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La prescrizione del credito Inps opera anche in caso di inattività processuale del contribuente avverso un atto di intimazione dell’Ente della Riscossione.

Il Tribunale di Prato, con la sentenza 16 dicembre 2020, n. 178 (testo in calce), ha espresso l’importante principio che la “prescrizione” della pretesa dell’Inps “decorre a prescindere dall’inerzia di parte ricorrente, tenuto conto del principio dell’irrinunciabilità della prescrizione”.

Ebbene, sulla base di tale argomentazione, il contribuente ha la facoltà di esercitare il proprio diritto di difesa, lamentando l’intervenuta prescrizione del credito avanzato dalla Pubblica amministrazione, anche a seguito di un successivo atto di intimazione, laddove l’interessato aveva mantenuto una condotta processualmente inattiva dinanzi alla notifica di un pregresso sollecito di pagamento.

I fatti del processo

Il contenzioso in parola scaturiva dalla notifica dell’intimazione di pagamento (ad opera dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione), avvenuta nel 2019 a fronte della quale il contribuente presentava rituale ricorso di opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.), nonché agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.).

A mente del formale sollecito, l’Ente della Riscossione imputava all’interessato il debito di circa €. 45.000,00, proveniente da due precedenti cartelle esattoriali, asseritamente notificate nel 2004 e contestualmente richiamate nella prefata intimazione.

Il ricorrente presentava dunque opposizione dinanzi al Tribunale competente (Sezione Lavoro), censurando – in primis – il vizio di rituale notificazione delle menzionate cartelle esattive (in virtù dell’art. 617 c.p.c.) e, ad ogni buon conto, eccepiva l’intervenuta prescrizione quinquennale (Cass. SS. UU. n. 23397/16).

Di contro, nella successiva memoria di costituzione, l’Ente della Riscossione da un lato versava agli atti la prova di corretta notifica delle cartelle esattoriali e dall’altro documentava la valida interruzione della prescrizione quinquennale con la prova dell’iscrizione ipotecaria avvenuta nel 2005, del pagamento parziale delle cartelle indicate (effettuato dal contribuente sempre nel 2005), nonché della notifica di un precedente atto interruttivo, risalente al 2014.

Su tale aspetto – segnatamente – il resistente rilevava (da ultimo) la tardività dell’opposizione avanzata dal contribuente per contestare la prescrizione, giacché il ricorrente avrebbe dovuto eccepire detta censura impugnando l’atto di intimazione del 2014, tuttavia alcun ricorso era stato presentato dinanzi alle sedi competenti.

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La decisione

Il Tribunale adito, “in ossequio al criterio della ragione più liquida”, accoglieva il ricorso, giacché era maturata “validamente la prescrizione […] tra l’atto di iscrizione di ipoteca legale e pagamento parziale del debito maturato dalla ricorrente e la notifica della successiva intimazione avvenuta nel 2014”.

Pertanto, prosegue il giudice nella propria motivazione, “ne deriva che non essendovi validi atti interruttivi della prescrizione tra l’aprile 2005 ed il settembre 2014, la stessa deve ritenersi, alla data del 12.04.2010, spirata” siccome “la prescrizione decorre a prescindere dall’inerzia della parte ricorrente, tenuto conto del principio di irrinunciabilità della prescrizione”.

In buona sostanza, “una volta esaurito il termine, la prescrizione ha efficacia estintiva, poiché l’Ente previdenziale creditore non può rinunziarvi, opera di diritto ed è rilevabile d’ufficio; […] né rileva l’eventuale inerzia della Cassa nel provvedere al recupero delle somme, poiché il credito contributivo ha una sua autonoma esistenza, che prescinde dalla richiesta di adempimento avanzata dell’ente previdenziale ed insorge nello stesso momento in cui si perfeziona il rapporto (o, comunque, l’attività) di lavoro, che ne costituisce il presupposto, e da cui decorre il termine prescrizionale dello stesso credito contributivo” (cfr. Cass., Sez. Lavoro, n° 21830/14, Cass., Sez. Lavoro, n° 9865/19, Cass., sez. 6, n° 15903/20).

La chiave di volta della sentenza qui in commento è costituita dal principio che il contribuente ha sempre pieno diritto di eccepire la prescrizione della pretesa erariale (impugnando il successivo atto formale di pagamento) anche nella fattispecie in cui sia rimasto inoperoso dinanzi alla corretta notifica di un precedente atto interruttivo (ad esempio intimazione di pagamento, provvedimento di iscrizione ipotecaria, atto di pignoramento, etc.).

TRIBUNALE PRATO, SENTENZA N. 178/2020 >> SCARICA IL TESTO PDF

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