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L’espressione “prelievo forzoso”, come suggerisce il nome, fa riferimento alla possibilità da parte dello Stato di prelevare soldi dai conti correnti dei contribuenti contro la loro volontà. Nella storia recente della Repubblica italiana il prelievo forzoso più famoso è stato quello approvato a luglio 1992 dal governo tecnico di Giuliano Amato, che per salvaguardare i conti pubblici introdusse con un decreto-legge un’«imposta straordinaria» su tutti i conti correnti, con un prelievo pari al 6 per mille del valore depositato sui conti.

Il disegno di legge delega per la riforma fiscale, presentato a marzo in Parlamento dal governo Meloni, è stato approvato il 12 luglio dalla Camera. Ora il testo è all’esame del Senato. Ricordiamo che un disegno di legge delega traccia i principi generali entro cui il governo dovrà poi operare per riformare in concreto il fisco attraverso i decreti legislativi. Chiariamo subito che nella riforma del fisco del governo Meloni non c’è un provvedimento simile a quello approvato oltre trent’anni fa dal governo Amato. 

Con tutta probabilità, quando parla di «prelievo forzoso dai conti correnti», Renzi fa riferimento all’articolo 16 del disegno di legge delega, che stabilisce i principi che il governo dovrà seguire per la «revisione del sistema nazionale della riscossione». Tra le altre cose il governo avrà la possibilità di «potenziare l’attività di riscossione coattiva dell’agente della riscossione» – specifica la lettera d), punto 3 del comma 1 dell’articolo – attraverso «la razionalizzazione e l’automazione della procedura di pignoramento dei rapporti finanziari». In genere l’espressione “pignoramento” fa riferimento alla procedura con cui, su ordine di un giudice, viene disposta l’espropriazione forzata di un bene di un cittadino che ha un debito e non riesce a ripagarlo. Nel caso della riforma fiscale si sta parlando dei soldi sui conti correnti dei contribuenti che hanno pendenze con il fisco, per esempio per imposte non pagate. In audizione alla Camera la proposta è stata accolta con un giudizio positivo dall’Associazione bancaria italiana (Abi). 

Nella relazione tecnica che ha accompagnato il disegno di legge presentato in Parlamento, si legge che l’obiettivo di questa misura, insieme alle altre contenute nell’articolo 16, è quello snellire il procedimento di riscossione e di ridurne le tempistiche, favorendo così l’incasso anticipato dei crediti. «Ne potranno derivare, in termini finanziari, effettivi positivi, in via prudenziale non stimati», sottolinea però la relazione. 

Ribadiamo che al momento non c’è ancora nulla di operativo e che il pignoramento sarebbe comunque l’ultimo dei vari passaggi con cui lo Stato cerca di riscuotere quanto dovuto. Ora la riforma è all’esame del Senato, che con tutta probabilità modificherà il testo per poi rimandarlo alla Camera per l’approvazione definitiva. In seguito il governo Meloni avrà due anni di tempo per approvare i decreti legislativi e dettagliare come funzionerebbe un eventuale pignoramento automatico sui conti correnti dei contribuenti non in regola con il fisco.

Alla Camera il disegno di legge per la riforma del fisco è stato approvato, oltre che con i voti dei partiti al governo, anche con quelli del gruppo parlamentare di Italia Viva e Azione. Il 19 luglio, in un’intervista con Il Riformista, quotidiano diretto dallo stesso Renzi, il deputato di Italia Viva Luigi Marattin ha definito la misura del pignoramento automatico «indubbiamente severa, ma giusta». Lo stesso giorno Marattin ha commentato su Twitter la dichiarazione di Renzi, che presenterà un emendamento in Commissione Finanze del Senato per cancellare il pignoramento automatico, parlando di una «provocazione» al governo.



 

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