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Le clausole di esclusione o limitazione della garanzia, presenti nelle polizze assicurative, non devono neutralizzare o traslare il rischio ad esclusivo vantaggio dell’assicuratore; infatti, così facendo, le assicurazioni si trasformano in «una fonte di rendita parassitaria»; non solo, ma viene meno anche il corretto equilibrio tra la ripartizione del rischio e il premio versato. Tale è il severo giudizio espresso dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza del 9 luglio 2020 n. 14595 (testo in calce).

La vicenda

L’acquirente di un immobile agiva in giudizio contro i venditori, in quanto nell’appartamento comprato era stato operato un aumento volumetrico realizzato abusivamente e mai sanato. Gli alienanti, a loro volta, chiamavano in giudizio il geometra, affinché li manlevasse da un’eventuale condanna al risarcimento dei danni verso il compratore. Infatti, i venditori avevano affidato al professionista il compito di redigere una nota tecnica e l’esecuzione dell’indagine urbanistica da cui era emersa la conformità urbanistica del bene alienato. Il geometra contestava le pretese attoree (ossia del compratore) e chiamava in garanzia la propria compagnia assicuratrice. L’assicurazione sosteneva che la copertura della polizza non operasse nel caso di specie, in quanto era esclusa la rifusione di perdite subite a causa di sanzioni, multe ed ammende ad eccezione di quelle inflitte ai clienti dell’assicurato per errori a lui imputabili. In primo grado, la domanda attorea veniva rigettata; in sede di gravame, invece, la domanda veniva parzialmente accolta. Il giudice di merito riteneva applicabile l’art. 1489 c.c. (non già gli artt. 1494, 1495 c.c. come avvenuto in primo grado) e condannava i venditori al pagamento di circa 30 mila euro, pari ai costi sopportati per le sanzioni amministrative patite e per l’attività professionale necessaria ad ottenere la sanatoria; condannava altresì il geometra a manlevare i venditori sia per il risarcimento che per le spese di lite e rigettava la chiamata in garanzia dell’assicurazione. La questione giunge in Cassazione, ove si affrontano molteplici problematiche; per quanto qui di interesse, ci si soffermerà unicamente sul motivo di ricorso afferente alla manleva dell’assicurazione.

La copertura assicurativa e le clausole di esclusione della garanzia

Tra le altre doglianze, il geometra impugna la sentenza laddove esclude il diritto di essere manlevato dalla propria assicurazione professionale. Il giudice di merito, infatti, aveva applicato le clausole di esclusione della polizza, secondo cui non erano coperti dall’assicurazione:

  1. i danni conseguenti al mancato rispetto di vincoli urbanistici, di norme edilizie, di regolamenti edilizi o altri vincoli imposti dalla pubblica autorità”,
  2. i danni concernenti perdite pecuniarie conseguenti alla comminatoria di sanzioni, multe, ammende, ad eccezione di quelle inflitte ai clienti dell’assicurato per errori a lui imputabili”.

Il professionista riteneva che ambedue le clausole fossero inapplicabili al caso di specie:

  1. la prima clausola non poteva applicarsi, poiché egli non aveva violato le norme urbanistiche, ma si era limitato a stendere una nota tecnica (poi risultata erronea);
  2. la seconda clausola non doveva trovare applicazione, in quanto il giudice aveva condannato i venditori ritenendo che l’immobile fosse gravato da un onere reale non apparente (art. 1489 c.c.), mentre il geometra era un soggetto terzo rispetto al contratto di compravendita.

La Suprema Corte accoglie la doglianza del professionista per le ragioni esposte nei paragrafi seguenti.

La peculiarità dell’assicurazione nell’ambito dei contratti a prestazioni corrispettive

Gli ermellini, nell’accogliere la doglianza del geometra circa l’inapplicabilità delle clausole di esonero contenute nel regolamento contrattuale, analizzano il “piano di distribuzione dei rischi” sotteso alla stipula di un contratto assicurativo. Il contratto deve garantire l’equilibrio tra le posizioni dei contraenti, nondimeno, i supremi giudici rilevano come, molto spesso, le polizze contengano clausole che neutralizzano il rischio ad esclusivo vantaggio dell’assicuratore. In tal modo, le assicurazioni divengono «fonte di una rendita parassitaria» e violano l’equilibrio tra premio pagato e rischio assicurato. Il contratto di assicurazione presenta delle peculiarità rispetto agli altri contratti a prestazioni corrispettive; infatti, nell’ambito assicurativo, si ricorre a specifiche metodologie statistiche e attuariali per calcolare il premio corrispondente al rischio che si assume. In buona sostanza, il corrispettivo versato dall’assicurato (il premio) è la traduzione di un’operazione economica che calcola il rischio medio, sulla base di elementi probabilistici, con riferimento ad una massa di rischi omogenei e non al singolo rischio di uno specifico contratto.

La corrispettività all’interno del contratto di assicurazione è costituita dallo scambio tra:

  • la promessa di pagare l’indennità (da parte dell’assicuratore),
  • e il pagamento del corrispettivo (da parte dell’assicurato).

La misura del premio non entra nello scambio sinallagmatico perché è determinata da fattori esterni, tuttavia:

  • la determinazione del premio di polizza assume un valore determinante nell’accertare quale sia il limite massimo dell’obbligazione facente capo all’assicuratore, nel rispetto dell’equilibrio sinallagmatico delle prestazioni,
  • e deve esservi “corrispondenza tra ammontare del premio e contenuto dell’obbligazione dell’assicuratore” (Cass. 10596/2010).

La distribuzione dei rischi e la causa in concreto

La Corte ricorda come, solitamente, nel regolamento contrattuale siano presenti tre tipologie di clausole:

  1. «una prima, che disciplina l’oggetto dell’assicurazione in maniera ampia,
  2. una seconda, che esclude dalla garanzia una serie di danni;
  3. una terza, che include nella copertura buona parte dei rischi prima esclusi, previo pagamento di un eventuale sovrappremio».

Quando l’oggetto del contratto viene delimitato, ad esempio con una clausola di esonero o limitazione della garanzia, si verifica uno spostamento dell’onere economico dall’assicuratore all’assicurato. Se la presenza di tali clausole non comporta la correlativa diminuzione del premio si assiste ad un ingiustificato vantaggio dell’assicuratore a detrimento dell’assicurato. Infatti, è irrilevante che quest’ultimo abbia accettato il regolamento contrattuale così concepito. Per questo motivo, occorre verificare se la distribuzione dei rischi, tra assicurato e assicuratore, rispetti il requisito della causa in concreto e se il sinallagma contrattuale risulti equilibrato (Cass. S.U. 22437/2018; Cass. 16902/2019). La presenza di clausole di esclusione del rischio può determinare uno squilibrio e compromettere l’interesse effettivo di una delle parti alla stipulazione del contratto, in tal caso, il premio non risulta sorretto da alcuna giustificazione, poiché difetta il rischio.

L’interpretazione delle clausole

La Suprema Corte censura la sentenza gravata laddove ha ritenuto operanti le due clausole di esclusione. Infatti, siffatte clausole erano tali da svuotare completamente la garanzia e rendere inutile il contratto per l’assicurato. Inoltre, il giudice di merito, nell’interpretazione del regolamento contrattuale, non ha attribuito il giusto peso all’effettiva volontà dei contraenti, onde evitare che lo stesso fosse completamente improduttivo di effetti (Cass. 3275/2016).

In particolare, il giudice di merito ha errato nell’applicare:

  1. la prima clausola di esonero della garanzia, relativamente alle violazioni urbanistiche, perché non ha considerato che il geometra non era responsabile diretto della violazione edilizia, da cui era derivata la sanzione; egli non aveva rilevato la presenza di una difformità edilizia, comunque non riconducibile al suo operato; il danno che era stato chiamato a risarcire ai clienti non derivava dalla violazione edilizia, ma era stato determinato per equivalente in considerazione della somma che i suoi clienti erano stati chiamati a corrispondere all’acquirente;
  2. la seconda clausola di esclusione, relativamente alle sanzioni irrogate, perché è pur vero che la sanzione non era stata inflitta direttamente ai venditori (clienti del geometra) ma è parimenti vero che essi avevano comunque patito gli effetti di quella sanzione, essendo stati chiamati a risponderne nei confronti dell’acquirente.

Conclusioni

In conclusione, la Suprema Corte accoglie il ricorso del geometra relativamente alla richiesta di manleva dell’assicurazione. Infatti, il giudice di merito ha errato ad interpretare il regolamento contrattuale, in quanto «non ha tenuto conto che, sia secondo buona fede (art. 1366 c.c.), sia per fornire della polizza un’interpretazione che non la privasse completamente di alcun senso effettivo (art. 1367 c.c.) e che fosse coerente con la natura e l’oggetto del contratto (art. 1369 c.c.), sarebbe stato necessario ammettere, in primo luogo, che la copertura riguardasse anche le sanzioni, le multe ed ammende patite dai clienti dell’assicurato, aventi causa in un inadempimento professionale a lui imputabile, in secondo luogo, avrebbe dovuto intendere per danni conseguenti al mancato rispetto di vincoli urbanistici, norme o regolamenti edilizi ed altri vincoli solo quelli provocati da un comportamento del professionista assicurato integrante gli estremi di una violazione urbanistica e/o edilizia. Risulta violata […] anche la disposizione di cui all’art. 1370 c.c., dal momento che l’incertezza sul significato da riconoscere alle clausole escludenti la copertura assicurativa, avrebbe dovuto essere superata a favore dell’assicurato, essendo stata la polizza predisposta unilateralmente dalla compagnia» (Cass. 3367/2020; Cass. 18324/2019; Cass. 9299/2016; Cass. 11819/2016; Cass. 668/2016).

CASSAZIONE CIVILE, ORDINANZA N. 14595/2020 >>SCARICA IL TESTO IN PDF

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