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La nota affronta il tema della qualificazione come spese processuali degli oneri condominiali relativi ad un bene immobile oggetto di espropriazione singolare, maturati dopo il pignoramento; e dà risposta positiva al quesito se tali spese debbano essere anticipate e pagate dal custode o dal creditore procedente, per poi essere loro rimborsate in prededuzione con la distribuzione del ricavato della liquidazione forzata. Così si commenta la sentenza Cass., 22-6-2016, n. 12877, che ha ritenuto essere spese per atti necessari del processo solo quelle strumentali alla conservazione dell’integrità materiale dell’immobile pignorato.

 Le spese necessarie alla conservazione stessa dell’immobile, indissolubilmente finalizzate al mantenimento in fisica e giuridica esistenza dell’immobile pignorato (con esclusione, quindi, delle spese che non abbiano un’immediata funzione conservativa dell’integrità del bene, quali le spese dirette alla manutenzione ordinaria o straordinaria o gli oneri di gestione condominiale) in quanto strumentali al perseguimento del risultato fisiologico della procedura di espropriazione forzata, essendo intese ad evitarne la chiusura anticipata, sono comprese tra le spese «per atti necessari al processo» che, ai sensi dell’art. 8 d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, sono anticipate dal creditore procedente per essere poi rimborsate come spese privilegiate ex art. 2770 c.c.

Sul tema della qualificazione come spese processuali degli oneri condominiali relativi ad un bene immobile oggetto di espropriazione singolare, maturati dopo il pignoramento, Davide Amadei, avvocato e professore esperto della materia, ha pubblicato un’ampia riflessione prendendo spunto da quanto statuito dalla Suprema Corte (Corte di Cassazione, Sez. III civ., 22 giugno 2016, n. 12877).

L’articolo è ripreso dalla ”Rivista dell’esecuzione forzata”, la testata edita da UTET Giuridica dedicata alle procedure esecutive (Ultimo sommario e numero omaggio disponibili qui)

Questo il sommario dell’estratto che riportiamo integralmente:

Sommario: 

1. La questione controversa affrontata dalla Corte di Cassazione. 

2. Oggetto della custodia e pagamento delle spese condominiali. 

3. Estensione analogica della prededuzione prevista in sede concorsuale. 

4. Qualificazione degli oneri condominiali come spese processuali. 

5. Valutazioni di opportunità e considerazioni conclusive.

1. La questione controversa affrontata dalla Corte di Cassazione.

Nei procedimenti di espropriazione immobiliare si pone con insistenza la questione della possibilità di considerare gli oneri condominiali, relativi al bene pignorato, come spese processuali, da anticipare a cura del custode o del creditore procedente, oppure da detrarre o prededurre in sede di distribuzione del ricavato della liquidazione forzata.

Dopo molti anni di silenzio, anche a seguito delle riforme degli ultimi anni in tema di esecuzione forzata e di condominio, la Corte di Cassazione, con la sentenza che si annota, ha preso posizione in proposito.

La Suprema Corte riconosce che sono spese prededucibili, sia se sostenute dal custode sia se anticipate dal creditore procedente, quelle necessarie al mantenimento in esistenza del bene pignorato, attinenti alla sua struttura o intese ad evitarne il crollo o il perimento; da tale nozione esclude invece le spese che non abbiano un’immediata funzione conservativa dell’integrità del bene, e dunque dirette alla manutenzione ordinaria o straordinaria, e tra queste le spese condominiali.

In funzione di questa affermazione, riconduce il tema alla disciplina dell’anticipazione delle spese processuali, che, in forza dell’art. 8, d.p.r. 115/2002, ricomprendono quelle per gli atti necessari al processo; tali sono, però, secondo la Corte, solo quelle che servono ad evitare la perdita fisica del bene (anche per scongiurare l’applicazione del nuovo art. 164-bis disp. att. c.p.c. con la chiusura per infruttuosità della procedura), dovendosi invece escludere le spese per manutenzione ordinaria o straordinaria ed in particolare quelle per oneri condominiali, che restano a carico del debitore esecutato.

In ordine a queste ultime, si deve notare che l’affermazione della Corte di Cassazione è soltanto un obiter dictum, poiché il caso di specie era relativo a riparazioni urgenti strettamente necessarie ad evitare la rovina del bene, e non agli oneri condominiali in quanto tali; ma è proprio questo obiter a destare il maggior interesse, anche perché ogniqualvolta (o quasi) sia pignorato un immobile facente parte di un edificio in regime di condominio emerge l’inadempimento del debitore esecutato all’obbligo di pagamento relativo; e sono dunque milioni, in tutta Italia, i soggetti interessati, i condomini che possono essere costretti a pagare più di quanto loro compete per supplire al mancato introito delle somme dovute dall’esecutato inadempiente.

La sentenza, tra l’altro, si pone in contrasto con un lontano precedente di legittimità, ma anche con pronunce di merito che hanno affermato la necessità di versare al condominio le spese relative all’immobile pignorato, da parte del custode o del creditore procedente; non pare coerente, poi, con i principi affermati dalla stessa Corte di Cassazione sul ruolo e sui poteri del custode giudiziale; aderisce peraltro alle affermazioni di gran parte della dottrina che ha preso posizione sul punto, sia pure con brevi cenni e spesso superficialmente.

A ben vedere il tema coinvolge istituti che, per il funzionamento dell’espropriazione immobiliare, sono fondamentali, quali la custodia in vista della liquidazione, soprattutto dopo la riforma del 2005-2006, ed il regolamento delle spese processuali con riguardo al creditore procedente.

2. Oggetto della custodia e pagamento delle spese condominiali.

Occorre fissare alcuni punti di partenza, relativi al ruolo del custode ed all’oggetto del pignoramento[1].

Innanzitutto, nel momento in cui è eseguito un pignoramento è anche individuato un custode del bene o diritto pignorato. Così, nell’ambito della disciplina dell’espropriazione di immobili, l’art. 560, 5° co., c.p.c. dispone che il custode provvede «all’amministrazione e alla gestione dell’immobile pignorato»; e la stessa regola, più in generale, è prevista nell’art. 65 c.p.c., in forza del quale al custode sono affidate «la conservazione e la amministrazione dei beni pignorati».

In secondo luogo, quanto all’oggetto del pignoramento, deve ritenersi pacifico che, se il bene pignorato è di proprietà esclusiva dell’esecutato ma partecipa ad un condominio, l’espropriazione ricomprende anche le parti comuni condominiali[2], che di per sé per diritto sostanziale sono inseparabili (cfr. artt. 1118 e 1119 c.c.), e che ex art. 2919 c.c. saranno trasferite all’acquirente in vendita forzata.

Nell’ambito di ciò che il custode è chiamato a custodire stanno quindi, oltre all’immobile pignorato in quanto tale, anche pro quota le parti comuni dell’edificio in cui il bene è posto in condominio, dal momento che poi anche quelle insieme a questo saranno oggetto di vendita o assegnazione forzata.


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Dunque, nella funzione del custode, di gestione, conservazione ed amministrazione dell’immobile pignorato, rientrano senz’altro le opere e gli interventi anche solo ordinari relativi al condominio di cui l’immobile stesso fa parte, poiché, appunto, il custode custodisce anche le parti comuni (ovviamente insieme agli altri condomini e tramite l’amministratore).

Ne deve seguire che il custode del bene pignorato provvede al pagamento delle spese condominiali, poiché esse senz’altro rientrano nell’ambito della gestione, amministrazione e conservazione di cui parlano gli artt. 65 e 560 c.p.c.[3].

In questo senso, la Corte di Cassazione ebbe modo di affermare, più di quarant’anni or sono, il principio, non smentito fino ad oggi da alcuna successiva pronuncia di legittimità, per cui le spese di manutenzione dei beni pignorati gravano sul creditore procedente o, in alternativa, sul custode, che dovrà sostenere personalmente l’esborso chiedendone la restituzione in fase di distribuzione[4]. E nella giurisprudenza di merito si è avuto modo di affermare che gli oneri condominiali, «continuando a maturare anche in epoca successiva al pignoramento, non possono essere posti a carico del condominio» perché «concernono un bene la cui vendita va a vantaggio dei creditori nell’esecuzione» e dunque hanno la «qualità di credito in prededuzione»[5].

Le spese condominiali relative all’immobile pignorato sono dunque spese processuali, che il custode personalmente ovvero il creditore procedente debbono anticipare per poi riprendere in prededuzione ex art. 2770 c.c. in sede di distribuzione del ricavato della vendita forzata.

Più chiaramente: il custode, nell’esercizio della sua funzione, versa all’amministratore le spese condominiali maturate dal pignoramento in avanti[6]; se non ha una propria “cassa” dalla quale attingere per farlo[7], può pretendere che le somme siano anticipate dal creditore procedente, come ogni spesa processuale, e poi saranno detratte dal ricavato dalla vendita forzata o riconosciute in privilegio ex art. 2770 cit.

Del resto i compensi del custode vengono detratti, ancor prima delle prededuzioni, in sede di distribuzione della somma ricavata dalla liquidazione forzata; ed il custode ottiene anche il rimborso in tale occasione di quanto egli abbia eventualmente speso per la custodia (trasferte, magazzinaggio, trasporto), per la gestione dell’immobile, per le azioni relative ad esso (risoluzione di contratto di locazione, ad esempio) ed alla sua liberazione (accessi forzati, magari con l’ausilio di un fabbro; esecuzione per rilascio in generale)[8].

Si ponga mente proprio a quest’ultima evenienza: come il custode chiede al creditore procedente di pagare il fabbro che ha fornito la sua opera in sede di accesso forzoso all’immobile per liberarlo in vista della vendita, così può far anticipare dal medesimo creditore le somme occorrenti per pagare le spese condominiali.

Dunque, gli oneri condominiali successivi al pignoramento sono spese della procedura, del custode o, in alternativa, del creditore procedente, e come tali debbono essere detratte dal ricavato dalla vendita forzata per rimborsarle a chi le ha pagate.

Come si è già scritto, in particolare il custode ottiene, prelevando da quanto ricavato dalla vendita (dal conto corrente appositamente acceso, che egli stesso in via esclusiva gestisce), ancor prima dei crediti in prededuzione, oltre al suo compenso, quanto ha speso – a qualsiasi titolo – per la gestione ed amministrazione del bene; altrimenti, sarà il creditore che ha anticipato le somme necessarie per il pagamento delle spese condominiali, versandole al custode, a vedersele assegnate in prededuzione, con il privilegio di cui all’art. 2770 c.c., come le altre spese processuali sostenute.

Non c’è alcun motivo di escludere da tali importi, da pagare in via preventiva (direttamente al custode o con privilegio al procedente), le spese condominiali successive al pignoramento: non si vede perché per queste ultime non si possa procedere come nel caso delle altre anticipazioni di spese vive da parte del custode o del creditore.

Tra l’altro, per questa finalità opera l’obbligo di rendiconto, previsto dall’art. 593 c.p.c. così come richiamato dall’art. 560 c.p.c. proprio in relazione ai compiti del custode dell’immobile pignorato: costui dovrà dare atto delle entrate (eventuale percezione di frutti, in particolare canoni di locazione, rendite e simili) e delle uscite (costi di custodia, spese di gestione, tra le quali appunto quelle condominiali).

Questa proposta interpretativa è anche coerente con l’impostazione per cui il custode giudiziale è «rappresentante di ufficio, nella sua qualità di ausiliario del giudice, di un patrimonio separato, costituente centro di imputazione di rapporti giuridici attivi e passivi», in cui debbono farsi rientrare anche quelli relativi al condominio cui il bene pignorato partecipa[9].

3. Estensione analogica della prededuzione prevista in sede concorsuale.

Nella direzione interpretativa qui proposta sta la previsione dell’art. 30, l. 11-12-2012, n. 220 (nota come riforma del condominio), che con grande chiarezza dispone che «i contributi per le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria nonché per le innovazioni sono prededucibili ai sensi dell’art. 11 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, se divenute esigibili ai sensi dell’art. 63, primo comma, disp. att. c.c.».

Si è inserita per legge la prededucibilità, in sede concorsuale, delle spese condominiali ordinarie e straordinarie, maturate dopo la dichiarazione di fallimento, relative ad un immobile ricompreso nell’attivo e gestito dal curatore.

Anche precedentemente a tale norma esplicita, si riteneva in ogni caso che le spese condominiali rientrassero nei crediti prededucibili ex art. 111 l. fall. in sede concorsuale: gli oneri condominiali sono sempre stati ritenuti pacificamente spese e debiti contratti dal curatore (custode dell’immobile) per l’amministrazione dei beni caduti nel fallimento, da collocare in prededuzione al primo posto nell’ordine di riparto di quanto ricavato dalla liquidazione dell’attivo[10].

Pare allora contrario a ragionevolezza distinguere tra procedura esecutiva concorsuale e procedura esecutiva singolare, esistendo senza dubbio la medesima ratio che consente l’estensione analogica della norma fallimentare all’espropriazione forzata del codice di procedura civile.

Discriminare sarebbe illegittimo e costituirebbe una grave violazione del canone costituzionale della ragionevolezza, dell’uguaglianza e della par condicio creditorum: anche nell’espropriazione di un singolo immobile a carico del debitore, le spese condominiali maturate dopo il pignoramento debbono essere pagate dal custode, così come, per quello stesso singolo immobile, avverrebbe nel caso in cui esso fosse caduto nel fallimento del proprietario.

Questa opinione non è però affatto pacifica o condivisa, tutt’altro, come dimostra l’arresto della Suprema Corte nella sentenza in epigrafe.

Con riguardo all’analogia dell’espropriazione immobiliare individuale con la previsione espressa della legge fallimentare, quest’ultima non sarebbe estensibile poiché nel fallimento il debitore perde la legittimazione a pagare ed agire, mentre con il pignoramento egli resta libero di versare gli oneri condominiali che progressivamente maturano.

Più in generale, si osserva che nell’espropriazione forzata individuale non avviene alcuno “spossessamento” dell’esecutato tale per cui egli non possa più gestire il bene immobile posto in condominio, partecipando alle assemblee e pagando le quote per oneri condominiali di manutenzione ordinaria e straordinaria[11].

Ma a ben guardare si tratta di argomenti deboli o fondati su basi incerte o erronee.

Infatti, non è vero che con il pignoramento non cambia la posizione civilistica del debitore rispetto al bene di sua proprietà: l’esecutato non rimane affatto nel possesso civilistico del bene che, com’è noto, viene, per così dire, “congelato”[12], nel senso che non è più del debitore, ma neppure del creditore pignorante o della esecuzione in quanto tale, fino a che non sarà acquistato dall’acquirente in vendita forzata.

Uno “spossessamento” del debitore dunque in effetti si realizza, nel momento in cui viene pignorato un diritto immobiliare a suo carico.

Così, ad esempio, in forza dell’art. 2912 c.c. il debitore esecutato non percepisce più, dopo il pignoramento, i canoni di locazione del bene pignorato, che debbono essere versati al custode e vanno a comporre la somma che poi, insieme al ricavato dalla vendita ed altri eventuali introiti, sarà distribuita.

Proprio questa fattispecie risulta istruttiva. Si pensi al caso in cui le spese condominiali costituiscono oneri accessori del canone di locazione, prima versati al locatore e dopo il pignoramento al custode. Quest’ultimo senz’altro dovrebbe corrispondere al condominio le somme incassate, altrimenti si potrebbe verificare l’assurdo seguente: il conduttore versa canone di locazione e oneri accessori condominiali al custode; le somme vanno tutte nelle casse dell’esecuzione; poi vengono alla fine distribuite e magari assegnate interamente a creditori privilegiati, senza alcuna soddisfazione per il condominio che sia intervenuto (come creditore chirografario) nell’espropriazione. Al danno si aggiungerebbe la beffa: le somme pagate dal conduttore per spese condominiali non andrebbero al condominio, che neppure le potrebbe ricevere in sede di distribuzione.

Ed allora, se con il pignoramento il debitore ha ormai perduto il possesso civilistico del bene, per cui ex art. 2912 c.c. non può percepire più i frutti prodotti dal bene medesimo, per coerenza, egli non paga gli oneri (ad es. condominiali), i quali gravano sul custode o, in generale, sulla procedura, che percepisce i frutti; in altri termini, così come questi ultimi confluiscono nella cassa dell’esecuzione, le spese relative al bene debbono “uscire” dal tale cassa. Argomentare diversamente significherebbe creare una disciplina zoppa, unilaterale, quasi discriminatoria.

Si ricordi tra l’altro che al custode spetta altresì la titolarità delle azioni derivanti dal contratto di locazione, non in quanto «correlata ad un titolo convenzionale o unilaterale (contratto o proprietà), bensì in ragione dei poteri di gestione e amministrazione a lui attribuiti e della relazione qualificata con il bene pignorato derivante dall’investitura del giudice»[13], e dunque per coerenza tali poteri, per essere completi, debbono ricomprendere sia gli incassi in entrata sia i pagamenti in uscita.

In proposito, sui poteri del custode, può anche spingersi a ritenere che egli abbia diritto di partecipazione e voto – e il corrispondente diritto di impugnazione – nelle assemblee condominiali, anche senza preventiva autorizzazione del giudice dell’esecuzione (che dovrà invece ottenere nel caso in cui oggetto dell’assemblea siano opere di straordinaria manutenzione o innovazioni): in questo modo il custode, chiamato a versare le spese condominiali, può anche controllare il bilancio, con il relativo conguaglio e la ripartizione in quote da pagare.

4. Qualificazione degli oneri condominiali come spese processuali.

Un’altra obiezione formulata contro la prededucibilità delle spese condominiali maturate dopo il pignoramento è la seguente: il diritto del condominio diventerebbe, senza apposita norma, un credito privilegiato, munito di una causa di prelazione non prevista né attribuita dalla legge, quando invece, appunto, per diritto sostanziale è chirografario; sarebbe anche addirittura superfluo per il condominio, creditore dell’esecutato, intervenire nell’espropriazione, munito di titolo esecutivo come gli altri creditori ex art. 499 c.p.c., perché in ogni caso il custode dovrebbe provvedere al versamento all’amministratore degli oneri dovuti[14].

A ben guardare però anche in questo caso il rilievo non coglie il bersaglio, in quanto fondato su basi non solide: nella impostazione che si è proposta, si tratta di spese di procedura, come quelle che normalmente sostiene il custode per la gestione, per la vendita e per la liberazione dell’immobile, o come quelle che il creditore procedente è chiamato ad anticipare.

Perciò, non si attribuisce una collocazione privilegiata al credito sostanziale del condominio, ma più semplicemente si ricomprendono le spese condominiali tra quelle di custodia o comunque processuali, che vengono detratte direttamente dal ricavato della vendita oppure riconosciute al creditore procedente che le ha anticipate ai sensi dell’art. 2770 c.c., certamente privilegiate in forza di questa norma ma in quanto spese processuali come tutte le altre.

Con questo ultimo rilievo è giunto il momento di affrontare la ratio decidendi utilizzata, quasi in via esclusiva, dalla Corte di Cassazione nella sentenza in commento per porre a carico del custode e del creditore procedente le spese per mantenere l’integrità del bene pignorato, escludendo tutte le altre, condominiali, ordinarie, straordinarie.

Il Supremo Collegio si basa sulla lettura della dizione dell’art. 8, d.p.r. 30-5-2002, n. 115, che, com’è noto, è il testo unico, per lo più compilativo, sulla disciplina delle spese di giustizia: nell’interpretare tale disposizione sulle «spese per atti necessari al processo», da una parte apre, ritenendo che il creditore procedente debba anticipare non solo le spese giudiziarie vere e proprie, ma anche quelle materiali, funzionali alla conservazione dell’integrità dell’immobile, se intese ad evitare la chiusura anticipata dell’esecuzione ex art. 164-bis disp. att. c.p.c.; dall’altra restringe il campo, limitando queste ultime a quelle per il mantenimento in esistenza del bene pignorato, in quanto attinenti alla sua struttura o idonee ad evitarne il crollo o il perimento, escludendo quindi le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria o quelle condominiali.

(FOTO)

Si tratta però di un’interpretazione eccessivamente rigida, se non forzata, perché la scarna terminologia dell’articolo citato non consente di spingersi a qualificare in questo modo gli «atti necessari» cui fa riferimento, tra l’altro in relazione ad ogni processo e non solo a quello esecutivo.

Nella opinione della Corte di Cassazione c’è quindi un salto logico, consistente in un’aggiunta creativa, nel ritenere che si tratti soltanto di quanto deve essere pagato per il compimento di atti conservativi dell’integrità materiale del bene pignorato in funzione della vendita.

Al contrario, nulla esclude, a livello logico e giuridico, che tra le spese necessarie possano farsi rientrare quelle condominiali, relative alla gestione anche ordinaria delle parti comuni dell’edificio del quale fa parte il bene immobile pignorato.

In altri termini, il fatto che le spese condominiali non siano relative ad atti «necessari per il processo» è tutto da dimostrare, e comunque non lo dimostra affatto la Corte di Cassazione nella sentenza annotata, la quale lo afferma con una petizione di principio priva di fondamento.

Ed anzi, è proprio la norma richiamata dalla Suprema Corte che consente di ritenere, viceversa, che gli oneri condominiali ordinari e straordinari siano spese processuali: i costi per la manutenzione e per il funzionamento delle cose comuni sono necessari, in quanto, come si è precisato sopra, nell’ambito dell’oggetto dell’espropriazione e della vendita di un immobile facente parte di un condominio debbono ricomprendersi certamente anche le parti comuni.

Pare questa tra l’altro l’opinione della Corte di Cassazione, prima della sentenza in epigrafe, nella interpretazione della dizione dell’art. 8 cit., con l’affermazione del principio per cui le spese di custodia ed il compenso del custode rientrano tra quelle concernenti gli atti necessari del processo, che devono essere anticipate dalla parte a carico della quale sono poste dalla legge o dal giudice[15]: si tratta di una lettura ampia e comprensiva della dizione «atti necessari» (che non sono solo quelli volti a scongiurare l’evento drammatico del perimento della cosa), tale da poter ricomprendere in generale le spese di custodia, tra le quali quelle relative alla gestione ed amministrazione del bene pignorato (o sequestrato), in cui rientrano le parti comuni dell’edificio dove è posto e dunque i relativi oneri condominiali.

Si consideri, allora, che spese condominiali ordinarie sono anche quelle per la fornitura di energia elettrica per l’illuminazione delle parti comuni, per il funzionamento dell’ascensore, per il cancello automatico del cortile; o quelle relative alla fornitura dell’acqua da parte dell’azienda municipalizzata: ecco che in caso di mancato pagamento da parte del condomino esecutato potrebbe conseguirne una morosità condominiale tale da far cessare la somministrazione, per cui il bene pignorato sarebbe poi acquistato in vendita forzata mutilato di sevizi condominiali anche essenziali (luce, acqua, ascensore, pompe).

È davvero difficile pensare che le spese condominiali anche ordinarie non siano relative ad atti necessari per il processo, per la corretta amministrazione e gestione dell’immobile pignorato, il quale, come si è ripetuto, comprende le parti comuni dell’edificio di cui fa parte, ad opera del custode in funzione della vendita forzata.

Questa è anche l’opinione di quegli Autori che hanno maggiormente approfondito, in tempi recenti, il tema della custodia giudiziale: quando il debitore esecutato viene privato della disponibilità materiale del bene pignorato, affidato ad un custode, è costui a dover provvedere al pagamento delle spese condominiali anche ordinarie, in quanto funzionali all’interesse del procedimento[16] e dunque relative ad atti per esso necessari.

5. Valutazioni di opportunità e considerazioni conclusive.

Per concludere, sia consentita una considerazione di ordine generale, che peraltro si inserisce nell’ambito dell’attuazione del principio costituzionale per cui la durata del processo non deve recare danno.

Le spese condominiali maturate dopo la notificazione del pignoramento aumentano in modo direttamente proporzionale alla durata del processo esecutivo, con grave pregiudizio per i condomini, che alla fine si troveranno costretti a ripartire tra loro e a pagare le spese condominiali medesime.

Considerarle “prededucibili”, ponendole a carico del custode, risponde dunque ad un’esigenza di equità e giustizia, per evitare che il debito di un condomino moroso finisca per gravare sugli altri condomini adempienti e diligenti.

A quanto precede si collega anche un’altra osservazione di opportunità[17]: se il custode ha versato le spese condominiali maturate dal momento del pignoramento in avanti, l’amministratore del condominio non potrà applicare a carico dell’acquirente in vendita forzata la solidarietà di cui all’art. 63 disp. att. c.c., imponendogli il pagamento di quanto dovuto dall’esecutato in relazione all’anno in corso ed all’anno precedente rispetto al momento dell’emissione del decreto di trasferimento.

Così, il fatto che al momento della vendita non vi siano spese condominiali recenti che possano gravare sull’acquirente può indurre un maggior numero di soggetti a partecipare e a tentare di rendersi aggiudicatari, con aumento del prezzo che costoro sono disponibili a pagare per l’acquisto ed a vantaggio del maggior introito per le casse dell’esecuzione.

In sintesi, occorre allora affermare che le spese condominiali straordinarie e ordinarie maturate dopo il pignoramento e relative alle parti comuni dell’edificio cui l’immobile pignorato partecipa, sono spese processuali, del procedimento di esecuzione, e come tali debbono essere pagate direttamente dal custode o da costui previa anticipazione da parte del creditore procedente.

Il custode o il creditore procedente, se le hanno anticipate e versate all’amministratore del condominio, le riprenderanno in sede di distribuzione del ricavato; il custode le preleverà, prima del riparto, in prededuzione, dalla somma ricavata dalla vendita; il creditore procedente le otterrà come tutte le altre spese processuali in applicazione dell’art. 2770 c.c.

Infine, per chiudere il cerchio, se il condominio è creditore procedente o intervenuto nella stessa procedura esecutiva per le spese condominiali precedenti al pignoramento, e non gli sono state versate dal custode quelle maturate successivamente ed in corso di espropriazione, nulla osta al pagamento di queste ultime in sede di distribuzione, prima del riparto agli altri creditori, mediante assegnazione al condominio medesimo, presente nell’espropriazione: si tratta comunque di spese che ad esso dovevano essere versate e non lo sono state.

(Altalex, 30 agosto 2017. Articolo di Davide Amadei)


[1] Sulla custodia in generale, si deve fare decisivo rinvio all’opera recente ed approfondita di Bellé-Cardino, La custodia giudiziale, in Cendon (a cura di), Trattati, Milano, 2014, anche per i molti riferimenti ivi contenuti a dottrina e giurisprudenza (in part., sul tema oggetto della presente nota, 279 ss., 381 ss.); sul ruolo del custode nell’espropriazione forzata si vedano Saletti, La custodia dei beni pignorati nell’espropriazione immobiliare, in questa Rivista, 2006, 66; Miccolis, Custodia di beni pignorati, in Il diritto-Encicl. giur., Milano, 2007, IV, 593; Quatraro-Pansini, La custodia dei beni pignorati nell’espropriazione immobiliare: prospettive operative, in questa Rivista, 2009, 87; Battagliese, La natura giuridica della custodia e la figura del custode giudiziario, ivi, 2013, 145; Galipò, La posizione del custode giudiziario con riferimento alla situazione condominiale dell’immobile pignorato, in www.ilcaso.it, 5-11-2016.

[2] Cass., 4-9-1985, n. 4612, FI, 1986, I, 494, per cui «nell’esecuzione per espropriazione di un appartamento di proprietà esclusiva in edificio condominiale, ad esso accedono le quote sulle parti comuni dell’edificio».

[3] Così Fontana, La gestione attiva del compendio immobiliare pignorato, in questa Rivista, 2005, 571, 598, che inserisce il pagamento delle spese condominiali tra i poteri del custode che non necessitano di particolare autorizzazione; Fanticini, in Demarchi (a cura di), La nuova esecuzione forzata, Bologna, 2009, 604-605; Prete, Spese condominiali e procedura esecutiva (nota a T. Padova, 10-2-2014), ALC, 2014, 463-464.

[4] Cass., 20-7-1976, n. 2875, GC, 1976, I, 1776, con nota di Finocchiaro.

[5] T. Bologna, 6-5-2000, ALC, 2001, 132, in motivazione.

[6] Per le spese precedenti al pignoramento il credito del condominio deve essere fatto valere come qualsiasi altro credito verso il debitore esecutato, in particolare con intervento in forza (normalmente) di decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c.; il condominio, creditore pignorante o intervenuto, parteciperà e troverà soddisfazione in sede di distribuzione del ricavato della vendita forzata come un qualsiasi creditore chirografario.

[7] Il problema si pone ancor di più quando custode è (ancora) il debitore esecutato, ai sensi dell’art. 559 c.p.c.: egli non avrà alcuna intenzione o disponibilità di denaro per poter versare le spese condominiali.

[8] Cfr. Castoro, Il processo di esecuzione nel suo aspetto pratico, 12a ed., Milano, 2013, 382: va riconosciuto il diritto al rimborso delle spese e di ogni altra erogazione fatte dal custode per conservare e amministrare le cose custodite, quali quelle di magazzinaggio, posteggio, facchinaggio, riparazioni urgenti e simili, diritto che gli deriva dal costo della custodia; l’Autore individua un onere di anticipazione da parte del creditore procedente – «analogamente (alla liquidazione del compenso, con indicazione del soggetto a carico del quale è posto) sono liquidate le competenze accessorie: spese di conservazione e di amministrazione».

[9] Cass., sez. lav., 15-7-2002, n. 10252, RFI, 2002, «Sequestro conservativo», n. 17.

[10] Cass., 20-8-1997, n. 7756, Fa, 1998, 585.

[11] Nella giurisprudenza di merito si veda T. Padova, 10-2-2014 (ord.), ALC, 2014, 433.

[12] Efficace immagine utilizzata da Luiso, Diritto processuale civile. Il processo esecutivo, Milano, 2013, 90. Si ricordino, in proposito, gli artt. 2912 c.c., a proposito della percezione dei frutti, e, per il pignoramento mobiliare, 2914, n. 4, c.c., sulla operatività della regola “possesso vale titolo” dell’art. 1153 c.c. soltanto in favore del terzo acquirente che abbia ricevuto il possesso prima del pignoramento.

[13] Così Cass., 29-4-2015, n. 8695, ALC, 2015, 497; Cass., 21-6-2011, n. 13587, GC, 2011, I, 2835.

[14] Si veda Galipò, op. cit., 8 ss., ed ivi ulteriori riferimenti alle note 7 ed 8; in giurisprudenza T. Padova, 10-2-2014, cit.

[15] Cass., 22-2-2013, n. 4617, RFI, 2013, v. «Sequestro conservativo», n. 17; si trattava, nel caso di specie, della custodia di un bene oggetto di sequestro giudiziario.

[16] Bellé-Cardino, op. cit., 282-283, i quali ritengono, peraltro, che se il debitore invece rimane nel godimento dell’immobile, è lui che deve continuare a versare le spese condominiali, le quali in tal caso non potrebbero definirsi come funzionali ad un interesse della procedura; questa opinione presuppone l’idea che manchi, nel pignoramento, quello “spossessamento globale” che invece si verifica nel fallimento, per cui sarebbe doveroso distinguere tra la disciplina dell’esecuzione concorsuale e quella dell’esecuzione individuale; in realtà la discriminazione non è corretta, poiché anche nel fallimento spesso il fallito rimane nel godimento dell’immobile fino alla sua liquidazione, e nonostante questo è prevista la prededuzione delle spese condominiali; sullo spossessamento si veda comunque sopra, nel testo.

[17] Mutuata da Bellé-Cardino, op. cit., 383, che parlano di potenziale «effetto parzialmente depressivo sul prezzo di cessione» dell’applicazione dell’art. 63 disp. att. c.c. all’aggiudicatario, per cui «tanto varrebbe porre comunque le spese in prededuzione a carico del ricavato».

 

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