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Nella risoluzione n. 44/E del 25 luglio 2023 in tema di erogazione prestiti ai dipendenti, l’Agenzia delle Entrate ricorda che l’art. 51, comma 1, TUIR prevede il principio di onnicomprensività del reddito di lavoro dipendente, in base al quale sia gli emolumenti in denaro sia i valori corrispondenti ai beni, ai servizi ed alle opere “offerti” dal datore di lavoro ai propri dipendenti costituiscono redditi imponibili e, in quanto tali, concorrono alla determinazione del reddito di lavoro dipendente.

Nei redditi di lavoro dipendente, da determinare ai sensi dell’art. 51, sono ricompresi non soltanto le somme e i valori che il datore di lavoro corrisponde direttamente ma anche le somme e i valori che, in relazione al rapporto di lavoro, sono erogati da soggetti terzi rispetto a tale rapporto.

Nella circolare n. 326 del 1997 viene, al riguardo, chiarito che l’espressione “il diritto di ottenerli da terzi” va posta in collegamento con il principio generale vigente in materia di reddito di lavoro dipendente in base al quale costituisce reddito della medesima specie tutto ciò che il dipendente “riceve”, anche da soggetti “terzi”, in “relazione” al rapporto di lavoro.

Pertanto, il datore di lavoro in qualità di sostituto d’imposta deve effettuare le ritenute a titolo di acconto con riferimento a “tutte” le somme e i valori che il lavoratore dipendente percepisce in “relazione” al rapporto di lavoro intrattenuto con lo stesso, anche se talune delle suddette somme o valori sono corrisposti da soggetti terzi per effetto di un qualunque collegamento esistente con quest’ultimo(ad esempio, un accordo o convenzione stipulata dal sostituto d’imposta con il soggetto terzo).

Quanto alla concessione di prestiti, l’art. 51, comma 4, lettera b), TUIR prevede che, ai fini della quantificazione del reddito in natura, si assume il 50% della differenza tra l’importo degli interessi calcolato al tasso ufficiale di sconto [ndr. ora Tasso Ufficiale di Riferimento] vigente al termine di ciascun anno e l’importo degli interessi calcolato al tasso applicato sugli stessi.

Al riguardo, è stato chiarito che tale disposizione si applica a tutte le forme di finanziamento comunque erogate dal datore di lavoro, indipendentemente dalla loro durata e dalla valuta utilizzata. La norma si applica, altresì, ai finanziamenti concessi da terzi con i quali il datore di lavoro abbia stipulato accordi o convenzioni, anche in assenza di oneri specifici da parte di quest’ultimo.

Pertanto, a titolo meramente esemplificativo, rientrano nell’ambito di questa previsione, i prestiti concessi sotto forma di scoperto di conto corrente, di mutuo ipotecario e di cessione dello stipendio, mentre ne restano esclusi le dilazioni di pagamento previste per beni ceduti o servizi prestati dal

datore di lavoro o dal soggetto a questi collegato.

Inoltre, ai fini dell’applicazione della disposizione di cui all’art. 51, comma 4, lettera b), non rilevano eventuali modifiche successive alla concessione del finanziamento al dipendente relative alla cessazione del rapporto di lavoro, come ad esempio nel caso del pensionato, o del soggetto che risulta creditore al momento della scadenza delle rate, come nel caso ad esempio di fusioni tra banche o di crediti ceduti per effetto di operazioni di cartolarizzazione di cui alla legge n. 130/1999, non venendo meno la relazione tra la concessione del finanziamento e il rapporto di lavoro dipendente.

Occorre sottolineare che la previgente disposizione contenuta nella lettera b) del comma 4 dell’art. 51 stabiliva che, ai fini della determinazione del reddito, il raffronto dovesse essere operato con il tasso ufficiale vigente “al momento della concessione del prestito” e che l’articolo 13, comma 1, lettera b), n. 4), del d.lgs. 23 dicembre 1999, n. 505, ha modificato tale disposizione prevedendo che il raffronto sia effettuato con il tasso ufficiale vigente “al termine di ciascun anno”.

Pertanto, in base alla normativa in vigore, ai fini della determinazione del compenso in natura derivante dai prestiti erogati ai lavoratori, in relazione al reddito di lavoro dipendente, occorre effettuare il confronto tra gli interessi calcolati al TUR vigente al termine di ciascun anno e quelli calcolati al tasso effettivamente applicato sul prestito.

Al riguardo, l’Amministrazione ha anche fornito puntuali indicazioni di prassi nella circolare del Ministero delle Finanze 17 maggio 2000, n. 98, in risposta al quesito 5.2.1, chiarendo che il momento di imputazione del compenso in natura e di applicazione della ritenuta alla fonte è quello del pagamento delle singole rate del prestito come stabilite dal relativo piano di ammortamento.

Rientrano nella nozione di reddito di lavoro dipendente anche i beni ceduti e i servizi prestati al coniuge del lavoratore (o del pensionato) o ai familiari indicati nell’art. 12 TUIR anche se non fiscalmente a carico. Pertanto anche nel caso in cui il mutuo (o il finanziamento) sia intestato a un familiare o cointestato con un familiare (ad esempio il coniuge) il calcolo deve essere effettuato sulla base dell’intera “quota interessi”.

Diversamente, qualora il mutuo sia cointestato con un soggetto diverso da quelli espressamente indicati nell’art. 12 TUIR, il calcolo deve esser effettuato sulla base della sola “quota interessiimputabile al dipendente che ha sottoscritto il finanziamento.

Nel caso in cui la ritenuta da operare sui valori relativi ai compensi in natura non trovi capienza, in tutto o in parte sui contestuali pagamenti in denaro, il sostituito è obbligato a fornire al sostituto le somme necessarie al versamento.

In tal caso, il sostituto è tenuto comunque a versare le ritenute all’erario nei termini ordinariamente previsti, anche se il sostituito non ha ancora provveduto al pagamento. Tale previsione si applica tanto in presenza di contestuali pagamenti in denaro quanto in assenza dei predetti pagamenti in denaro.

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