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Roma, 16 febbraio – Mettere fine alla doppia imposizione contributiva che oggi grava sui farmacisti dipendenti, obbligati a pagare sia l’Inps sia l’Enpaf. Questo, sintetizzando all’osso, l’obiettivo della proposta di legge a firma dei deputati Pd Chiara Gribaudo (che torna così su un tema sul quale si spende in Parlamento fin dal 2020) e Marco Sarracino .

La proposta legislativa, rubricata con il numero A.C. n. 595, è stata assegnata lunedì scorso alla Commissione Lavoro di Montecitorio ed entra così nel vivo del suo iter. Il provvedimento consta di cinque articoli (qui il testo) e riprende, in larga parte, la precedente proposta dell’aprile 2021 (la n. 3076, nella foto a lato) che la stessa onorevole Gribaudo aveva presentato nel corso della passata legislatura Anche quel tentativo si proponeva infatti di dispensare i farmacisti dipendenti dal doppio obbligo di contributo previdenziale, consentendo loro di  scegliere di annullare o mantenere l’iscrizione all’Enpaf se iscritti ad altre forme di previdenza obbligatorie.

L’articolo 1 si propone appunto di mettere fine “all’ingiustizia della doppia imposizione contributiva a carico dei farmacisti dipendenti e dell’imposizione sui farmacisti disoccupati”: il comma 1 prescrive l’obbligo dell’iscrizione all’Enpaf solo per i farmacisti che esercitano la libera professione e il comma 2 prevede la possibilità di annullare l’iscrizione all’Enpaf per coloro che si trovano in determinate condizioni (iscrizione ad altre forme di previdenza obbligatorie; condizione di disoccupazione, anche in assenza di iscrizione a un centro per l’impiego; situazione di inoccupazione, anche in assenza di iscrizione a un centro per l’impiego, svolgimento di attività di stage o di tirocinio). L’articolo 2 obbliga l’Enpaf ad adottare il criterio della proporzionalità dei contributi previdenziali ed esclude alcune categorie dal versamento del contributo di solidarietà; l’articolo 3 introduce deroghe all’istituto del cumulo contributivo al fine di consentirne un utilizzo più semplice da parte degli ex iscritti all’Enpaf;  l’articolo 4 consente il cumulo di periodi contributivi coincidenti, ai fini del solo montante contributivo e l’articolo 5, come da obbligo e da prassi, indica i costi del provvedimento e la  individua, infine, i costi derivanti dall’attuazione della legge e ne prevede la copertura.

Il razionale della proposta legislativa è chiarito nella relazione che precede l’articolato:  intanto, l’obbligo di pagare i contributi anche all’Enpaf riduce la retribuzione del farmacista dipendente, “già di per sé non elevata, e a renderla spesso equivalente o inferiore a quella percepita dal personale non laureato delle farmacie stesse” spiegano Gribaudo e Sarracino. “La quota dovuta all’Enpaf da parte del farmacista dipendente può variare, in base alla data della prima iscrizione all’albo e ai requisiti di lavoro dipendente e disoccupazione, dettati da un farraginoso regolamento di previdenza dell’Ente, da un minimo di 69 euro a un massimo di 4.565 euro all’anno, indipendentemente dal reddito percepito”

I  due firmatari della proposta di legge osservano poi che i contributi versati dai farmacisti che svolgono una carriera lavorativa interamente da dipendenti, essendo versati in periodi coincidenti con quelli dei contributi versati all’Inps, sono contributi non cumulabili e non totalizzabili, quindi non recuperabili in nessun modo se non si raggiungono i requisiti di anzianità contributiva richiesti dall’Ente. “Si tratta, pertanto, di risorse economiche sottratte a una categoria professionale già fragile” scrivono Gribaudo e Sarracino  (nelle foto a destra).
Da ultimo, i due deputati dem sottolineano che “il doppio obbligo contributivo per i professionisti, che svolgono da dipendenti un unico lavoro, riguarda oggi ormai soltanto i medici e i farmacisti. Infatti, alcune cassedi previdenza private, come quelle degli ingegneri, dei veterinari e dei commercialisti, hanno già abolito, nei decenni scorsi, l’obbligo contributivo dei professionisti già provvisti di un’altra previdenza obbligatoria”.
“L’insieme delle criticità esposte, in un contesto lavorativo oggi aggravato dalla crisi del lavoro generata della pandemia di Covid 19″ concludono Gribaudo e Sarracino “rende inderogabile sollevare i farmacisti dipendenti da questo obbligo contributivo, che erode le loro esigue retribuzioni, senza garantire, in molti casi, nessun vantaggio previdenziale”.

 

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