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Una struttura coperta, chiusa su quattro lati, su una superficie di 64,92 metri quadrati e con un volume di 200,63 metri cubi, non consente la riconducibilità della fattispecie al c.d. terzo condono edilizio in presenza di vincolo paesaggistico ed idrogeologico.

Ottenere un condono edilizio, in particolare il terzo, è veramente difficile soprattutto se siamo in zona vincolata, dove il perimetro della legge deputata alla ‘terza’ sanatoria straordinaria della storia italiana (primo nel 1985, secondo nel 1994), il decreto-legge 269/2003, è talmente stretto che solamente opere di restauro, risanamento o manutenzione straordinaria possono rientrarvi.

 

Veranda abusiva in zona vincolata: è possibile ottenere il condono edilizio?

Per questo motivo, una grande veranda abusiva chiusa su 4 lati, per la quale è stata avanzata istanza di condono ex art.32 DL 2689/2003 ‘non ce la può fare’: il Consiglio di Stato, nella sentenza 785/2024 del 25 gennaio conferma quanto statuito dal TAR e prima disposto dal comune, cioè il respingimento della richiesta.

Ma perché?

Il TAR Lombardia ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti, ritenendo:

  • che l’intervento di che trattasi è consistito nella realizzazione di un’autonoma struttura, chiusa su 4 lati e riscaldata, contigua al ristorante, per cui si tratta di una nuova opera e non di un mero ampliamento di quella esistente;
  • che per giurisprudenza costante, la realizzazione di una veranda, chiusa sui lati, costituisce una trasformazione urbanistico-edilizia del preesistente manufatto, che in quanto idonea a modificarne la sagoma e creare nuovo volume, non può formare oggetto di condono;
  • che il preavviso di rigetto ex art. 10 bis L. n. 241/90, espressamente richiamato dal provvedimento impugnato, ha evidenziato che la zona di che trattasi è soggetta a vincolo paesaggistico, non potendosi pertanto sanare l’intervento di che trattasi, come previsto dal c. 27 lett. d) art. 32 D.L. 269/2003, secondo cui le opere abusive non sono suscettibili di sanatoria, qualora siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali, a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio, e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici;
  • che la giurisprudenza successiva a quella invocata dalla ricorrente, ha ritenuto che il condono edilizio di opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli è ammissibile esclusivamente agli interventi di minore rilevanza indicati ai numeri 4, 5 e 6 dell’allegato 1 del cit. D.L. 30.9.2003, n. 269 (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria), non essendo in alcun modo suscettibili di sanatoria le opere abusive se, come avvenuto nel caso di specie, l’area è sottoposta a vincolo di inedificabilità relativa.

 

Il ricorso: se fosse ampliamento della costruzione originaria? Condono comunque impossibile

I ricorrenti sostengono che nel caso di specie si tratterebbe di un ampliamento della costruzione originaria (in misura di mc. 200,63 e quindi ampiamente contenuto nel limite dimensionale di mc. 500, come emergerebbe dalla documentazione fotografica allegata all’istanza di condono), e posto che lo stesso provvedimento di diniego avrebbe fatto espresso riferimento alla “realizzazione di un nuovo volume in ampliamento all’esercizio commerciale”, censurano l’erroneità della valutazione operata dal Giudice che – richiamando la giurisprudenza secondo cui il tamponamento di un manufatto con funzione meramente accessoria (veranda, tettoia ecc.) costituisce una trasformazione urbanistico-edilizia del preesistente manufatto che in quanto idonea a modificarne la sagoma e creare nuovo volume, non può formare oggetto di condono – escludeva che l’intervento in esame rientrerebbe fra gli “ampliamenti” ammessi a condono, aveva qualificato il risultato come “nuova costruzione”, comportando la creazione di nuovi volumi o superfici utili.

Per Palazzo Spada non cambierebbe nulla, in quanto oltre al DL 269/2003 anche l’art. 2 della legge regionale n. 31/2004 esclude dal condono “le opere abusive relative a nuove costruzioni, residenziali e non, qualora realizzate in assenza del titolo abilitativo edilizio e non conformi agli strumenti urbanistici generali vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge”. 

E’ vero che – prosegue la norma – “L’esclusione non opera per le strutture pertinenziali degli edifici prive di funzionalità autonoma”, ma l’intervento in questione, per cui è causa, stante le dimensioni e la natura, non rientra nel concetto di struttura pertinenziale.

 

Terzo Condono edilizio: sanatoria straordinaria in zona vincolata solo per gli interventi minori

Il condono edilizio di opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli è applicabile esclusivamente agli interventi di minore rilevanza indicati ai numeri 4, 5 e 6 dell’allegato 1 della legge 326/2003 (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria) e previo parere favorevole dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo.

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Non siamo in presenza di una pertinenza: ecco perché

Infatti, per giurisprudenza costante, non può ritenersi meramente pertinenziale un abuso che occupa un’area diversa e ulteriore rispetto a quella già occupata dal preesistente edificio principale.

In materia edilizia, infatti, la natura pertinenziale è riferibile soltanto ad opere di modesta entità ed accessorie rispetto a quella principale, quali i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici e simili ma non anche a opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto a quella considerata principale e non siano coessenziali alla stessa.

 

Opera di nuova costruzione in zona vincolata: terzo condono off limits

La dimensione e la consistenza dell’opera realizzata (struttura coperta, chiusa su quattro lati, su una superficie di 64,92 mq e con un volume di mc. 200,63), che è stata correttamente inquadrata dal Giudice di prime cure quale nuova costruzione, non consente la riconducibilità della fattispecie al c.d. terzo condono in presenza di vincolo paesaggistico ed idrogeologico e, contrariamente alla tesi della parte appellante, non può nemmeno essere sanato previa l’acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica di cui all’art. 146 d.lgs. 42/2004.

 

Il Terzo condono fissa limiti più stringenti dei primi due: le corrdinate

Infatti, l’applicabilità del terzo condono in riferimento alle opere realizzate in zona vincolata è limitata alle sole opere di restauro e risanamento conservativo o di manutenzione straordinaria, su immobili già esistenti, se e in quanto conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.

In giurisprudenza si rileva con riferimento al c.d. “terzo condono“, che l’art. 32 del DL 269/2003, convertito con modificazioni dalla legge 326/2003, fissa limiti più stringenti rispetto ai precedenti “primo” e “secondo” condono (leggi nn. 47/1985 e 724/1994), escludendo la possibilità di conseguire il condono nelle zone sottoposte a vincolo paesaggistico qualora sussistano congiuntamente due condizioni ostative:

  • a) il vincolo di inedificabilità sia preesistente all’esecuzione delle opere abusive;
  • b) le opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo non siano conformi alle norme e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici. In tal caso l’incondonabilità non è superabile nemmeno con il parere positivo dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo.

Palazzo Spada richiama, sul tema, alcuni passaggi di sentenze significative dello stesso Consiglio di Stato:

  • la n. 4619/2013, ove si evidenzia che il DL 269/2003, con riguardo ai vincoli ivi indicati (tra cui quelli a protezione dei beni paesistici, ma anche quello idrogeologico), preclude la sanatoria sulla base della anteriorità del vincolo senza la previsione procedimentale di alcun parere dell’Autorità ad esso preposta, con ciò collocando l’abuso nella categoria delle opere non suscettibili di sanatoria;
  • le nn. 4373/2009 e 5467/2008, ove si legge che “sebbene la presenza di un vincolo idrogeologico non comporti l’inedificabilità assoluta dell’area, la sua presenza impone ai proprietari l’obbligo di conseguire, prima della realizzazione dell’intervento, il rilascio di apposita autorizzazione da parte della competente amministrazione, in aggiunta al titolo abilitativo edilizio”;
  • la n. 6662/2012, dedicata al momento temporale dell’apposizione del vincolo, ove si chiarisce che le opere soggette a vincolo idrogeologico non sono condonabili ove siano in contrasto con il suddetto vincolo, anche se questo sia stato apposto successivamente alla presentazione dell’istanza di condono.

In definitiva, essendo l’applicabilità del condono in oggetto limitata alle sole opere di restauro e risanamento conservativo o di manutenzione straordinaria, su immobili già esistenti – fattispecie che non sussiste nel caso concreto ove si tratta della realizzazione di una nuova struttura coperta, chiusa su quattro lati – è del tutto irrilevante, con riferimento al vincolo paesaggistico esistente sull’immobile, la distinzione tra inedificabilità assoluta e relativa.


LA SENTENZA INTEGRALE E’ SCARICABILE IN ALLEGATO PREVIA REGISTRAZIONE AL PORTALE

 

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