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Come noto il decreto legislativo 149/2022, ha apportato significative modifiche al codice di procedura civile e alla disciplina delle notifiche degli avvocati ai sensi della legge n. 53/1994. Per quanto concerne la normativa codicistica occorre innanzitutto osservare come il legislatore abbia posto apparentemente sullo stesso piano l’avvocato e l’ufficiale giudiziario; il secondo comma dell’art. 137 c.p.c. prevede infatti che l’ufficiale giudiziario o l’avvocato “esegue la notificazione mediante consegna al destinatario di copia conforme all’originale dell’atto da notificarsi”. Questa parificazione dei ruoli è però solo apparente dal momento che il settimo comma chiarisce che “l’ufficiale giudiziario esegue la notificazione su richiesta dell’avvocato se quest’ultimo non deve eseguirla a mezzo di posta elettronica certificata o servizio elettronico di recapito certificato qualificato, o con altra modalità prevista dalla legge, salvo che l’avvocato dichiari che la notificazione con le predette modalità non è possibile o non ha avuto esito positivo per cause non imputabili al destinatario. Della dichiarazione è dato atto nella relazione di notificazione”.

Un’attenta lettura della norma rende però evidente come in realtà il legislatore della riforma abbia previsto un preciso ordine gerarchico che vede l’avvocato come primo onerato dell’attività di notificazione; egli deve infatti verificare se il soggetto destinatario possieda un domicilio digitale iscritto in un pubblico registro e, in tal caso, deve provvedere alla notifica a mezzo posta elettronica certificata.

In concreto, poi, il nuovo art. 3-ter della legge n. 53/1994 disciplina i casi in cui l’avvocato deve eseguire la notificazione a mezzo di posta elettronica certificata; ciò accade nei casi in cui il destinatario della notifica:

  1. è un soggetto per il quale la legge prevede l’obbligo di munirsi di un domicilio digitale risultante dai pubblici elenchi;
  2. ha eletto domicilio digitale ai sensi dell’articolo 3-bis, comma 1-bis, del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, iscritto nel pubblico elenco dei domicili digitali delle persone fisiche e degli altri enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione in albi professionali o nel registro delle imprese ai sensi dell’articolo 6-quater del medesimo decreto (noto come INAD).

A seguito dell’attivazione dal 6 luglio ’23 dei servizi di consultazione dell’INAD, la norma in analisi è ora pienamente applicabile; conseguentemente l’avvocato dovrà sempre effettuare un tentativo di notifica a mezzo PEC nel caso in cui il destinatario sia soggetto obbligato all’iscrizione nei pubblici elenchi (e sempre che l’indirizzo PEC sia reperibile) e nel caso in cui l’indirizzo di costui sia censito in INAD; corollario dell’affermazione che precede è dunque che quest’ultimo pubblico registro dovrà essere sempre consultato nel caso in cui si debbano notificare atti a persone fisiche (o a enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione in albi professionali o nel registro delle imprese, come ad esempio le associazioni non riconosciute).

Laddove però l’attività di notificazione non vada a buon fine per causa imputabile al destinatario (es. casella PEC piena), si dovrebbe in teoria far applicazione di quanto previsto al secondo comma dell’art. 3-ter, che prevede un trattamento differenziato a seconda che quest’ultimo sia soggetto obbligato all’iscrizione in pubblici registri o abbia invece volontariamente registrato la propria PEC in INAD. Infatti, mentre in questo secondo caso l’avvocato potrà eseguire la notificazione con modalità ordinarie, rivolgendosi direttamente all’ufficiale giudiziario, nel primo caso il legislatore ha previsto un meccanismo di perfezionamento telematico della notifica inesitata, mediante inserimento della stessa, a spese del richiedente, nell’area web riservata prevista dall’art. 359 del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, previa dichiarazione della sussistenza di uno dei presupposti per l’inserimento. In quest’ultimo caso, se il sistema fosse operativo, la notificazione si avrebbe per eseguita nel decimo giorno successivo a quello in cui è compiuto l’inserimento.

L’uso del condizionale è però d’obbligo in quanto il meccanismo sopra descritto non è ancora operativo, tant’è che l’art. 4-ter del d.l. 51 del 2023 ha disposto la sospensione dell’efficacia della suddetta disposizione sino al 31 dicembre 2023; la norma ha altresì previsto che fino a tale data, quando la notificazione ai sensi del comma 1 dell’articolo 3-ter legge n. 53 del 1994 non è possibile o non ha esito positivo, si procede con le modalità ordinarie, ovvero rivolgendosi all’ufficiale giudiziario. Sul punto va detto che verosimilmente questo regime transitorio subirà ulteriori proroghe, stante che non si hanno notizie dell’attivazione del servizio sopra descritto entro la fine dell’anno corrente.

Per quanto concerne il momento perfezionativo della notifica lo si è invece collocato, per il soggetto notificante, nel momento in cui è generata la ricevuta di accettazione della notificazione dallo stesso inviata mediante posta elettronica certificata o servizio elettronico di recapito certificato qualificato. In sostanza (ed esemplificando) una notifica tentata inutilmente a mezzo posta elettronica certificata il 1° settembre ’23 e successivamente andata a buon fine a mezzo ufficiale giudiziario si perfezionerebbe (per il mittente) proprio il 1° settembre ’23.

La previsione normativa è senz’altro opportuna ma va integrata con la giurisprudenza ormai da tempo consolidata della Corte di Cassazione, secondo la quale “in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere l’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie, senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo la ricorrenza di circostanze eccezionali di cui deve essere data prova rigorosa” (Cass. n. 16943/2018 e Cass. n. 28388/2017).

In sostanza, in caso di notifica telematica non andata a buon fine per causa imputabile al destinatario, il mittente ha a disposizione un termine di quindici giorni (o di trenta giorni in caso di atti relativi al giudizio di Cassazione) per riattivare il processo notificatorio, senza incorrere in decadenze, rivolgendosi all’ufficiale giudiziario.

 

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