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Con l’ordinanza n. 31694/2018, pubblicata il 7 dicembre scorso, la Corte di Cassazione si è nuovamente pronunciata in merito alle modalità di introduzione del giudizio di merito nel termine fissato dal Giudice dell’esecuzione una volta conclusa la fase sommaria del giudizio di opposizione agli atti esecutivi, ribadendo la necessità della forma dell’atto introduttivo richiesto nel rito con cui l’opposizione deve essere trattata.

IL CASO: La vicenda approdata in Cassazione nasce dall’esecuzione presso terzi promossa da un legale avente ad oggetto il pagamento dell’imposta di registro relativa ad un’ordinanza di assegnazione emessa al termine di una procedura esecutiva promossa contro lo stesso debitore in virtù di una sentenza emessa dal giudice del lavoro con la quale le spese legali erano state liquidate in favore del legale della parte quale distrattario.

L’esecuzione veniva dichiarata improcedibile.

Avverso l’ordinanza di improcedibilità, il legale proponeva opposizione ex articolo 617 c.p.c., che veniva accolta dal Tribunale. La debitrice interponeva, pertanto, ricorso per Cassazione deducendo fra l’altro l’inammissibilità dell’opposizione in quanto l’opponente, all’esito della fase sommaria, non aveva instaurato il giudizio di merito nel termine perentorio fissato dal Giudice dell’esecuzione.

Il giudizio di merito era stata introdotto con ricorso anzichè con citazione e il ricorso era stato depositato nel termine fissato dal giudice, mentre la notifica era stata eseguita oltre il suddetto termine. Secondo il ricorrente in Cassazione il giudizio di opposizione si sarebbe dovuto svolgere secondo il rito ordinario e non secondo il rito del lavoro.

LA DECISIONE: Gli Ermellini hanno ritenuto fondato il motivo del ricorso dichiarando la nullità della sentenza impugnata, evidenziando che, come affermato in modo costante dalla giurisprudenza di legittimità, “Il credito azionato “in executivis” dal difensore del lavoratore munito di procura nella sua veste di distrattario delle spese di lite, ancorchè consacrato in un provvedimento del giudice del lavoro, non condivide la natura dell’eventuale credito fatto valere in giudizio, cui semplicemente accede, ma ha natura ordinaria, corrispondendo ad un diritto autonomo del difensore, che sorge direttamente in suo favore e nei confronti della parte dichiarata soccombente; conseguentemente, non opera con riferimento al detto credito la competenza per materia del giudice del lavoro, prevista per l’opposizione all’esecuzione dall’art. 618-bis c.p.c.”.

Poichè nella fattispecie esaminata, il giudizio di merito è stato introdotto con ricorso anzichè con citazione, hanno continuato i Giudici della Suprema Corte di Cassazione, l’opponente al fine di rispettare il termine perentorio fissato dal giudice dell’esecuzione, avrebbe dovuto nel suddetto termine non solo depositare il ricorso, ma anche notificarlo, trovando applicazione il principio di diritto secondo il quale: “a norma dell’art. 618 c.p.c., comma 2 – nel testo sostituito dalla L. 24 febbraio 2006 n. 52, art. 15 -, l’introduzione del giudizio di merito nel termine perentorio fissato dal giudice dell’esecuzione, all’esito dell’esaurimento della fase sommaria di cui al comma 1 della indicata disposizione, deve avvenire, analogamente a quanto previsto dall’art. 616 c.p.c., con la forma dell’atto introduttivo richiesta nel rito con cui l’opposizione deve essere trattata, quanto alla fase di cognizione piena; pertanto, se la causa è soggetta al rito ordinario, il giudizio di merito va introdotto con citazione, da notificare alla controparte entro il termine perentorio fissato dal giudice”.

Allegato:

Cassazione civile Sez. VI – 3 Ordinanza n. 31694 del 07/12/2018

 

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