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La Suprema Corte di Cassazione – con le sentenze n. 29174 e n. 29179 del 6 dicembre 2017 – torna ad esprimersi sull’ammissibilità, nel giudizio ordinario, dell’impugnazione dell’estratto di ruolo al fine di far valere l’intervenuta prescrizione delle cartelle di pagamento, seppur regolarmente notificate e non impugnate nel rispettivo termine.

Secondo la Corte di legittimità nel caso in cui il concessionario provi in giudizio la regolare notifica delle cartelle impugnate tramite l’estratto di ruolo successivamente acquisito presso gli sportelli dell’Agente della riscossione, i Giudici di merito devono comunque sottoporre al vaglio l’eccezione di prescrizione, cioè verificare se dopo la notifica della cartella esattoriale (regolarmente notificata) sia nuovamente decorso il termine di prescrizione quinquennale.

La pronuncia prende spunto dal principio di diritto espresso dalla chiarificatrice sentenza a Sezioni Unite n. 23397 del 17 novembre 2016, secondo cui “la scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui all’art. 24, comma 3, del d.lgs. n. 46 del 1999, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo l’art. 3, commi 9 e 10, della 1. n. 333 del 1993) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2933 c.c.. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato”.

La ratio decidendi delle sentenze citate riprende e rimarca inoltre il principio già espresso dalla Cassazione con la sentenza n. 10809 del 5 maggio 2017.

Inoltre, tali recenti pronunce risolvono la “disarmonia” che si era creata nell’ambito della giurisprudenza del merito civile e, in particolare, nell’interpretazione e nell’applicazione delle norme di riferimento sull’impugnabilità dell’estratto di ruolo nel processo civile rispetto al processo tributario.

Vuoi leggere il testo integrale delle sentenze in commento? Il link è disponibile alla fine dell’articolo.

Impugnazione estratto di ruolo: differenza tra giudizio ordinario e giudizio tributario

Nel giudizio tributario, l’impugnazione dell’estratto di ruolo è ammissibile solo qualora “la cartella non sia stata (validamente) notificata e della quale il contribuente sia venuto a conoscenza attraverso l’estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal Concessionario della Riscossione” (cfr. Cass. n. 1302 del 19 gennaio 2018; Cass. n. 22946 del 10 novembre 2016; Cass. SS.UU. n. 19704 del 2 ottobre 2015).

Al contrario, nel giudizio ordinario, l’opposizione avverso l’estratto di ruolo è sempre ammissibile, senza limiti di tempo, ai sensi dell’art. 615, comma 1, c.p.c., innanzi al Giudice competente per materia e valore (cfr. Cass. n. 9180 del 20 aprile 2006), al fine di contestare la sussistenza di fatti sopravvenuti alla formazione del titolo che estinguono l’obbligazione di pagamento (ad esempio, la prescrizione), intervenuti dopo l’emissione della cartella regolarmente notificata e non impugnata nei termini di legge.

Quindi, al debitore è sempre consentito contestare il diritto del creditore (e per esso dell’incaricato della riscossione) a procedere all’esecuzione coattiva nei suoi confronti, eccependo la prescrizione successiva alla formazione e notifica del titolo esecutivo, riguardanti obbligazioni extratributarie, quali sanzioni amministrative, contributi previdenziali, ecc..

Soccorre in tal caso l’ordinario rimedio dell’opposizione all’esecuzione avente ad oggetto l’accertamento del diritto di procedere in executivis tramite il quale la pretesa esecutiva fatta valere dal creditore ben può essere neutralizzata con la deduzione di fatti modificativi o estintivi del rapporto sostanziale.

Infatti, dopo la notifica della cartella di pagamento (che, per legge, concentra in sé il titolo esecutivo – ovvero il ruolo – e l’atto di precetto) e prima dell’inizio del procedimento esecutivo, qualora si contesti ed eccepisce il diritto dell’Agente della Riscossione a procedere ad esecuzione forzata per la sussistenza di fatti impeditivi o meglio estintivi del titolo esecutivo e quindi della pretesa azionata, l’impugnazione dell’estratto di ruolo è correttamente qualificata in quella di cui all’art. 615, comma 1, c.p.c. (cfr. Cass. n. 15741 del 13 dicembre 2001; Cass. n. 10711 del 3 agosto 2001; Cass. n. 3450 del 9 marzo 2001).

Interesse ad agire ex art 100 cpc

L’opposizione così proposta, in conformità ai principi generali sull’interesse ad agire – i quali ammettono un’azione di accertamento negativo contro un atto della P.A. da cui derivano, in base al principio di legalità, indefettibili conseguenza sanzionatorie – deve ritenersi ammissibile, posto che la notifica delle cartelle esattoriali è sufficiente a far sorgere l’interesse ad agire (cfr. Cass. n. 29175 del 6 dicembre 2017).

A nulla rilevano, quindi, le considerazioni espresse dalla Suprema Corte con la sentenza n. 22946 del 10 novembre 2016, relative all’inammissibilità dell’impugnazione autonoma del ruolo in assenza di esecuzione, nonché della sola possibilità di una preventiva “istanza di sgravio” volta all’eliminazione del credito in autotutela, poiché l’istanza in autotutela non è assolutamente prevista quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

Ipotizzare, infatti, la sussistenza a carico del contribuente dell’onere di richiedere lo “sgravio” costituirebbe una limitazione del diritto alla tutela giurisdizionale sancito dall’art. 24 della Costituzione.

Pertanto – considerato che il potere di iscrizione a ruolo non subisce alcuna interdizione quanto è stato impugnato in giudizio un autonomo credito iscritto a ruolo e portato a conoscenza della parte debitrice, in quanto la legge riferisce il divieto di proseguire nell’azione esecutiva soltanto all’impugnazione dell’accertamento che sta a monte e non già dell’atto esecutivo che sta a valle (cfr. Cass. n. 30002 del 13 dicembre 2017) – la successiva impugnazione delle singole cartelle di pagamento tramite l’estratto di ruolo richiesto al Concessionario della Riscossione non ha la finalità di aggirare l’applicazione dei termini di impugnazione, ma il chiaro scopo di far accertare fatti estintivi del credito verificatisi in epoca successiva alla notifica della cartella stessa, così come previsto dalla normativa di riferimento nel processo ordinario.

Ecco il testo integrale delle sentenze commentate

(per aprirle basta cliccare sulla sentenza)

Cass. n. 10809 del 4 maggio 2017

Cass. n. 29179 del 6 dicembre 2017

Cass. n. 29174 del 6 dicembre 2017



 

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