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Con il Decreto legge del 8 aprile 2020 n. 23 sono state previste, e come da molti organi d’informazione pubblicizzato, delle provvidenze o meglio finanziamenti per assicurare la necessaria liquidità alle imprese con sede in Italia. Ma già da una prima lettura delle disposizioni emanate emergono delle incongruenze e criticità che gli stessi fondi presi a prestito possano essere utilizzati dai soggetti richiedenti, e che poi, dovranno essere restituiti con gli interessi.

Le norme del decreto legge 23/2020 stabiliscono che gli “aiuti” alle imprese andranno a quelle aziende produttive, commerciali, artigianali, agricole, turistico-alberghiere e di servizi compresi i liberi professioni diverse dalla impese bancarie o che esercitano il credito.

Come previsione contenuta per coloro che hanno diritto, così come stabilito dall’art. 1 del D.L., sembra chiaro chi saranno i beneficiari diretti ma dalla lettura tecnica giuridica del provvedimento appena emanato sembra che, invece, potranno beneficiare indirettamente e realmente le imprese bancarie .

In maniera molto sintetica vanno ricordate le modalità, ed a quanto ammontano le liquidità finanziate che si potranno ricevere, che con una procedura del “salto ad ostacoli”, gli imprenditori e professionisti dovranno cimentarsi per chiedere alle stesse banche la valutazione ed erogazione del credito che sarà concesso con la garanzia dello Stato attraverso l’istituto di credito Sace S.p.a..

Per le aziende di una certa dimensione l’importo ottenibile è pari al 25% del fatturato annuo dell’impresa relativi al 2019, come risultante dal bilancio ovvero dalla dichiarazione fiscale.

Oppure pari al doppio dei costi del personale dell’impresa relativi al 2019, come risultanti dal bilancio ovvero da dati certificati se l’impresa non ha approvato il bilancio.

E qualora l’impresa abbia iniziato la propria attività successivamente al 31 dicembre 2018, si fa riferimento ai costi del personale attesi per i primi due anni di attività, come documentato e attestato dal rappresentante legale dell’impresa.

La formula della garanzia, in concorso paritetico e proporzionale tra garante e garantito nelle perdite per mancato rimborso del finanziamento, copre il:

1) 90 per cento dell’importo del finanziamento per imprese con meno di 5000 dipendenti in Italia e valore del fatturato fino a 1,5 miliardi di euro;

2) 80 per cento dell’importo del finanziamento per imprese con valore del fatturato tra 1,5 miliardi e 5 miliardi di euro o con più di 5000 dipendenti in Italia;

3) 70 per cento per le imprese con valore del fatturato superiore a 5 miliardi di euro.

Mentre all’art. 13 del D.L. 23/2020 al comma 1 lettera m) è stabilito che previa autorizzazione della Commissione Europea ai sensi dell’articolo 108 del TFUE, sono ammissibili alla garanzia del fondo, con copertura al 100 percento sia in garanzia diretta che in riassicurazione, i nuovi finanziamenti concessi da banche, intermediari finanziari di cui all’articolo 106 del Testo Unico bancario di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993 n. 385 e dagli altri soggetti abilitati alla concessione di credito in favore di piccole e medie imprese e di persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni la cui attività d’impresa è stata danneggiata dall’emergenza COVID-19 come da dichiarazione autocertificata ai sensi dell’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000 n. 445, purché tali finanziamenti prevedano l’inizio del rimborso del capitale non prima di 24 mesi dall’erogazione e abbiano una durata fino a 72 mesi e un importo non superiore al 25 per cento dell’ammontare dei ricavi del soggetto beneficiario, come risultante dall’ultimo bilancio depositato o dall’ultima dichiarazione fiscale presentata alla data della domanda di garanzia ovvero, per i soggetti beneficiari costituiti dopo il 1° gennaio 2019, da altra idonea documentazione, anche mediante autocertificazione ai sensi dell’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000 n. 445, e, comunque, non superiore a 25.000,00 euro.

La domanda “o meglio la valutazione” della richiesta delle imprese e professionisti interessati all’erogazione di un finanziamento garantito da SACE S.p.A. è presentata a un soggetto finanziatore rectius banca, che può operare ed eventualmente erogare anche in modo coordinato con altri finanziatori, la domanda di finanziamento garantito dallo Stato.

Solo dopo l’esito positivo della delibera di erogazione del finanziamento da parte dei suddetti soggettifinanziatori, questi ultimi trasmettono la richiesta di emissione della garanzia a SACE S.p.A. e quest’ultima processa la richiesta, verificando l’esito positivo del processo deliberativo del soggetto finanziatore ed emettendo un codice unico identificativo del finanziamento e della garanzia

Una volta completata l’istruttoria il soggetto finanziatore procede al rilascio del finanziamento assistito dalla garanzia concessa dalla SACE S.p.A.

Tralasciando le ulteriori condizioni e previsioni per poter accedere al finanziamento lo sbarramento principale è rappresento dalla circostanza che al 31 dicembre 2019 l’impresa beneficiaria non rientrava nella categoria delle imprese in difficoltà ai sensi del Regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, del Regolamento (UE) n. 702/2014 del 25 giugno 2014 e del Regolamento (UE) n. 1388/2014 del 16 dicembre 2014, e alla data del 29 febbraio 2020 non risultava presente tra le esposizioni deteriorate presso il sistema bancario, come definite ai sensi della normativa europea.

La definizione di esposizione deteriorata la ritroviamo nella sua ultima versione nella comunicazione di aggiornamento alle norme di vigilanza n. 272 della Banca D’Italia del 26 giugno 2019 – Segnalazioni statistiche di vigilanza e bilancio delle banche: modifiche relative alla “Qualità del credito”. Con la quale sono state introdotte alcune modifiche alle definizioni di esposizioni creditizie deteriorate applicate nelle segnalazioni statistiche di vigilanza e nel bilancio delle banche, che tengono conto di quanto previsto dal Regolamento Delegato (UE) N.171/2018 della Commissione Europea del 19 ottobre 2017 relativo alla soglia di rilevanza delle obbligazioni creditizie in arretrato e degli Orientamenti sull’applicazione della definizione di default ai sensi dell’articolo 178 del Regolamento (UE) n.575/2013 (EBA/GL/2016/07). In cui sono state ridefinite le posizioni deteriorate alla luce delle varie normative europee. Dove si legge tra l’altro che si definiscono esposizioni creditizie “deteriorate” le esposizioni creditizie per cassa (finanziamenti e titoli di debito) e “fuori bilancio” (garanzie rilasciate, impegni irrevocabili e revocabili a erogare fondi, ecc.) verso debitori che ricadono nella categoria “Non performing” come definita nel Regolamento di esecuzione (UE) n. 680/2014 della Commissione, e successive modificazioni e integrazioni (Implementing Technical Standards; di seguito, ITS). Sono esclusi gli strumenti finanziari rientranti nel portafoglio “Attività finanziarie detenute per la negoziazione” e i contratti derivati. Un’operazione “fuori bilancio” è considerata deteriorata se, nel caso di utilizzo, può dar luogo a un’esposizione che presenta il rischio di non essere pienamente rimborsata, rispettando le condizioni contrattuali. Le garanzie vanno, in ogni caso, classificate come deteriorate se l’esposizione garantita soddisfa le condizioni per essere classificata come deteriorata. Si prescinde dall’esistenza di eventuali garanzie (reali o personali) poste a presidio delle attività.

Senza addentrarci ulteriormente nel tecnicismo della tipologia dei crediti deteriorati va messo in risalto, ed è quello sul quale si dovrà porre rimedio al fine che venga attuato, quanto previsto dal D.L. all’art. 1 comma 2 lettera n) e vale a dire:“ il finanziamento coperto dalla garanzia deve essere destinato a sostenere costi del personale, investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali che siano localizzati in Italia, come documentato e attestato dal rappresentante legale dell’impresa beneficiaria.

Pertanto, i finanziamenti richiesti dovrebbero servire per coprire i pagamenti per servizi e beni sopra indicati (art. 1 comma 2 lettera n) e non altro.

In base a quanto ora previsto, potrebbe esservi il rischio di avere delle destinazioni diverse e in particolare se i fondi confluiscono sullo stesso conto corrente dell’imprenditore- professionista e sul quale la banca erogatrice presenta somme a suo credito per situazione debitorie, ovviamente non deteriorate, nei confronti dello stesso richiedente per anticipazioni su fatture, apertura di credito in conto corrente, utilizzo fido, etc che, però, a seguito dell’erogazione del 25% del finanziamento sul conto corrente c.d. “in rosso” servirebbero per ripianare immediatamente la debitoria dell’imprenditore-professionista con la banca assistito dalla garanzia obbligatoria.

In tal caso verrebbe non solo violata la norma imperativa (art. 1 comma 2 lettera n) per come possono essere utilizzate le somme, nonché aggirato il divieto imposto dall’art. 1, comma 1, di chi possa usufruire di tali finanziamenti, in tal caso, quale “beneficiario reale” le banche. Senza contare, in via meramente sintetica, le ulteriori e macroscopiche illegittimità giuridiche che tali ripianamenti possono generare.

Una prima serie di illegittimità sono rappresentate:

– ripianando le precedenti esposizioni debitorie bancarie con provvidenze statali si trasforma la garanzia prima obbligatoria,ora, si può dire “reale” essendo garantita dallo Stato sia nel capitale che sugli interessi da corrispondere sul finanziamento ricevuto -e speriamo che la procedura di ammortamento per la restituzione non sia con la procedura di rimborso alla francese anziché semplice in quanto si ritiene che tale metodologia produca anatocismo-;

– il ripianamento debitorio verso la banca per situazioni pregresse potrebbe essere costituito di soli interessi che l’imprenditore-professionista deve corrispondere alla banca e quindi si azzererebbe un debito con interessi calcolati eventualmente ed in maniera anatocistica o addirittura ultra legali e quindi illegittimi/illecito;

– con la fase restitutoria del finanziamento l’importo ripianato alla banca seppure con interessi calcolati in maniera corretta, comunque tali importi per interessi così ripianati determinerebbe un calcolo di interessi su interessi che il richiedente restituisce con le rate di muto da scontare.

Va ricordata la giurisprudenza per le operazioni di ripianamento di debiti pregressi bancari con altri finanziamenti in cui è già stato stabilito che non è consentita, e da ultimo Cass. civ. Sez. I, Ord., (ud. 05-06-2019) 05-08-2019, n. 20896, tale operazione considerata illegittima in quanto: “L’operazione… non appare meritevole di tutela in quanto la Banca ha utilizzato il contratto di mutuo in tal caso era ipotecario e che ora non farebbe differenza essendoci la garanzia dello stato non già per concedere un finanziamento, ma per costituire una ipoteca a garanzia di debiti preesistenti chirografari. Nella sostanza, l’operazione non ha comportato la disponibilità delle somme mutuate, essendo diretta al soddisfo di crediti verso la banca mutuante con la sostituzione di un debito non garantito con altro garantito interamente”. Nonché Cass. Civ. del 10 febbraio 2020 n. 3024, che seguendo il solco già tracciato con la precedente pronuncia del 5 agosto 2019 n. 20896, seguita poi dalla Terza Sezione con la pronuncia del 30 agosto 2019 n. 21850 affermato che: “in questa prospettiva, dunque, la stipulazione del “mutuo fondiario” viene propriamente assunta come mera forma, strutturalmente idonea a realizzare la funzione “fraudolenta” dell’operazione, quale quella di “rendere” contestuale un’ipoteca per un credito che era preesistente”

Ulteriore problematica è rappresentata dal caso in cui i debiti ripianati siano rappresentati da somme per interessi calcolati in maniera anatocistica o addirittura con applicazione di interessi usurari, ripianando, pertanto, un debito illegittimo/illecito con un finanziamento a garanzia dello Stato. Anche in questo caso la giurisprudenza ha avuto modo di chiarie che in materia di contratti bancari, qualora un contratto di mutuo sia stato stipulato al fine di destinare la totalità delle somme erogate all’estinzione di rapporti di conto corrente bancario, i cui saldi negativi erano frutto della capitalizzazione trimestrale degli interessi addebitati al cliente e dell’applicazione della commissione di massimo scoperto o addirittura per un illecito quale interessi usurari, viene a crearsi un collegamento negoziale operante nella misura in cui le somme concesse a mutuo siano state concretamente destinate all’estinzione dei debiti non legittimi o addirittura illeciti, configurandosi quindi la nullità parziale del primo contratto, cfr. Tribunale Treviso Sez. III Sent., 11/11/2019 Tribunale Pescara 27.6.2018 n. 969; Tribunale di S. Maria Capua Venere, 14.10.2011.

Queste sono le violazioni che si potrebbero verificare in capo alla banca erogatrice se i fondi richiesti fossero accreditati su un conto corrente bancario “in rosso” nonché la violazione della norma sull’utilizzo degli stessi finanziamenti di cui le banche risultano le effettive beneficare dei fondi e, ciò non mancherà di creare un inevitabile contenzioso bancario.

Altro problema è rappresentato dalla circostanza delle procedure civili di pignoramento presso terzi dei fondi che verrebbero accreditati sui conti correnti “in positivo” delle aziende-professionisti per debitorie per il periodo pregresso fase Covid 19, ex art. 543 C.p.c compresa anche l’Agenzia delle Entrate e Riscossione che potrebbero procedere a pignoramento ed esecuzione presso terzi ex art. 72-bis DPR 602/1973. In tal caso si avrebbe la diversa destinazione delle somme prevista dall’art. 1 comma 2 lettera n) “il finanziamento coperto dalla garanzia deve essere destinato a sostenere costi del personale, investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali che siano localizzati in Italia.

Per ovviare a tutte queste potenziali violazioni della normativa di destinazioni -art. 1 comma 2 lett. n) – e utilizzo dei fondi da beneficiari diversi da quelli previsti dalla normativa -art. 1 comma 1 – e che porterebbe ad un inevitabile contenzioso, la soluzione potrebbe essere un conto dedicato avente le caratteristiche, finalità e funzioni di un conto corrente in “trust”.

Vanno ricordate brevemente le caratteristiche dell’istituto giuridico trust che garantisce la tutela segregativa dei bei costituenti in trust (per un approfondimento e disamina si vedano i numerosi contributi pubblicati in merito dallo scrivente su questa rivista).

Il trust non è né una persona giuridica né un ente dotato di una seppur minima soggettività giuridica, ma costituisce un insieme di rapporti giuridici – destinati in favore di beneficiari – che fanno capo al trustee. Il trustee non è il legale rappresentante del trust, ma è un soggetto proprietario di determinati beni e titolare di determinati rapporti giuridici nell’interesse dei beneficiari del trust. Il Trustee dispone, in osservanza di quanto stabilito nel regolamento del trust, dei diritti di cui è titolare ed è l’unico referente nei confronti dei terzi.Con la devoluzione in trust non si verifica il trasferimento ed arricchimento ad altro soggetto nella specie al Trustee, trova il giusto fondamento normativo negli artt. 2 e 11 della Convenzione de L’Aja del 1° luglio 1985, ratificata con la L. 364/1989, nonché in molte leggi che lo regolamentano.

Infatti, l’art. 2 della Convenzione de L’Aja stabilisce che: “Ai fini della presente Convenzione, per trust s’intendono i rapporti giuridici istituiti da una persona, il costituente – con atto tra vivi o mortis causa – qualora dei beni siano stati posti sotto il controllo di un trustee nell’interesse di un beneficiario o per un fine specifico.

Il trust presenta le seguenti caratteristiche:

a) i beni del trust costituiscono una massa distinta e non fanno parte del patrimonio del trustee;

b) i beni del trust sono intestati a nome del trustee o di un’altra persona per conto del trustee;

c) il trustee è investito del potere e onerato dell’obbligo, di cui deve rendere conto, di amministrare, gestire o disporre beni secondo i termini del trust e le norme particolari impostegli dalla legge”.

Il vincolo di destinazione mantiene i beni in trust distinti dal patrimonio del Trustee e del disponente non avendo, pertanto, effetto traslativo, cui è demandato di “amministrare, gestire o disporre dei beni in conformità alle disposizioni del trust e secondo le norme imposte dalla legge al trustee”; benché il trust non abbia personalità giuridica, dunque, il Trustee è l’unico soggetto legittimato nei rapporti con i terzi, in quanto dispone in esclusiva del patrimonio vincolato alla predeterminata destinazione. Per l’art. 11 della Convenzione in cui è previsto che: “Un trust costituito in conformità alla legge specificata al precedente capitolo dovrà essere riconosciuto come trust. Tale riconoscimento implica quanto meno che i beni del trust siano separati dal patrimonio personale del trustee, che il trustee abbia le capacità di agire in giudizio ed essere citato in giudizio, o di comparire in qualità di trustee davanti a un notaio o altra persona che rappresenti un’autorità pubblica.

Qualora la legge applicabile al trust lo richieda, o lo preveda, tale riconoscimento implicherà, in particolare:

a) che i creditori personali del trustee non possano sequestrare i beni del trust;

b) che i beni del trust siano separati dal patrimonio del trustee in caso di insolvenza di quest’ultimo o di sua bancarotta;

c) che i beni del trust non facciano parte del regime matrimoniale o della successione dei beni del trustee;

d) che la rivendicazione dei beni del trust sia permessa qualora il trustee, in violazione degli obblighi derivanti dal trust, abbia confuso i beni del trust con i suoi e gli obblighi di un terzo possessore dei beni del trust rimangono soggetti alla legge fissata dalle regole di conflitto del foro”.

Le sopra ricordate caratteristiche del trust visti i tempi e l’economia dei costi dell’operazione certamente non si potrà istituire, come è normale fare con un atto istitutivo complesso in trust o rapporto fiduciario per ogni finanziamento, ma basterebbe che in sede di conversione in legge del D.L. 23/2020 i finanziamenti concessi per la liquidità fossero garantiti per legge da aggressioni e depauperamenti ed aventi le caratteristiche, effetti e natura dei fondi in trust.

Vale a dire, per avere l’effetto del conto corrente in trust, basterebbe che i fondi fossero accreditati su altro conto dedicato della banca finanziatrice, in maniera tale che la banca non andrebbe a ripianare vecchie “scoperture di conto corrente”. Rendere le somme impignorabili ed insequestrabili, mutuando latu sensu come per le delibere di impignorabilità degli Enti locali per i fondi necessari per la continuazione e funzionamento dell’Ente ex art. 159 TUEL- da parte di terzi, compresa l’Agenzia Entrate e Riscossione e la banca stessa per debiti pregressi dell’imprenditore-professionista. Ad eccezione di coloro che sono i diretti beneficiari dei fondi e vale a dire per coloro che prestano lavoro, servizi e beni di cui all’art. 1 comma 2 lettera n) “a sostenere costi del personale, investimenti o capitale circolante”. In tale modo sarebbero utilizzati i fondi esclusivamente e, con certezza, per fronteggiare la gravissima crisi di liquidità, che stiamo tutti affrontando per effetto del Covid-19, e non per altri fini.

I pagamenti dovrebbero avvenire solo con strumenti tracciabili, talché la stessa banca (quale gestore- trustee del conto) possa rilevare dall’elenco dei beneficiari dei fondi fornito dall’imprenditore -professionista tutti i pagamenti effettuati per i fini di cui sono stati concessi i finanziamenti così da poter poi relazione, da parte delle stesse banche, e come lo prevede la norma all’art. 1 comma 9: “I soggetti finanziatori forniscono un rendiconto periodico a SACE S.p.A., con i contenuti, la cadenza e le modalità da quest’ultima indicati, al fine di riscontrare il rispetto da parte dei soggetti finanziati e degli stessi soggetti finanziatori degli impegni e delle condizioni previsti ai sensi del presente articolo. SACE S.p.A. ne riferisce periodicamente al Ministero dell’economia e delle finanze”.

Arrivare a garantire la destinazione specifica dei fondi attraverso le semplici tutele sopra indicate e, come è lo spirito della stessa legge che concede i “finanziamenti” eviterebbe di far beneficiare: in primo luogo le banche o terzi compresa Agenzia Entrate e Riscossione per debitorie pregresse prima della chiusura generale, e consentire, quindi, di poter far ripartire realmente le aziende e professionisti dopo questa gravissima pandemia. Concludo con un interrogativo, come ho aperto con il titolo di questo contributo, è una volontà reale?

Riferimenti:

Artt. 1 e 13 D.L. 8 marzo 2020 n. 23


 

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