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Non è configurabile la formazione del provvedimento tacito di assenso su domande di sanatoria edilizia relative ad interventi realizzati in aree sottoposte a vincoli paesaggistici.

Ci sono precise regole, dentro il DL 269/2003 (Terzo condono), per l’ottenimento del condono edilizio tramite silenzio-assenso.

Le riepiloga tutte il Tar Lazio nella sentenza 11199/2024 del 31 maggio, inerente l’istanza di sanatoria – respinta – presentata per sanare la realizzazione di un manufatto a uso abitativo di circa 28 mq sito nel giardino di proprietà.

 

Condono edilizio col silenzio assenso: documentazione e oneri concessori

Il Tar Lazio ricorda che ai sensi dell’articolo 32, comma 37, del DL 269/2003 convertito dalla legge 326/0033 «Il pagamento degli oneri di concessione, la presentazione della documentazione di cui al comma 35, della denuncia in catasto, della denuncia ai fini dell’imposta comunale degli immobili di cui al decreto legislativo. 30 dicembre 1992, n. 504, nonché, ove dovute, delle denunce ai fini della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e per l’occupazione del suolo pubblico, entro il 31 ottobre 2005, nonché il decorso del termine di ventiquattro mesi da tale data senza l’adozione di un provvedimento negativo del comune, equivalgono a titolo abilitativo edilizio in sanatoria. Se nei termini previsti l’oblazione dovuta non è stata interamente corrisposta o è stata determinata in forma dolosamente inesatta, le costruzioni realizzate senza titolo abilitativo edilizio sono assoggettate alle sanzioni richiamate all’articolo 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e all’articolo 48 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380».

Sul punto, la giurisprudenza ha chiarito che le disposizioni di cui sopra devono essere lette unitamente all’art. 32, comma 35, il quale indica espressamente i documenti che devono essere allegati all’istanza di sanatoria: per la formazione del silenzio-assenso sull’istanza di condono edilizio, è, infatti, necessario «non solo che sia stato completato il pagamento dell’oblazione dovuta e degli oneri concessori, ma anche che la domanda sia completa di tutta la documentazione, affinché possano essere utilmente esercitati i poteri di verifica da parte dell’amministrazione comunale sia in ordine alla ammissibilità del condono che alla corretta determinazione della misura dell’oblazione da versare, con la conseguenza che l’assenza di completezza della domanda di sanatoria osta alla formazione tacita del titolo abilitativo» (ex multis Consiglio di Stato, sezione II, 10 maggio 2021, n. 3684, e giurisprudenza ivi richiamata).

 

Terzo condono edilizio col silenzio assenso: la documentazione necessaria

La formazione del silenzio assenso sulla domanda di condono presuppone che la domanda sia stata corredata dalla prescritta documentazione, non sia infedele, sia stata interamente pagata l’oblazione e l’opera sia stata ultimata entro il termine previsto dalla legge e non sia in contrasto con i vincoli di inedificabilità.

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Condono edilizio: impossibile il silenzio-assenso per interventi in zone vincolate

Ma attenzione al finale perché, per giurisprudenza pacifica, non è comunque «configurabile la formazione del provvedimento tacito di assenso su domande di sanatoria edilizia relative ad interventi realizzati in aree sottoposte a vincoli paesaggistici».

In questo caso, segnala il TAR, l’abuso edilizio è stato realizzato su area sottoposta a vincolo ai sensi dell’art. 134, comma 1, lett. a), del d.lgs. 42/04 e pertanto il mero decorso del tempo è inidoneo a configurare un legittimo affidamento in capo all’istante, ragione per cui il motivo è infondato e deve essere respinto.

 

Opere edilizie in ampliamento non sanabili in area vincolata

I ricorrenti sostengono inoltre che le opere edilizie sarebbero sanabili, ai sensi dell’art.32 legge 47/1985, anche se realizzate su aree vincolate, previo, ovviamente, parere favorevole dell’autorità preposta alla tutela del vincolo.

Non è così, in quanto «l’applicabilità del c.d. terzo condono in riferimento alle opere realizzate in zona vincolata è limitata alle sole opere di restauro e risanamento conservativo o di manutenzione straordinaria, su immobili già esistenti, se ed in quanto conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici».

Ricordiamo che l’opera in questione è rappresentata dalla realizzazione di un manufatto a uso abitativo di circa 28 metri quadrati.

In base all’art. 32, comma 26, DL 269/2003, convertito in legge 326/2003, non sono, quindi, «suscettibili di sanatoria le opere abusive di cui ai numeri 1, 2 e 3 dell’allegato 1 alla citata legge (c.d. abusi maggiori), realizzati su immobili soggetti a vincoli, a prescindere al fatto che (e anche se) si tratti di interventi conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti al momento dell’edificazione e al fatto che il vincolo non comporti l’inedificabilità assoluta dell’area. Difatti, le opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli, tra cui quello ambientale e paesistico, sono sanabili solo se, oltre al ricorrere delle ulteriori condizioni – e cioè che le opere siano realizzate prima dell’imposizione del vincolo, che siano conformi alle prescrizioni urbanistiche e che vi sia il previo parere dell’autorità preposta alla tutela del vincolo – siano opere minori, senza aumento di superficie e volume (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria). Pertanto, un abuso comportante la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in area assoggettata a vincolo, indipendentemente dal fatto che il vincolo non sia di carattere assoluto, non può essere sanato».


LA SENTENZA INTEGRALE E’ SCARICABILE IN ALLEGATO PREVIA REGISTRAZIONE AL PORTALE

 

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