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In tema di espropriazione forzata, presupposto dell’intervento dei creditori nella procedura è l’esistenza di un titolo esecutivo (costituito dal ruolo, per i crediti azionati dall’agente della riscossione), non la notificazione di esso nè la intimazione di un precetto (ovvero, per i crediti azionati dall’agente della riscossione, la notificazione della cartella di pagamento), sicchè è destituita di fondamento l’opposizione proposta dal debitore esecutato avverso l’intervento spiegato dall’agente della riscossione in una procedura espropriativa ordinaria deducendo vizi di invalidità, propria o derivata, della cartella di pagamento.

Lo ha riconosciuto la Terza Sezione della Corte di Cassazione con la sentenza in epigrafe, la quale, rigettando il ricorso, ha affermato la differenza di disciplina tra il pignoramento iniziato in proprio e l’intervento nella procedura espropriativa altrui.

La vicenda

La vicenda posta all’attenzione della Corte è di stretta attualità, dal momento che sono innumerevoli i crediti non riscossi da Equitalia che la stessa o L’Agenzia delle Entrate – Riscossione (subentrata ad Equitalia a luglio 2017) sta cercando di recuperare.

Nella vicenda in esame, a seguito dell’intervento di Equitalia Nord S.p.A. (già Esatri S.p.A.) per la soddisfazione di un credito di natura tributaria in una procedura di espropriazione immobiliare, il debitore esecutato proponeva opposizione all’esecuzione ed agli atti esecutivi avverso tale atto di intervento, deducendo la irregolarità formale del ricorso per intervento per omessa o incerta indicazione del titolo di credito nonchè l’inesistenza del credito azionato per inesistenza o nullità della notifica delle cartelle di pagamento causalmente ascritte.

L’adito Tribunale di Milano rigettava l’opposizione, decisione successivamente confermata dalla Corte di Appello di Milano.

A fronte di tale rigetto, il debitore proponeva ricorso per cassazione.

La natura del ruolo esattoriale

La Terza Sezione della Corte di Cassazione, al fine di decidere in merito al ricorso, ha ricostruito la natura del ruolo esattoriale, trattata a più riprese dalla giurisprudenza di legittimità, distinguendola da quella dell’estratto ruolo e della cartella esattoriale.

Il ruolo, consistente nell’elenco dei debitori predisposto dall’ente creditore e trasmesso all’agente della riscossione, ha natura di titolo di formazione amministrativa, e per espressa volontà di legge è munito ab origine di esecutività senza aver bisogno di alcuna comunicazione o notificazione al debitore.

Il cd. estratto di ruolo, invece, a norma di quanto prescritto dall’art. 25 del D.P.R. n. 602 del 1973, è un documento che riporta i dati relativi al soggetto contribuente, alla natura ed entità delle pretese iscritte a ruolo, nonchè la descrizione, il codice e l’anno di riferimento del tributo, l’anno di iscrizione a ruolo, la data di esecutività del ruolo, l’ente creditore. Per giurisprudenza consolidata (Cass. 09/06/2016, n. 11794; Cass. 29/05/2015, n. 11141-11142; Cass. 05/12/2011, n. 25962), qualora sia corredato della dichiarazione di conformità all’originale resa dall’agente della riscossione, integra idonea prova del credito, ai sensi dell’art. 2718 c.c., anche in ordine all’accertamento della giurisdizione del giudice adito.

La cartella di pagamento, infine, come precisato dalla Suprema Corte (Cass. 23/06/2015, n. 12888), è solamente la stampa del ruolo in unico originale notificata alle parti e reca l’indicazione dei medesimi elementi identificativi della pretesa risultanti dal ruolo, qualora sia redatta in conformità al relativo modello ministeriale.

La notificazione di tale cartella, come specificato in precedenza dalla Cassazione, nel sistema della riscossione a mezzo ruolo assolve uno actu le funzioni che nella espropriazione forzata codicistica sono svolte dalla notificazione del titolo esecutivo ex art. 479 c.p.c. e dalla notificazione del precetto, risolvendosi, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, comma 2, nell’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo, così come il precetto contiene l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal titolo esecutivo (da ultimo, Cass. 27/11/2015, n. 24235; in precedenza, Cass., 04/05/2012, n. 6721).

Riguardo alla fase esecutiva, poi, tale notificazione costituisce un’attività prodromica necessaria al pignoramento eseguito (in una delle varie modalità stabilite dalla legislazione speciale) dall’agente della riscossione, come affermato dall’ art. 50 del D.P.R. n. 602 del 1973, laddove prevede che “il concessionario procede ad espropriazione forzata quando è inutilmente decorso il termine di sessanta giorni dalla notificazione della cartella di pagamento”. Gli Ermellini, nella sentenza in commento hanno precisato che “la trascritta formulazione letterale della norma offre un indice inequivoco per la corretta delimitazione della funzione della cartella: la locuzione “procede ad espropriazione”, infatti, va intesa in senso proprio e stretto, come riferita unicamente all’atto di promovimento della procedura di riscossione, nelle differenti tipologie previste in ragione del bene (mobile, immobile o credito) staggito”.

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L’intervento dei creditori nell’espropriazione

Tirando le fila del ragionamento esposto, quindi, la Cassazione ha effettuato un’importante distinzione, precisando che la cartella di pagamento costituisce sì atto preliminare indefettibile, ma solo di una delle due possibili declinazioni dell’azione esecutiva: condiziona cioè esclusivamente l’effettuazione di un pignoramento da parte dell’agente della riscossione, e non invece l’intervento di questi in procedura espropriativa già intrapresa.

Tale conclusione, a parere delle Suprema Corte, trova conferma nella disciplina dettata dal codice di rito per l’intervento dei creditori nell’espropriazione.

Infatti, anche se l’art. 479 c.p.c., prescrive che “l’esecuzione forzata deve essere preceduta dalla notificazione del titolo in forma esecutiva del precetto”, deve ritenersi che abbia riguardo unicamente all’espropriazione promossa con il pignoramento, non a quella esercitata in via di intervento, visto che l’art. 499 c.p.c., nel regolare i presupposti dell’intervento e i requisiti di contenuto-forma del modo di esplicarsi di esso, postula, l’esistenza di un credito assistito da titolo esecutivo (con le sole, tassative, eccezioni menzionate dalla stessa norma) e ne richiede la specifica indicazione nel ricorso per intervento, ma non opera richiamo alcuno alla doverosità di pregresse intimazioni ad adempiere. Ad ulteriore sostegno, la Cassazione ha affermato che “non è mai previsto però, in linea generale e salve specifiche disposizioni (dettate da esigenze particolari, connesse a peculiari necessità pubblicistiche di tutela del debitore in funzione delle attività esercitate e della destinazione del bene staggito, come nel sottosistema delle espropriazioni in danno di pubbliche amministrazioni non economiche: Cass. 18 aprile 2012, n. 6067), che l’intervento debba essere preceduto da precetto” (così, testualmente, Cass. 11/12/2012, n. 22645).

A parere di chi scrive appare condivisibile tale ricostruzione, tenendo anche presente che prima della riforma dell’art. 499 c.p.c. operata dal D.L. 35/2005, convertito nella Legge n.263/2005 con decorrenza dal 1 marzo 2006, erano legittimati ad intervenire coloro che avevano la titolarità di un credito liquido, cioè determinato nel suo ammontare, esigibile, ossia non soggetto a termine o condizione, e certo, nel senso generico di individuato in tutti i suoi elementi, mentre non era necessario il possesso di un titolo esecutivo, di cui il creditore aveva bisogno soltanto per poter compiere atti di impulso (in tal senso Cass. n. 15219/2005). In seguito a tale modifica, sono soggetti legittimati ad intervenire i creditori che vantano, nei confronti del debitore, un credito risultante da un titolo esecutivo. La riforma, quindi, si è limitata a prevedere l’obbligatorietà del titolo esecutivo ma senza prevedere espressamente che quest’ultimo sia stato preventivamente notificato, condizione che, pertanto, non dovrebbe essere richiesta nemmeno in via interpretativa.

La sentenza della Corte

Alla luce di tali considerazioni, la Suprema Corte ha concluso affermando il seguente principio: “in tema di espropriazione forzata, presupposto dell’intervento dei creditori nella procedura è l’esistenza di un titolo esecutivo (costituito dal ruolo, per i crediti azionati dall’agente della riscossione), non la notificazione di esso nè la intimazione di un precetto (ovvero, per i crediti azionati dall’agente della riscossione, la notificazione della cartella di pagamento), sicchè è destituita di fondamento l’opposizione proposta dal debitore esecutato avverso l’intervento spiegato dall’agente della riscossione in una procedura espropriativa ordinaria deducendo vizi di invalidità, propria o derivata, della cartella di pagamento”.

Pertanto, ha rigettato il ricorso, condannando il ricorrente al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

(Altalex, 10 aprile 2018. Nota di Eugenio Martusciello)

 

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