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Dopo innumerevoli e inutili tentativi di far funzionare la macchina della riscossione per incassare tasse, contributi e multe arretrate, secondo la Corte dei Conti ormai giunta sull’orlo del collasso, il governo si appresta ad una nuova rivoluzione. Stabilendo per legge lo scarico automatico dei ruoli affidati all’Agenzia delle Entrate. Riscossione, che dopo cinque anni di inutili tentativi per incassarli torneranno al mittente.

A chi conviene

Di sicuro saranno guai per i Comuni e per tutti gli enti creditori che si affidano all’Agenzia, l’erario, l’Inps, l’Inail, ed in particolare per i Comuni, che spesso su quei crediti costruiscono i loro bilanci. Altrettanto sicuramente andrà un po’ meglio per i debitori, che in questo caso sono i quasi 23 milioni di italiani inseguiti da 172 milioni di cartelle esattoriali vecchie anche di vent’anni. Per come è congegnata, la riforma conviene soprattutto alla macchina della riscossione, che potrà concentrarsi sulla riscossione dei crediti effettivamente esigibili. Nella pancia dell’Agenzia i crediti da riscuotere ammontavano a fine 2022 a 1.153 miliardi di euro, ma di questi solo 114 erano considerati effettivamente esigibili dall’Agenzia. Il resto fa capo a contribuenti deceduti, nullatenenti, imprese fallite, ma tutta questa massa di crediti viene mantenuta in vita per due motivi.

Sistema paralizzato

Il primo è che rappresentano una posta attiva nel bilancio dei creditori, che dovrebbero coprire la loro cancellazione con altri fondi. Il secondo è che l’Agenzia non ce la fa proprio materialmente ad inseguire tutti i creditori con tutte le iniziative previste dalla legge per il recupero del maltolto. Se lo facesse, scrive la Corte dei Conti, sarebbe «la paralisi». Per recuperare il dovuto da circa 13 milioni di contribuenti aggredibili, servirebbero: 5 milioni di fermi amministrativi sui veicoli, altre 5 milioni di ipoteche sugli immobili, 6 milioni di pignoramenti presso i datori di lavoro o di pensione, 850 mila pignoramenti presso terzi, 13 milioni di analisi sull’anagrafe dei rapporti finanziari. Trenta milioni di atti. Impossibile, in una parola.

Condono per l’Agenzia

Per giunta le mancate azioni dell’agente della riscossione danno luogo a un contenzioso con gli enti creditori. Tanto complesso che la delega, paradossalmente, prevede una specie di «condono» pure per l’Agenzia. Per il futuro si esclude la sua responsabilità, se non per dolo o colpa grave,e si prevede una «definizione abbreviata delle controversie» e di «pagamento ridotto delle somme dovute». Lo scarico automatico dopo cinque anni dei crediti in riscossione, secondo il governo dovrebbe cambiare radicalmente le cose, con una drastica riduzione del magazzino, grazie anche al saldo e stralcio e alla rottamazione delle cartelle, appena concluse. I dati attuali sono sconfortanti: dopo dieci anni, in media, si riesce a recuperare il 15%, dopo vent’anni il 30%. E il sistema non tiene più, perché nonostante le rottamazioni, gli stralci, e le riscossioni effettive, il magazzino continua a crescere ogni anno. Nel 2022 sono stati inviati all’Agenzia 76 miliardi di nuovi crediti da incassare, quelli riscossi arrivano a 10. Poco più del 10%, quando in Francia e in Belgio si arriva al 70%, in Regno Unito, Irlanda e Norvegia al 100%.

Multe e bilanci

La procedura di restituzione agli enti del credito di cui si è tentata invano la riscossione, è talmente lunga, complicata e delicata, che di fatto oggi non viene praticata. Da domani sarà automatica. Quando i creditori, come i Comuni, si vedranno restituire il credito potranno solo cancellarlo, a meno di non trovare «nuovi e significativi elementi reddituali o patrimoniali». Solo in quel caso sarà possibile riaffidare la cartella all’Agenzia o a una società di riscossione privata. C’è da scommettere che così sarà, perché questi crediti sono essenziali per far quadrare il bilancio degli enti. In particolare dei Comuni, che spendono sulla base di entrate accertate, ma non riscosse. Sono talmente importanti che pochissimi Comuni, e per lo più piccoli, hanno accettato quest’anno il saldo e stralcio delle cartelle e la rottamazione, impedendo ai loro cittadini di aderirvi. Per il solo Comune di Roma, la manovra avrebbe determinato un buco nel bilancio di 280 milioni di euro. Siccome si stima che i crediti affidati dai Comuni all’Agenzia per la riscossione, e non ancora incassati, siano almeno pari a 20 miliardi di euro, è facile capire che i sindaci faranno di tutto per non mollarli. Anche se sono poco più che virtuali.

 

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