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Grassobbio. “Una ricapitalizzazione fittizia, fatta con titoli spazzatura che nominalmente avevano un valore di 16 milioni di dollari ma che nella realtà valevano soltanto 1,20 euro”. È il succo della vicenda processuale riguardante la bancarotta fraudolenta della Miniliner Srl di Grassobbio, compagnia aerea del comparto merci poi fallita nel gennaio 2015, che sta entrando nelle battute finali in tribunale.

Sette gli imputati, per i quali nell’udienza di martedì 7 maggio il pm Emanuele Marchisio ha chiesto la condanna. Cinque anni per Nicola Radici, figlio dell’imprenditore Miro, già direttore sportivo di Atalanta e AlbinoLeffe e delegato Fgci della provincia di Bergamo; altrettanti per Marcello Ferraina, che per l’accusa sarebbe la “longa manus di Nicola Radici” ed è stato amministratore di fatto di una società, la General Trade Holding, che sarebbe “il cavallo di Troia per mettere in circolo i junk bond e ricapitalizzare la società decotta (la Miniliner)”. Tre anni e mezzo sono stati chiesti per soci e amministratori della stessa Miniliner o di altre società coinvolte: Gianluca Ferraina, fratello di Marcello, Francesco Keller, Giuseppe Racca, Giuseppe Berlusconi. Una sanzione di 350 quote è stata invece invocata per la Miro Radici Finance, come persona giuridica.

Tutto parte dai 388 milioni di dollari in titoli che il faccendiere svizzero-olandese Johannus Demers (il reato di cui era accusato è andato in prescrizione) deteneva in varie banche europee e che, stando ad alcune stime illustrate martedì in aula dal pm, avevano un valore effettivo di 22,15 euro. “È costata più la carta per stamparli”, ha commentato il sostituto procuratore.

Demers mette a disposizione (a titolo di partecipazione) della General Trade Holding  50 milioni di dollari, parte dei quali, 16 milioni, sarebbero serviti a ricapitalizzare – fittiziamente, secondo l’accusa – i bilanci di Miniliner. Era il 2011. Oggi, dopo 13 anni, la prescrizione ha falcidiato 11 dei 13 capi di imputazione. Al tempo sono sopravvissuti solo la bancarotta fraudolenta e la responsabilità amministrativa/penale per la persona giuridica per la Miro Radici Finance srl, che inizialmente deteneva il 90% delle quote di Minilimer e che era amministrata da Nicola Radici.

Con queste manovre, è la contestazione, gli imputati avrebbero causato un dissesto finanziario alla Miniliner non inferiore ai 4,7 milioni di euro. Il pm ha ricordato inoltre che, con il metodo dei titoli spazzatura, si sarebbe cercato di ricapitalizzare fittiziamente altre società, tra cui il Lecco Calcio.

Il 17 novembre 2011 la General Trade Holding ha dato vita alla TI&P srl, dotandola di un capitale sociale di 20 milioni di dollari in titoli. La neonata società 13 giorni più tardi acquista da Miro Radici Finance il 90% della Miniliner. Il prezzo pagato? Un euro. TI&P provvede a immettere nel bilancio 2012 della Miniliner titoli per 16 milioni di dollari che una perizia – falsa, secondo l’accusa – stima in 10 milioni di euro.

In aula il pm ha sottolineato che la società di revisione valutava per quei bond un valore di 10mila euro. Ma il sostituto procuratore ha citato anche un dossier nel quale si scrive che il valore nominale di 4 milioni di dollari di titoli equivaleva a un valore reale di 30 centesimi di euro. Dunque, per 16 milioni il valore reale era di 1,20 euro. TI&P, ha ironicamente sostenuto il pm, era talmente interessata a Miniliner che poco più di un anno dopo si sfilerà dal capitale sociale.

I bond (molti della JP Morgan) per Marchisio erano spazzatura. Altrimenti non si capirebbe come un faccendiere come Demers abbia ceduto 50 milioni di dollari di titoli in cambio di 50mila euro cash. Sarebbe stata una truffa – ha avvertito il pm – smascherabile anche da un bambino. Ma, al di là di tutto, resta inconcepibile tale operazione. Soprattutto perché “stiamo parlando di Nicola Radici – ha sottolineato Marchisio – non di un signor Rossi, ma di uno che ha conoscenze nel settore imprenditoriale e importantissime disponibilità personali e familiari”.

Un significato, ha ragionato Marchisio, lo si può forse intravedere nella mail che il 22 aprile 2012 Nicola Radici inviò ad Aldo Piceni, all’epoca componente del Cda della Miniliner: “La situazione era imbarazzante e andava fatto qualcosa (…) Un’operazione così non ci comporta ulteriori perdite”. La ricapitalizzazione fittizia, ha spiegato il pm, serviva probabilmente a pulire l’immagine di Miniliner che era molto esposta e aveva debiti anche con Sacbo, la società che gestisce l’aeroporto di Orio e di cui Miro Radici, il padre di Nicola, nel 2011 era diventato presidente.

Marchisio ha infine ricordato la “spregiudicatezza e il disinteresse nel confronto di terzi” di Nicola Radici, che gestiva comunque una società di trasporto aereo tenuta a garantire sicurezza. Una condotta che avrebbe “un nesso filologico” con quella mostrata nell’incidente in cui era rimasto coinvolto a Milano nel 2006 e per il quale nel 2012 è stato condannato dalla Corte d’appello di Milano a 4 mesi per omissione di soccorso (patente sospesa per un anno e mezzo).

Il processo è stato rinviato al 21 maggio, data in cui parleranno le difese.

 

Nicola Radici, presidente della Pro Sesto (foto acprosesto.it)

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