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Dimensione minima degli immobili, altezze, rapporto tra superficie pavimentata e finestrata. I requisiti di abitabilità delle case viaggiano verso una revisione nel passaggio parlamentare del decreto Salva casa (Dl n. 69/204), in programma a partire dall’11 giugno alla Camera. Si moltiplicano i segnali in questo senso, perché un ritocco di questi paletti è già sui tavoli tecnici di Governo e Parlamento.
Ma anche perché sono molte le voci, tra i tecnici dell’edilizia, che sottolineano come il decreto ministeriale della Sanità, datato 5 luglio 1975, sia ormai un riferimento troppo antiquato, e non più aggiornato ai progressi tecnici, per definire i requisiti igienico-sanitari principali «dei locali di abitazione».

I precedenti

Non a caso, una riforma organica dell’abitabilità è stata già tentata poco più di un anno fa: all’inizio del 2023 il ministero della Salute aveva diffuso uno schema di regolamento sul tema, poi rimasto lettera morta. Andava ad attuare un passaggio del Testo unico edilizia (l’articolo 20, comma 1 bis, introdotto nel 2016 e poi tuttora inattuato) che chiede di ridefinire «i requisiti igienico-sanitari di carattere prestazionale degli edifici».
Già nel 2021 (con il decreto 77) erano, poi, state introdotte dal Governo Draghi delle deroghe alle altezze minime e ai rapporti aeroilluminanti per gli immobili in zona vincolata (altezze minime portate a 2,40 da 2,70 metri e rapporto tra pavimenti e aperture portato a un sedicesimo, da un ottavo). Senza dimenticare la miriade di norme regionali che, ad esempio sui sottotetti, prevede casi particolari ed eccezioni, sempre in materia altezze.

I commenti

Così, il vicepresidente Ance con delega a Edilizia e territorio, Stefano Betti spiega: «Premesso che siamo contrarissimi a qualsiasi forma di condono, va detto che su questo tema parliamo di norme chiaramente anacronistiche, risalenti al 1975, nate in un’epoca nella quale c’era l’esigenza di allargare le città, mentre oggi c’è la priorità, legata anche a quello che ci chiede l’Europa, di rigenerare e riconvertire gli spazi dei nostri centri urbani».
Insomma, i requisiti igienico sanitari fanno parte della galassia di norme da rivedere nei prossimi mesi, che comprende, tra le altre, le regole sull’urbanistica e il testo unico per l’edilizia. Quindi, «andrebbe bene – prosegue Betti – qualche deroga all’interno del Salva casa, che funzioni come soluzione temporanea, ma poi è essenziale fare una riforma complessiva e rivedere il decreto del 1975».

I problemi rimanenti

Nella pratica i problemi sono soprattutto due. Alcuni vincoli troppo rigidi rischiano di frenare operazioni di cambio di destinazione d’uso e, quindi, di riutilizzo degli immobili. Succede per le dimensioni minime, che per le unità devono essere di 28 metri quadrati per una persona e di 38 metri quadrati per due. E accade per le altezze minime fissate a 2,70 metri, riducibili a 2,40 metri per i corridoi, i disimpegni, i bagni, i gabinetti ed i ripostigli. Inoltre, altri vincoli non sono coerenti con le innovazioni tecnologiche che ci sono state nel frattempo. Oggi ci sono, ad esempio, sistemi di aerazione meccanica forzata che consentono di avere aperture ridotte rispetto a quanto previsto nel 1975.
Ancora Betti fa qualche esempio che consente di capire quando questi paletti diventano troppo rigidi: «Ipotizziamo di avere un piccolo ufficio da 30 metri quadrati, perfettamente legittimo. Oggi è impossibile convertirlo in residenza perché l’unità minima per due persone è di almeno 38 metri. Se, però, l’unità era legittima prima, dovrebbe rimanerlo anche dopo il cambio di destinazione. E il discorso è simile per le altezze. Se ci sono immobili già esistenti e perfettamente legittimi, dovrebbero essere abitabili anche se in qualche caso sono al di sotto dei minimi di legge».

 

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