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Nel suo “Avviso ai naviganti” pubblicato su Facebook la premier Giorgia Meloni ha sostenuto che nella Legge di Bilancio la norma che permetteva il pignoramento dei conti correnti per i debiti con il fisco non ci fosse. In realtà, come ha spiegato Open, la norma era presente nella bozza prima del suo intervento sul ministero dell’Economia e delle Finanze. La premier l’ha fatta saltare, così come la sua riformulazione apparsa nelle bozze successive. Mentre un comunicato di Palazzo Chigi ha confermato che il fisco avrà soltanto strumenti «informatici» per rendere più efficienti procedure già esistenti. Nei confronti di chi non si è opposto in tribunale e non ha goduto di sospensioni giudiziali. Ma come funzionano i pignoramenti sul conto corrente degli evasori fiscali? E che cosa cambia con le nuove procedure?

La notifica e i 12 mesi

Il Corriere della Sera spiega oggi che le procedure di pignoramento rimangono molto garantiste nei confronti dei debitori. Anche perché si vanno a intrecciare con le tutele costituzionali e con il diritto alla privacy. Di norma, dopo aver notificato la cartella esattoriale al debitore, il fisco deve attendere quasi un anno per poter procedere ad azioni più incisive. Spesso però in questo lasso di tempo i beni dei debitori spariscono. E alla fine della procedura nei conti non si trova più nulla. In ogni caso è possibile già oggi procedere ai pignoramenti delle somme dovute sui conti correnti. Le regole per farlo sono state introdotte nel 2006. Se il debitore non paga, l’Agenzia delle Entrate Riscossione può accedere all’archivio dei rapporti bancari e finanziari del contribuente, rispettando alcuni criteri di privacy. La banca dati svela gli intermediari a cui l’AdE poi notifica un elenco di beni.

La notifica agli intermediari

L’Agenzia Riscossione può a quel punto ordinare ai soggetti di versare le somme al posto del debitore. Con la nuova norma invece il fisco potrebbe vedere da subito se ci sono disponibilità sui conti da pignorare. Senza chiedere agli intermediari e agli operatori di notificarli. Se ci fossero i fondi, si legge nella bozza del testo, «l’agente della riscossione redige e notifica telematicamente al terzo, senza indugio, l’ordine di pagamento». E questo ordine di pagamento al «terzo» dovrà sempre essere notificato anche al debitore, ma non contestualmente come accade nella procedura attuale. La notifica deve arrivare, a pena di nullità, al massimo entro 30 giorni dopo l’emissione dell’ordine di pagamento. Che dunque potrebbe essere sconosciuto al debitore.

Le garanzie per i debitori morosi

Le vecchie norme prevedono anche dei limiti al pignoramento. Soprattutto riguardo stipendi e pensioni. Se la busta paga o l’assegno arriva a 2.500 euro, la quota pignorabile è un decimo, che sale fino a un quinto sopra i 5 mila euro. Anche le esecuzioni mobiliari sono limitate. Impossibili se si tratta dell’unica abitazione di residenza del debitore. Nell’ultima versione della bozza c’è anche un tetto alle azioni di recupero coatto. Si bloccano se il debito è inferiore ai mille euro. In questo caso il Garante della Privacy dovrà indicare i criteri per attivare il nuovo strumento nel rispetto della normativa Ue.

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