle esattoriali e ad adottare i provvedimenti conseguenti in caso di mancato pagamento: pignoramenti, iscrizione di ipoteche, fermi auto.

Il pignoramento, però, deve essere avviato al massimo entro un anno dalla notifica della cartella esattoriale, altrimenti è necessario inviare al contribuente una successiva intimazione di pagamento

.

Ricorso contro cartella esattoriale: modalità e termini

La cartella esattoriale può essere impugnata dinanzi al giudice proponendo ricorso entro 60 giorni dalla sua notifica. Scaduto tale termine, la cartella diventa definitiva, cioè non può più essere contestata, anche se era illegittima e quanto preteso era indebito.

Per tutte le imposte e tasse di qualsiasi genere, il ricorso va presentato, entro 60 giorni dalla notifica della cartella, alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado competente per territorio (è l’ex Commissione Tributaria Provinciale, che dal 2022 ha cambiato denominazione).

Se la cartella riguarda contributi previdenziali e assistenziali Inps e Inail, il ricorso va proposto al Tribunale ordinario, Sezione Lavoro e Previdenza, entro 40 giorni. Se la cartella contiene multe stradali e sanzioni amministrative, il ricorso va presentato al Giudice di Pace entro 30 giorni.

In tutti i casi opera la sospensione feriale dei termini dal 1 agosto al 31 agosto di ogni anno: durante questo periodo il conteggio dei termini per proporre ricorso è sospeso.

Se con la cartella vieni a conoscenza, per la prima volta, di un pregresso avviso di accertamento che non avevi ricevuto perché non ti era stato notificato, potrai impugnarlo insieme alla cartella, in quanto non ne avevi avuto conoscenza. In questo caso devi citare in giudizio, oltre all’Agente della Riscossione che ha emesso la cartella, anche l’Ente impositore, cioè il titolare del credito.

Il ricorso deve essere sempre notificato a chi ha emanato l’atto impugnato, e poi si può procedere alla costituzione in giudizio, depositando il ricorso, e la prova dell’avvenuta notifica, nella segreteria della Corte di Giustizia Tributaria o nella cancelleria del diverso Giudice adito.

Posso difendermi da solo contro una cartella esattoriale?

Il contribuente può difendersi da solo, senza l’assistenza di un difensore, solo se la cartella non supera il valore di 3.000 euro di tributi (al netto di interessi e sanzioni), oppure il valore di 1.100 euro per i ricorsi davanti al Giudice di Pace. Bisogna, però, conoscere la procedura (che dal 2023 è diventata telematica per il deposito dei ricorsi), altrimenti si rischia di sbagliare e di vedersi dichiarare inammissibile il ricorso.

Anche nel giudizio tributario è ammesso il gratuito patrocinio in favore dei meno abbienti che non superano un determinato limite di reddito imponibile Irpef, attualmente pari a 12.838,01 euro euro.

Quanto costa il ricorso contro la cartella esattoriale?

Il ricorso tributario è soggetto al pagamento del contributo unificato che va versato entro il momento in cui si deposita l’atto al giudice e si iscrive la causa a ruolo. L”importo da versare è commisurato al valore della controversia, a calcolato solo con riferimento all’ammontare dei tributi o degli altri debiti richiesti in pagamento, escludendo le sanzioni, gli interessi e le altre voci accessorie (diritti di notifica ed aggi di riscossione). Se la cartella di pagamento riguarda le sanzioni (ad esempio, multe stradali), il valore della causa sarà rappresentato dal valore di esse.

Attualmente l’importo da pagare per il contributo unificato segue questi scaglioni:

  • valore fino a euro 2.582,28: contributo unificato di 30 euro;
  • valore da euro 2.582,28 fino a 5.000 euro: contributo unificato di 60 euro;
  • valore superiore a 5.000 euro e fino a 25.000 euro: contributo unificato di 120 euro;
  • valore superiore a 25.000 euro e fino a 75.000 euro: contributo unificato di 250 euro;
  • valore superiore a 75.000 euro e fino a 200.000 euro: contributo unificato di 500 euro;
  • valore superiore a 200.000 euro: contributo unificato di 1.500 euro.

Per le controversie di

valore indeterminabile, cioè che non può essere stabilito a priori, il contributo unificato ammonta a 120 euro.

Ricorso contro cartella: cosa deve contenere?

Il ricorso, a pena di inammissibilità, deve contenere le seguenti indicazioni:

  • l’organo giurisdizionale cui è diretto (esempio: alla Corte di Giustizia Tributaria di Roma);
  • i dati del ricorrente e del suo legale rappresentante, della relativa residenza o sede legale o del domicilio eventualmente eletto nel territorio dello Stato, nonché del codice fiscale e dell’indirizzo di posta elettronica certificata;
  • l’ufficio nei cui confronti il ricorso è proposto (esempio: Agenzia Entrate Riscossione di Roma);
  • gli estremi dell’atto impugnato, cioè il numero identificativo della cartella, che compare nel frontespizio, e la data di avvenuta notifica;
  • l’oggetto della domanda, cioè la richiesta formulata al Giudice: esempio “annullamento integrale dell’atto impugnato”, e i motivi per i quali il ricorso viene proposto, quindi le ragioni per le quali si richiede l’annullamento della cartella.

Motivi di ricorso contro cartella esattoriale

Nell’articolo: “

Modello di ricorso contro la cartella di pagamento” ti esponiamo i motivi di ricorso più frequenti, che consistono nella mancata notifica della cartella e nella prescrizione.

Ci sono poi molti altri casi di vizi propri della cartella che consentono di proporre ricorso, come l’assenza di motivazione, la mancanza dell’esposizione dei criteri per il calcolo degli interessi, la presenza di una causa di decadenza, l’estinzione del debito per avvenuto pagamento, l’assenza degli elementi necessari a individuare il tributo, la mancanza dei presupposti impositivi, l’omessa indicazione del funzionario responsabile del procedimento. Per altri ragguagli sui motivi di ricorso leggi “Come contestare le cartelle esattoriali“.

Ricorso preceduto da reclamo-mediazione

Per tutte le controversie di valore inferiore a 50.000 euro è previsto un adempimento ulteriore: il cosiddetto reclamo-mediazione rivolto all’Agente della Riscossione per consentire un’eventuale soluzione bonaria e transattiva della controversia.

Sospensione cartella esattoriale

Abbiamo visto che la cartella di pagamento ha efficacia esecutiva, quindi il normale ricorso non ne blocca gli effetti, a meno che tu non chieda espressamente al giudice – puoi farlo nel ricorso stesso – la sospensione della cartella che hai impugnato.

La sospensione viene concessa – ed ha effetto sino alla pronuncia della sentenza di merito – se le ragioni del ricorso appaiono fondate e il contribuente dimostra l’esistenza di un danno grave e irreparabile che gli deriverebbe dall’esecuzione.

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