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Nel giudizio di opposizione allo stato passivo, la mancata comparizione alle udienze da parte dell’opponente, regolarmente costituitosi, non comporta la dichiarazione di improcedibilità del giudizio, come avviene, invece nel giudizio di appello.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 21991/2021, pubblicata il 30 luglio 2021.

IL CASO: Nell’ambito di una procedura fallimentare, una società proponeva opposizione allo stato passivo. Dopo essersi regolarmente costituita, la società opponente non partecipava alle prime due udienze e il Tribunale dichiarava l’opposizione improcedibile. Avverso il provvedimento del Tribunale, la opponente interponeva ricorso per Cassazione denunciando con un unico motivo l’erronea applicazione dell’art. 348 c.p.c. al giudizio di opposizione allo stato passivo previsto dall’art. 98 della legge fallimentare evidenziando che la fattispecie prevista dall’art. 348 c.p.c., è diversa da quella relativa all’opposizione allo stato passivo.

LA DECISIONE: La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il motivo del ricorso e nell’accoglierlo con rinvio della causa al Tribunale di provenienza ha richiamato l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale l’opposizione allo stato passivo, regolata dagli artt. 98 e 99 della legge fallimentare anche se ha natura impugnatoria, non è equiparabile al giudizio d’appello. Pertanto, hanno continuato i giudici di legittimità, ad esso non si applicano le norme dettate per il procedimento di gravame e la mancata comparizione della parte opponente, tempestivamente costituitasi, in un’udienza successiva alla prima, non può dar luogo a pronuncia di improcedibilità dell’opposizione (Cass., n. 1342/16; n. 6623/10).

Gli Ermellini hanno osservato che:

– dall’art. 99 della legge fallimentare emerge chiaramente che l’opposizione allo stato passivo non è configurata come appello al provvedimento del giudice delegato, atteso che detta norma prevede che la sentenza del Tribunale, che decide sulla opposizione, può essere appellata nel termine di quindici giorni e che quella della Corte d’Appello, che decide sul gravame, può essere, a sua volta, impugnata con ricorso per cassazione nel termine di trenta giorni;

– a parte le deroghe previste dagli artt. 98 e 99 della legge fallimentare, che per questo debbono essere considerate norme di carattere eccezionale e, come tali, non suscettibili di interpretazione analogica, il giudizio di opposizione alla esecuzione è regolato dalle norme del codice di rito che disciplinano il giudizio di primo grado;

– tra le norme del codice di procedura civile, che non possono essere ritenute derogate dagli artt. 98 e 99 della legge fallimentare, in quanto non contengono alcuna disposizione specifica che lo consenta, vanno considerate:

– il primo comma dell’art. 181 secondo il quale se nessuna delle parti compare nella prima udienza, il giudice fissa una udienza successiva, di cui il cancelliere da comunicazione alle parti costituite. Se nessuna delle parti compare alla nuova udienza, il giudice, con ordinanza non impugnabile, dispone la cancellazione della causa dal ruolo;

– l’art. 307 c.p.c. laddove dispone che, nella ipotesi in cui sia stata ordinata la cancellazione della causa, il processo deve essere riassunto davanti allo stesso giudice nel termine perentorio di un anno dalla data del provvedimento di cancellazione, che, se non si provveda in tal senso, il processo si estingue, che l’estinzione opera di diritto, ma che deve essere eccepita dalla parte interessata prima di ogni sua difesa.

Allegato:

Cassazione civile ordinanza n.21991 2021

 

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