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Il rispetto dei termini imposti dalla normativa sul
condono edilizio per l’ultimazione delle
opere
è un fattore imprescindibile per poter usufruire
della sanatoria.

In particolare, affinché un nuovo immobile possa dirsi ultimato
è necessario che, entro i termini di legge, risultino completati i
muri perimetrali nonché tutte le coperture
superiori
, incluso il solaio. Se invece si tratta di opere
interne a edifici già esistenti, il concetto di ultimazione
dell’opera è legato alla funzionalità del
manufatto
.

In ogni caso, per considerare l’opera conclusa ai fini della
sanatoria, è fondamentale poterne attestare l’esistenza in termini
strutturali, e poterne identificare in modo inequivoco la natura e
la tipologia.

Condono edilizio: il concetto di ultimazione delle opere

A ribadire il concetto è il Consiglio di Stato
con la
sentenza del
12 aprile 2024, n. 3361
con cui ha rigettato il
ricorso per l’annullamento della revoca di tre istanze di condono
edilizio, inizialmente accolte dall’Amministrazione
interessata.

Nello specifico, il ricorrente ha presentato tre richieste
di condono ai sensi del D.L. n. 269/2003, convertito nella Legge n.
326/2003 (Terzo Condono Edilizio) che, all’art.
32, dispone tra le altre cose le misure di repressione
dell’abusivismo
e la definizione degli illeciti edilizi
ma, per quanto riguarda il concetto di ultimazione dell’opera da
rispettare ai fini della sanatoria, richiama quanto già previsto
dalla Legge n. 47/1985 (c.d. “Primo Condono”).

Si spiega quindi che, per i manufatti ex novo, si
intendono ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito
il rustico
e completata la copertura, dunque quando la
struttura edilizia risulta conclusa in modo tale da poterne
definire la rilevanza urbanistico-edilizia e la specifica
natura.

Se invece si tratta di opere interne agli edifici già esistenti
e di opere non destinate alla residenza, il concetto di
completamento ai fini del condono è legato alla funzionalità,
ovvero alla destinazione d’uso. Anche in tal caso,
comunque, affinché sia possibile indentificarne inequivocabilmente
la natura, la tipologia, e di conseguenza anche la funzionalità,
rimane sempre obbligatorio attestare l’esistenza del manufatto in
termini strutturali.

Diniego condono dopo sentenza penale favorevole: il Comune può
farlo

Sulla base di quanto detto, qualora l’opera non dovesse
presentare le caratteristiche per essere considerata “completata”
entro i termini imposti dalla normativa, il condono edilizio non
potrebbe in alcun modo essere ammesso. In particolare, per quanto
riguarda la legge n. 326/2003, possono essere sanati esclusivamente
gli abusi che siano stati ultimati entro la data del 31
marzo 2003
.

Nel caso in esame, i giudici di Palazzo Spada, come prima quelli
del TAR, condividono l’operato dell’Amministrazione che – dopo
avere inizialmente disposto l’avviso di diniego delle istanze – le
ha invece accolte per l’assoluzione del reato in sede penale, per
poi infine esercitare il potere di autotutela e annullarle
definitivamente.

È emerso infatti che l’intervento di cambio di destinazione
d’uso dell’opera, da artigianale a residenziale, non fosse stato
completato entro il rigoroso termine imposto per il rilascio del
terzo condono, come confermato anche da sopralluogo disposto nel
mese di settembre del 2003. 

Peraltro, concludono i giudici, l’assoluzione del reato in sede
penale  risulta irrilevante in relazione al successivo operato
del Comune, perché il giudicato penale non determina un vincolo
assoluto per l’accertamento dei fatti rilevanti nell’attività di
vigilanza edilizia, alla quale l’Amministrazione è sempre tenuta ad
adempiere, né può condizionare in modo inderogabile il processo
amministrativo. Al contrario, si spiega: “il fatto materiale
accertato in sede penale può e deve essere autonomamente valutato
nell’ambito del giudizio amministrativo senza che operi al riguardo
alcun vincolo di pregiudizialità
”.

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