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Il nostro ordinamento giuridico prevede l’esistenza del
principio di tutela per chi subisce specifici
pregiudizi in relazione ad un intervento edilizio, autorizzato a
favore di altri, che ritiene illegittimo.

In questi casi, il soggetto che intende impugnare l’efficacia
del titolo è sempre tenuto ad intervenire prontamente a partire dal
momento in cui acquisisce la piena conoscenza
dell’abuso che starebbe avvenendo.

Oltre alla tutela del vicino che subirebbe il danno, infatti,
bisogna considerare anche il principio di certezza
delle situazioni giuridiche, secondo cui il
titolare non può essere lasciato nell’incertezza circa la sorte del
proprio permesso oltre un lasso di tempo che sia ragionevole.

Permesso di costruire illegittimo: termini e condizioni per
l’impugnazione

A ribadire nuovamente il concetto è il Consiglio di
Stato
con la
sentenza
del 5 aprile 2024, n. 3147
, con la quale ha respinto
il ricorso proposto da un cittadino per l’annullamento
della concessione edilizia e del permesso di costruire

rilasciato al vicino, titolare di una proprietà nei pressi della
sua abitazione.

Il ricorrente in particolare denuncia l’illegittimità di
due condoni edilizi – che sarebbero stati concessi
in assenza dell’autorizzazione paesaggistica obbligatoria –
deducendo, di conseguenza, che fosse da ritenere illegittimo anche
il permesso di costruire successivamente rilasciato nel 2019, e
sostenendo, peraltro, che questo avrebbe autorizzato opere di
ristrutturazione edilizia, non di nuova
costruzione come sarebbero da considerare quelle realizzate – ai
sensi delle categorie di interventi di cui
all’art. 3 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico
Edilizia
) – essendo in presenza di interventi di totale
demolizione e successiva ricostruzione senza il mantenimento dei
preesistenti parametri costruttivi, quali sagoma, prospetti,
sedime, caratteristiche planovolumetriche e tipologiche.

Il ricorso era già stato respinto dal TAR per tardività e lo
stesso è stato fatto da Palazzo Spada: i soggetti che ritengano di
subire pregiudizio dalla realizzazione di opere appartenenti ad
altri – ad esempio secondo il ciriterio della vicinitas – hanno il
diritto ad impugnare il titolo edilizio
autorizzato
, ma devono farlo necessariamente entro
un tempo massimo di 60 giorni
dal momento in cui hanno la
piena conoscenza di quanto sta avvenendo.

Secondo una consolidata giurisprudenza, il concetto di
“piena conoscenza”
si configura nel momento in cui “la
costruzione realizzata riveli in modo univoco le caratteristiche
essenziali dell’opera agli effetti della sua eventuale difformità
rispetto alla disciplina urbanistico-edilizia vigente
”;
condizione che si considera soddisfatta:

  • per la data di inizio lavori, se si contesta
    il luogo di realizzazione dell’opera (ovvero
    l’an di edificazione);
  • per la data di fine lavori, se si contesta
    invece il quomodo di realizzazione, e quindi le
    modalità di costruzione.

Vicinitas e interesse a ricorrere: occhio ai termini di
impugnazione dei titoli edilizi

Nel caso in esame, si rileva che:

  1. il ricorrente era a conoscenza dell’avvenuto rilascio del
    permesso almeno da novembre 2020, come dimostra una lettera-esposto
    da lui inviata al Comune;
  2. la richiesta di accesso agli atti è stata presentata solo
    nell’ottobre 2021, e pertanto non è stata ritenuta valida ai fini
    di procrastinare le tempistiche per il ricorso;
  3. il ricorso è stato notificato solo a marzo 2022, con
    oltre due anni di ritardo dall’avvenuta condizione
    di piena conoscenza.

I giudici sottolineano peraltro che l’abitazione del ricorrente
insiste nelle vicinanze delle opere autorizzate, essendo
ragionevole considerare quindi che egli avesse dall’inizio
una visuale piena e diretta sull’intera area
interessata dai lavori, avendo anche assistito all’intervento di
demolizione integrale ed essendo venuto a conoscenza – come provato
dalla lettera-esposto – del successivo progetto di ristrutturazione
ed ampliamento autorizzato, con anche forma e dimensioni
dell’opera, già dal 2020.

Il diritto di difesa si scontra pertanto con la tutela nei
confronti del titolare del Permesso, che non può essere lasciato ad
attendere l’esito dell’efficacia del titolo oltre un
ragionevole periodo di tempo
.

Il soggetto leso ha il dovere di beneficiare del suo diritto di
consultare gli atti non appena abbia contezza, o
anche il ragionevole sospetto, che l’attività che si compie sotto i
suoi occhi sia sorretta da un titolo amministrativo abilitante, non
conosciuto o non conosciuto sufficientemente.

Conclude quindi il Consiglio specificando che, non avendo il
ricorrente agito entro le tempistiche imposte dalla legge, la
richiesta di annullamento del titolo va rigettata, rendendo
peraltro superflua l’eventuale verifica in merito ai condoni
concessi nel 2008, non soltanto per irricevibilità del ricorso in
quanto tardivo, ma anche perché, essendo stata consolidata
l’efficacia del permesso che ha portato alla
demolizione delle stesse opere, non ci sarebbe più
alcun interesse ad agire in tal senso.

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