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Il DL Salva Casa potrebbe comportare un condono mobile per ogni fabbricato dettato dal legittimo affidamento

Col D.L. 69/2024 “salva casa” è stata modificata, e forse chiarita meglio, la definizione di Stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare, ma su nel primo periodo invece è stata inserita una possibile forma di sanatoria implicita.

Alcuni autori ritengono che l‘ultima pratica edilizia azzeri tutte le preesistenti irregolarità, mentre lo scrivente ritiene evidenziare nuove criticità applicative: davvero il legislatore intende prevedere colpi di spugna alla storia della legittimazione urbanistico edilizia di ogni fabbricato, sulla base o meno dell’esistenza di pregresse pratiche edilizie? Posso testimoniare diverse casistiche di pratiche edilizie di ogni livello nelle quali la verifica di legittimità dell’immobile venivano completamente ignorate perchè gli elaborati grafici (lo stato attuale) venivano rappresentati sulla base del:

  • rilievo architettonico sul posto
  • ricalco di misure ricavate da planimetrie catastale
  • calco di quotature non verificate da precedenti permessi, concessioni e licenze
  • e via di fantasia;

Riprendiamo allora in esame la modifica apportata al primo periodo della nuova definizione di Stato Legittimo:

Art. 9-bis DPR 380/01– Documentazione amministrativa e stato legittimo degli immobili

1. (omissis)
1-bis. Lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa e o da quello che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare l’intero immobile o l’intera unità immobiliare, rilasciato all’esito di un procedimento idoneo a verificare l’esistenza del titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.

Si troverebbero risolte determinate situazioni di permanente irregolarità edilizie, spesso irrisolvibili, ma si potrebbero creare nuove disparità: prendiamo due villette identiche autorizzate e costruite con medesime irregolarità ab origine, ma solamente quella che ha ottenuto un successivo titolo abilitativo per altre opere generali potrebbe beneficiare dello Stato Legittimo novellato dal D.L. 69/2024.

Dall’entrata in vigore del D.L. 76/2020 ci siamo abituati ad operare la verifica di Stato Legittimo con certe modalità, aderendo ai dettami chiariti dalla giurisprudenza:

Va ribadito che, ai sensi dell’art. 9 bis d.P.R. 380/2001, lo stato legittimo dell’immobile è quello corrispondente ai contenuti dei rispettivi titoli abilitativi, relativi non solo all’originaria edificazione, ma anche alle sue successive vicende trasformative.
L’autorizzazione di un singolo e sporadico intervento edilizio, ottenuta valendosi della disciplina semplificatrice della SCIA, non s’estende tout court all’intera struttura della costruzione abusiva su cui esso l’intervento incide. In aggiunta, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, la mancata verbalizzazione dell’abuso nell’ultimo sopralluogo, effettuato (d.16 dicembre 2019) dalla polizia locale, non determina l’attestazione della conformità edilizia delle opere ivi realizzate in antitesi alla certificazione dello stato dei luoghi, contenuta nel verbale d’accertamento dell’inottemperanza redatto dagli stessi organi ispettivi”
(Cons. di Stato n. 7621/2022).

Il D.L. 69/2024 ripropone l’alternativa prevista in prima stesura dello Stato Legittimo nel DL 76/2020 (rivista in conversione di L. 120/2020), potendo determinarlo tra il titolo abilitativo che ha autorizzato/legittimato la costruzione “o” quello dell’ultimo intervento che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare.

L’alternativa offerta dal Decreto Salva Casa potrebbe essere applicata in via discrezionale dal soggetto interessato, ma la vera difficoltà sta nell’individuare intanto quel titolo abilitativo “ultimo” che ha interessato rispettivamente l’intero immobile o l’intera unità immobiliare, con un presupposto essenziale ovvero che sia stato:

o da quello che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare l’intero immobile o l’intera unità immobiliare, rilasciato all’esito di un procedimento idoneo a verificare l’esistenza del titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa,

Intanto si devono sollevare alcuni rilievi puntuali su questo ultimo titolo abilitativo:

  • il termine “rilasciato” prevede senza dubbio quelli primari come licenza, concessione edilizia e permesso di costruire (e anche in loro versioni in sanatoria); più critico da parte mia avvalorare anche quei titoli abilitativi formatisi con asseverazione quali DIA e SCIA;
  • non basta un qualsiasi procedimento amministrativo, ma uno specifico procedimento (idoneo) che come risultato ha comportato il rilascio del titolo “ultimo”;
  • scopo di tale procedimento è verificare l’esistenza del titolo di “prima costruzione” o legittimante essa, cioè solo a livello formale, senza operare verifiche di conformità sostanziale (e di tolleranze costruttive, diremmo oggi) tra lo stato dei luoghi e quanto legittimato dai precedenti titoli;
  • l’interezza di intervento dell’immobile o unità: è la condizione essenziale di questo “ultimo” titolo abilitativo, surrettiziamente condonatorio per legittimo affidamento: sembra quasi richiamare l’intervento integrale o totale, come soltanto potrebbe essere una demolizione e ricostruzione, o magari una sopraelevazione.

L’interezza è una condizione inequivocabile, da considerare tassativa e ben distinta dalla nozione di integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali, contenuta da ultimo della prima frase dello Stato Legittimo. Come distinguere gli interventi parziali da quello totali?

Sul punto ho fatto anche un video commento: https://youtu.be/ByUGtFRZEs4?si=uT28eaoxRFK_BAOb

Provo a spiegarmi meglio: a mio avviso potrebbe non rivelarsi sufficiente allo scopo una mera intera rappresentazione dell’immobile o unità immobiliare nell’ultima pratica edilizia rilasciata dal Comune. Forse è più coerente il dato sostanziale: l’intervento deve aver davvero coinvolto l’immobile o unità nella sua interezza, ammettendo allora gli interventi interamente demolitori ricostruttivi.

Seguendo questa linea volutamente rigida ma neanche tanto infondata, si arriverebbe a sostenere che:

  • Una demolizione e ricostruzione integrale di una villetta, ancorché parzialmente difforme, si possa considerare legittimata e “perdonata” per le sue preesistenti irregolarità, venute meno con l’intervento ricostruttivo.
  • Una ristrutturazione conservativa della sagoma edilizia, anche se pesante verso tanti elementi costitutivi (solai, porzioni di pareti, copertura), non è interamente sostanziale.

Una lettura maggiormente rigida, per quanto cautelativa, manterrebbe un senso logico e coerente; secondo invece una interpretazione letterale, l’ultimo intervento effettuato con titolo rilasciato come sopra potrebbe equivalere a condonare tutti gli illeciti pregressi ad essa, anche di natura primaria ovvero compiuti in assenza di permesso, totale difformità o variazioni essenziali. Intendiamoci: non sono nettamente contrario a questo tipo di possibilità, perchè la mancata verifica di Stato Legittimo in passato è stata ignorata dai vari attori in gioco; trattandosi di un concorso di colpe tra tutti, è necessario inserire un criterio di legittimo affidamento nel privato, soprattutto quel privato che arriva soltanto oggi a prendere cognizione delle irregolarità. D’altronde è ciò che ci ha lasciato in eredità l’urbanistica italiana novecentesca.

Il nuovo stato legittimo potrebbe configurare infatti un meccanismo di sanatoria edilizia a costo zero, senza alcun vantaggio per le casse pubbliche (però con snellimento per uffici pubblici e tribunali). I giochi sono ancora aperti coi possibili emendamenti al Decreto.

Tutti i diritti sono riservati – all rights reserved

carlo pagliai

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