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In tema di bancarotta fraudolenta documentale, la condotta di falsificazione delle scritture contabili integrante la fattispecie di bancarotta documentale “specifica” consiste in un intervento manipolativo su una realtà contabile già definitivamente formata, mentre la condotta integrante la fattispecie di bancarotta documentale “generica” si realizza con un falso ideologico contestuale alla tenuta della contabilità. Così ha stabilito la Cassazione penale con la sentenza n. 40446/2023.

Orientamenti giurisprudenziali

Conformi:

Cassazione penale, sezione V, 8 ottobre 2020, n. 33114

Cassazione penale, sezione V, 13 gennaio 2020, n. 5081

Cassazione penale, sezione V, 5 marzo 2019, n. 26379

Cassazione penale, sezione V, 22 gennaio 2015, n. 11115

Cassazione penale, sezione V, 11 aprile 2012, n. 25432

Difformi:

Non si rinvengono precedenti

La Cassazione ribadisce che il reato di bancarotta fraudolenta documentale prevede due ipotesi delittuose distinte, sia in relazione alla condotta – in quanto l’annotazione originaria di dati oggettivamente falsi nella contabilità (ovvero l’omessa annotazione di dati veri), integra sempre e comunque la bancarotta fraudolenta documentale cd. generica – sia sotto il profilo dell’elemento soggettivo

Il fatto

In sede di merito, l’amministratore di una società fallita era condannato per il reato di bancarotta fraudolenta documentale.

In sede di ricorso per cassazione, la difesa lamentava la circostanza violazione di legge e vizio di motivazione in punto di sussistenza dell’elemento oggettivo del reato. Posto che l’affermazione di responsabilità si fonderebbe sulla ritenuta distruzione delle scritture contabili, senza che si potesse comprendere da quali elementi si sarebbe giunti a una simile conclusione. In realtà, secondo la difesa, l’imputato si sarebbe limitato a non tenere la contabilità dal 2007 in avanti, quando, sommerso dai debiti, aveva di fatto cessato l’attività e non aveva più versato, anche a causa delle disastrose condizioni economiche, il compenso professionale a un commercialista; di conseguenza, si sarebbe in presenza di una fattispecie di bancarotta semplice documentale, ormai estinta per prescrizione.

In secondo luogo, analoghi vizi erano lamentati con riferimento all‘elemento soggettivo della bancarotta fraudolenta documentale. Tale delitto richiede infatti il dolo specifico, non quello generico come erroneamente ritenuto dai giudici di merito.

La decisione

La Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso, annullando con rinvio la decisione gravata.

La sentenza in commento ricorda come le due fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 322, comma 1 lett. b d.lgs. n. 14 del 2019 (in precedenza art. 216, comma primo, n. 2, R.D. n. 267 del 1942) che si trovano in rapporto di alternatività tra loro.

La prima fattispecie (c.d. “specifica”) consiste nella sottrazione o distruzione o falsificazione (totale o parziale) dei libri e delle altre scritture contabili e richiede il dolo specifico consistente nello scopo di arrecare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori. Secondo la giurisprudenza anche l’ipotesi di omessa tenuta dei libri contabili può essere ricondotta nell’alveo di tipicità dell’art. 322 citato sempre che l’omessa tenuta della contabilità (al pari delle altre ipotesi) sia sorretta da dolo specifico, perché altrimenti risulterebbe impossibile distinguere tale fattispecie da quella – analoga sotto il profilo materiale – di bancarotta semplice documentale prevista dall’art. 323, comma 2, d.lgs. n. 14 del 2019 (Cass. pen., sez. V, 11 aprile 2012, n. 25432; Cass. Pen., sez. V, 22 gennaio 2015, n. 11115).

La seconda fattispecie (cd. “generale”) è integrata dalla tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita. Questa ipotesi, diversamente dalla prima, presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dagli organi fallimentari e si realizza attraverso una falsità ideologica contestuale alla tenuta della contabilità, e cioè mediante l’annotazione originaria di dati oggettivamente falsi o l’omessa annotazione di dati veri, realizzata con le ulteriori connotazioni modali descritte dalla norma incriminatrice (Cass. Pen., sez. V, 13 gennaio 2020, n. 5081). Questa ipotesi delittuosa richiede il dolo generico (Cass. Pen., sez. V, 8 ottobre 2020, n. 33114; Cass. Pen., sez. V, 5 marzo 2019, n. 26379).

Quanto alla “falsificazione” che, in apparenza, sembra connotare entrambe le fattispecie, la Corte di cassazione, con indirizzo consolidato, ha tracciato la seguente linea di demarcazione: la condotta di falsificazione delle scritture contabili integrante la fattispecie di bancarotta documentale “specifica” può avere natura sia materiale sia ideologica, ma consiste, comunque, in un intervento manipolativo su una realtà contabile già definitivamente formata. La condotta integrante la fattispecie di bancarotta documentale “generica”, invece, si realizza sempre con un falso ideologico contestuale alla tenuta della contabilità. In altri termini, l’annotazione originaria di dati oggettivamente falsi nella contabilità (ovvero l’omessa annotazione di dati veri), sempre che la condotta presenti le ulteriori connotazioni modali descritte dalla norma incriminatrice, integra sempre e comunque la seconda ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale descritta dall’art. 322 comma 1 lett- b), d.lgs. n. 14 del 2019 (Cass. Pen., sez. V, 13 gennaio 2020, n. 5081).

Alla luce di tali riflessioni della giurisprudenza, se è infondata l’asserzione difensiva secondo cui l’omessa tenuta della contabilità integrerebbe sempre e comunque il reato di bancarotta semplice, sono state invece ritenute fondate le censure attinenti alla sussistenza dell’elemento soggettivo. Infatti, nel casso di specie, il capo di imputazione richiamava, almeno formalmente, entrambe le fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale (specifica e generale), poiché contestava all’imputato tanto di aver sottratto gran parte delle scritture contabili, allo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto e di recare pregiudizio ai creditori, quanto di aver tenuto la contabilità in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari.

In particolare, la sentenza impugnata, emessa in sede di appello aveva ritenuto sussistente l’elemento materiale della fattispecie c.d. “specifica”, laddove faceva riferimento all’omessa tenuta dei libri obbligatori e alla “distruzione” delle scritture successive al 2007, nonché del libro giornale relativo agli anni 2005 e 2006, mai consegnati al curatore, per poi concludere che, da tale condotta, era derivata l’impossibilità per il curatore fallimentare di ricostruire il movimento degli affari e il patrimonio della società e sostenendo che l’elemento soggettivo richiesto era il solo dolo generico”. In questo modo, però, i giudici di merito non hanno colto la struttura di norma mista alternativa della disposizione incriminatrice, dando vita ad una fattispecie non prevista dal legislatore in cui l’impossibilità di ricostruire il patrimonio ed il movimento degli affari diviene una sorta di evento della condotta di distruzione o falsificazione delle scritture contabili, e sostituendo il dolo generico richiesto per la sussistenza della prima ipotesi delittuosa – bancarotta documentale specifica – a quello specifico invece necessario al perfezionamento dell’altra ipotesi – di bancarotta documentale generica.

Esito del ricorso:

Accoglimento del ricorso, con annullamento con rinvio

Riferimenti normativi:

Art. 322, comma 1 lett. b) D.Lgs. n. 14/2019

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