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Come viene regolato il diritto di abitazione in caso di decesso del partner?

Tu e il tuo compagno vivete insieme da 15 anni. Avete scelto di non sposarvi perché entrambi non credete nel matrimonio. Tuttavia, avete registrato la convivenza in modo da essere tutelati dalla legge. Ora, lui si è ammalato gravemente ed i medici ti hanno già comunicato che non ci sono speranze di sopravvivenza. Tra le tante questioni che devi affrontare in questi mesi c’è anche il problema dell’abitazione. Avete sempre vissuto in un piccolo appartamento di proprietà del tuo partner e temi che la sua famiglia possa cacciarti via da un momento all’altro.

Secondo la legge, il convivente superstite può abitare la casa

del partner defunto per un periodo di tempo limitato, anche nell’ipotesi in cui ci siano degli eredi. Tale beneficio, però, vale solamente se la convivenza è stata dichiarata all’ufficiale di Stato civile del Comune di residenza. In caso contrario, si potrà restare nell’immobile il tempo necessario per trovare un’altra sistemazione. Ma procediamo con ordine e cerchiamo di approfondire il tema in questo articolo.

Come certificare la convivenza?

Quando si parla di conviventi si intende una coppia unita da un legame affettivo stabile e non vincolata da un rapporto di parentela, affinità, adozione o filiazione. I conviventi, in altre parole, non hanno formalizzato la propria unione né con il matrimonio (se eterosessuali) né con l’unione civile (se omosessuali), ma hanno scelto di vivere come se fossero una coppia sposata.

Tuttavia, la convivenza

, per produrre gli effetti previsti dalla legge, deve essere certificata. In pratica, la coppia deve recarsi presso il Comune di residenza e dichiarare di abitare nello stesso appartamento. A questo punto, una volta effettuati i controlli di rito, viene rilasciato un certificato di residenza e lo stato di famiglia.

Coloro che, invece, non vogliono registrare il proprio legame restano una “coppia di fatto” con la conseguenza di non godere di una serie di diritti che vedremo a breve.

Quali sono i diritti dei conviventi?

Una volta formalizzata la convivenza nel modo che ti ho descritto poc’anzi, i conviventi godono dei seguenti diritti:

  • possibilità di far visita al partner che si trova in carcere;
  • prestare assistenza ed accedere alle informazioni personali in caso di malattia o morte del compagno;
  • adottare decisioni in nome e per conto dell’altro a seguito della perdita della capacità di intendere e di volere (ad esempio, acconsentire alla donazione degli organi);
  • nominare l’altro come tutore, curatore o amministratore di sostegno;
  • continuare ad abitare nella casa familiare dopo la morte del partner;
  • chiedere il risarcimento del danno in caso di decesso dell’altro a seguito di fatto illecito altrui;
  • partecipare alla gestione degli utili dell’impresa familiare del convivente, nonché ai beni acquistati con gli stessi ed agli incrementi dell’azienda in base al lavoro prestato;
  • in caso di bisogno, ricevere gli alimenti dopo la cessazione della convivenza.

Il convivente superstite può abitare la casa?

Come ti ho già accennato, tra i

diritti dei conviventi c’è anche quello di continuare ad abitare la casa familiare in caso di morte del partner proprietario dell’immobile. Tale beneficio, valevole anche in presenza degli eredi, è soggetto a dei limiti.

Secondo la legge, il convivente superstite può restare nella casa:

  • per altri due anni, ma non più di cinque in assenza di figli;
  • per un periodo non inferiore a tre anni in presenza di figli minori o disabili.

Scaduto il termine, l’immobile passa agli eredi del defunto (ad esempio ai figli, ai genitori, ai fratelli, ecc.), i quali possono anche metterlo in vendita. In tal caso, il convivente superstite può essere preferito in caso di più potenziali acquirenti.

Se, invece, la casa familiare è condotta in locazione, in caso di morte di uno dei due conviventi l’altro può succedergli nel contratto.

Il diritto di abitazione, però, viene meno se il superstite cessa di vivere nella casa di Comune residenza oppure se si sposa, inizia una nuova convivenza di fatto oppure contrae unione civile.

Nell’ipotesi in cui l’immobile è di comproprietà, gli eredi del defunto ed il convivente superstite possono accordarsi. Nel senso che una delle parti può versare all’altra la somma necessaria per avere la proprietà esclusiva, oppure si può vendere l’appartamento per poi spartire il ricavato o ancora si può instaurare un rapporto di locazione.

Infine, va precisato che per le coppie che non hanno formalizzato la propria unione dinanzi all’ufficiale di Stato civile del Comune, la giurisprudenza ha riconosciuto in capo al convivente di fatto una detenzione qualificata dell’immobile che permane fino a quando duri la convivenza more uxorio. Questo vuol dire, in parole più semplici, che una volta deceduto il partner proprietario della casa, il superstite può restare nell’abitazione solamente il tempo necessario per trovare un’altra sistemazione.

Il coniuge superstite può abitare la casa?

Per completezza analizziamo anche l’ipotesi del coniuge superstite, cioè del soggetto (marito o moglie) con cui il defunto era sposato.

Ebbene, in caso di morte del coniuge, l’altro conserva il diritto di abitare la casa familiare (compreso l’uso di pertinenze ed accessori), anche se ci sono altri chiamati all’eredità.

Il presupposto affinché sorga il diritto in questione è che l’immobile e gli arredi siano di proprietà di entrambe le parti oppure del coniuge defunto.

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