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Nel nuovo concordato preventivo, l’individuazione del valore di liquidazione del patrimonio del debitore, costituisce attività delicata e necessaria in quanto:

  1. elemento informativo minimo da indicare nel piano ed idoneo a legittimare la “falcidia ai creditori privilegiati;
  2. determinante, nel concordato con continuità, per definire le regole di distribuzione degli attivi in favore dei creditori, nonché
  3. funzionale alla valutazione (giudiziale) della convenienza della proposta in sede di omologazione, anche a fronte di opposizioni dei creditori.

Il valore di liquidazione quale elemento “informativo” obbligatori del piano

Ai sensi dell’art. 87 co. 1 lett. c) del Codice della crisi, il piano deve evidenziare la specifica indicazione del valore di liquidazione del patrimonio, alla data della domanda di concordato, in ipotesi di liquidazione giudiziale.

Tale elemento – assieme all’ulteriore supplemento d’informativa in ordine al valore delle azioni revocatoria e risarcitorie “potenziale” esperibili in caso di (sola) liquidazione giudiziale (successiva lett. h) – è volto a dare indicazioni sull’aspettativa di recovery dei creditori nell’alternativo scenario della liquidazione giudiziale.

Il valore di liquidazione quale parametro per la falcidia dei creditori privilegiati

Nel concordato preventivo, la falcidia (degradazione a chirografo) dei creditori privilegiati è giuridicamente fattibile nei (soli) limiti del valore prognostico di liquidazione “netto” dei beni sui quali può essere esercitato il privilegio.

L’art. 84 co. 5 del Codice della crisi, in particolare, precisa che i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca (relativamente ai propri crediti) “possono essere soddisfatti anche non integralmente, purché in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione, dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione, al netto del presumibile ammontare delle spese di procedura inerenti al bene o diritto e della quota parte delle spese generali, attestato da un professionista indipendente” (c.d. perizia di degrado).

Tale principio trova applicazione anche per la (proposta di) falcidia dei debiti nei confronti dei creditori fiscali e previdenziali: ai sensi e per gli effetti dell’art. 88, co. 1 “(…) il debitore, esclusivamente mediante proposta presentata ai sensi del presente articolo, può proporre il pagamento, parziale o anche dilazionato, dei tributi e dei relativi accessori amministrati dalle agenzie fiscali, nonché dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza, assistenza e assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti obbligatorie e dei relativi accessori, se il piano ne prevede la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali sussiste la causa di prelazione, indicato nella relazione di un professionista indipendente.

Il valore di liquidazione quale criterio distributivo dell’attivo nel concordato con continuità

L’art. 84 co. 6 del Codice della Crisi, inoltre, prevede (sempre a pena di inammissibilità) che:

  1. il valore di liquidazione dell’impresa deve essere distribuito nel pieno rispetto delle cause legittime di prelazione, cioè secondo la regola della priorità assoluta (absolute priority rule), che impedisce la soddisfazione del creditore di rango inferiore se non vi è stata la piena soddisfazione del credito di grado superiore;
  2. il valore eccedente quello di liquidazione (c.d. plusvalore da continuità) può essere distribuito osservando il criterio della priorità relativa (relative priority rule), secondo cui è sufficiente che i crediti di una classe siano pagati in ugual misura rispetto alle classi di pari grado e in misura maggiore rispetto alla classe di rango inferiore (deroga, tuttavia, non operante per i crediti privilegiati ex art. 2751 bis c.c. dei lavoratori subordinati per i quali trova applicazione sempre la regola della priorità assoluta).

Determinazione del valore di liquidazione

In assenza di indicazione di legge sulla sua determinazione, emergente giurisprudenza:

– in sede di concordato preventivo con continuità, ha ritenuto applicabile l’art. 214 del Codice della crisi, in tema di liquidazione giudiziale, secondo cui la liquidazione dei singoli beni è disposta quando risulta prevedibile che la vendita dell’intero complesso aziendale, di suoi rami, di beni o rapporti giuridici individuabili in blocco non consenta una maggiore soddisfazione, con la conseguenza che il valore di liquidazione deve essere individuato, anzitutto, come “valore di cessione dell’azienda o di singoli rami, in mancanza del quale dovranno essere spiegate le ragioni dell’impossibilità di cedere l’azienda nel suo complesso o per singoli rami” (Trib. Lucca 20.1.2023);

– ai fini della falcidia dei creditori privilegiati, ha ritenuto necessario includere nel valore di liquidazione anche il possibile ricavato delle azioni revocatorie (Trib. Verona 10.7.2023), in coerenza con l’orientamento di legittimità sul contenuto della (vecchia) perizia di degrado ex art. 160, co. 2, legge fallimentare, da estendersi (anche) a “le valutazioni in ordine alla possibilità di esperire le azioni risarcitorie o revocatorie, necessarie per la corretta quantificazione e valutazione del possibile attivo ricavabile in sede di liquidazione e per l’adeguatezza delle informazioni fornite ai creditori al fine di consentire loro di decidere la posizione da assumere verso la proposta” (Cass. 15.6.2023 n. 17106).

Il valore di liquidazione quale elemento per la valutazione giudiziale della convenienza del concordato

Il valore di liquidazione giudiziale rappresenta, altresì, il parametro che il tribunale deve valutare per l’omologazione del concordato, in presenza di dissenso dei creditori, ai sensi dell’art. 112 del Codice della crisi.

In particolare:

– con riguardo al concordato con continuità:

  • ai sensi del co. 2, se una o più classi sono dissenzienti, il tribunale, su richiesta del debitore o con il consenso del debitore in caso di proposte concorrenti, omologa altresì se ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni: a) il valore di liquidazione è distribuito nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione; b) il valore eccedente quello di liquidazione è distribuito in modo tale che i crediti inclusi nelle classi dissenzienti ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore, fermo restando quanto previsto dall’art. 84, co. 7; c) nessun creditore riceve più dell’importo del proprio credito; d) la proposta è approvata dalla maggioranza delle classi, purche’ almeno una sia formata da creditori titolari di diritti di prelazione, oppure, in mancanza, la proposta è approvata da almeno una classe di creditori che sarebbero almeno parzialmente soddisfatti rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione.
  • ai sensi del co. 3, se con l’opposizione un creditore dissenziente eccepisce il difetto di convenienza della proposta, il tribunale omologa il concordato quando, secondo la proposta e il piano, il credito risulta soddisfatto in misura non inferiore rispetto alla liquidazione giudiziale.

– con riguardo alle altre fattispecie di concordato, ai sensi del co. 5, se un creditore dissenziente appartenente a una classe dissenziente ovvero, nell’ipotesi di mancata formazione delle classi, i creditori dissenzienti che rappresentano il 20 per cento dei crediti ammessi al voto, contestano la convenienza della proposta, il tribunale può omologare il concordato qualora ritenga che il credito possa risultare soddisfatto dal concordato in misura non inferiore rispetto alla liquidazione giudiziale.

 

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