Utilizza la funzionalità di ricerca interna #finsubito.

Agevolazioni - Finanziamenti - Ricerca immobili

Puoi trovare una risposta alle tue domande.

 

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito
#finsubito news video
#finsubitoagevolazioni
Agevolazioni
Post dalla rete
Zes agevolazioni
   


Uno dei più grandi equivoci che ha reso impossibile (o quanto
meno parecchio difficile) la gestione del patrimonio immobiliare
italiano, è rappresentato dall’idea che tutte le opere realizzate
in data antecedente l’1 settembre 1967 potessero essere considerate
legittime.

L’equivoco dell’Ante 67

Un equivoco figlio di tante errate letture normative che
intrecciano tra loro la prima legge urbanistica (la Legge n.
1150/1942
), la “famosa” Legge Ponte (la Legge n.
765/1967
), la Legge “Bucalossi” (la Legge n. 10/1977) e la
Legge sul primo condono edilizio (la Legge n. 47/1985),
oltre che regolamenti edilizi e piani regolatori comunali.

L’argomento è stato oggetto di numerosi interventi della
giustizia amministrativa che negli anni è riuscita a definire i
contorni di un quadro normativo complesso e sul quale risulta
indispensabile un intervento del legislatore che possa far cambiare
rotta all’attività di trasformazione edilizia, vittima di piccole e
grandi difformità.

Con la sentenza 12
aprile 2024, n. 3347
il Consiglio di Stato è nuovamente
intervenuto sul tema “ante ‘67” chiarendo alcuni aspetti relativi
allo stato legittimo degli immobili e all’onere di prova della data
di realizzazione dell’opera.

Il ricorso

Nel caso di specie, il ricorrente il ricorrente chiede la
riforma di una decisione di primo grado che aveva confermato
un’ordinanza di demolizione di opere abusivi. Il ricorso era basato
essenzialmente su 2 motivazioni:

  1. il mancato coinvolgimento dell’interessato che non avrebbe
    presenziato il sopralluogo effettuato dall’Amministrazione Comunale
    in sede di accertamento di abusi edilizi, non avrebbe mai avuto
    contezza del procedimento nei suoi confronti e che non sarebbe
    l’autore materiale di alcuna opera sull’immobile di cui è
    causa;
  2. l’immobile sarebbe ante ’42 (prima della Legge urbanistica) e
    per questo non soggetto a concessione edilizia.

La natura dell’ordine di demolizione

In riferimento al primo motivo di appello, il Consiglio di Stato
ha confermato il principio consolidato per cui l’ordine di
demolizione di un abuso edilizio costituisce espressione di un
potere vincolato e doveroso in presenza dei requisiti richiesti
dalla legge, rispetto al quale non è richiesto alcun apporto
partecipativo del privato.

Numerose sentenze hanno confermato che:

  1. l’attività di repressione degli abusi edilizi, mediante
    l’ordinanza di demolizione, avendo natura vincolata, non necessita
    della previa comunicazione di avvio del procedimento ai soggetti
    interessati, ai sensi dell’art. 7 l. n. 241/1990, considerando che
    la partecipazione del privato al procedimento comunque non potrebbe
    determinare alcun esito diverso”;
  2. al sussistere di opere abusive la pubblica amministrazione ha
    il dovere di adottare l’ordine di demolizione; per questo motivo,
    avendo tale provvedimento natura vincolata, non è neanche
    necessario che venga preceduto da comunicazione di avvio del
    procedimento.

Sostanzialmente, essendo l’ordine di demolizione un
provvedimento “vincolato” trova applicazione l’art 21-octies, comma
2, della Legge n. 241/90 per la quale:

Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione
di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la
natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto
dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto
adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque
annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento
qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del
provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in
concreto adottato. La disposizione di cui al secondo periodo non si
applica al provvedimento adottato in violazione dell’articolo
10-bis
”.

Nel caso dell’ordine di demolizione, il provvedimento della
pubblica amministrazione non avrebbe potuto avere un contenuto
diverso da quello in concreto adottato, considerato che lo stesso è
emesso sulla base di riscontrati e documentati abusi edilizi.

Sulla mancata comunicazione del preavviso di rigetto, con la
quale si assume il mancato rispetto delle garanzie procedimentali,
non avendo il Comune comunicato il preavviso di rigetto di cui
all’art. 10 bis della Legge n. 241 del 1990, secondo costante
giurisprudenza, l’esercizio del potere repressivo degli abusi
edilizi costituisce manifestazione di attività amministrativa
doverosa, con la conseguenza che i relativi provvedimenti, quali
l’ordinanza di demolizione, costituiscono atti vincolati per la cui
adozione non è necessario l’invio del preavviso di rigetto, non
essendovi spazio per momenti partecipativi del destinatario
dell’atto.

Oltretutto, il preavviso di rigetto è previsto solo per i
procedimenti attivati ad istanza di parte e tra questi non rientra
quello che ha dato origine al provvedimento impugnato (l’ordine di
demolizione).

Ante 42 e ante 67

Relativamente al secondo motivo di appello per il quale
l’immobile in questione sarebbe stato edificato prima del 1942 e,
quindi, prima della Legge urbanistica che impone il rilascio del
titolo edilizio nei centri abitati, prima di addentrarci nei
contenuti della sentenza occorre una doverosa premessa:

  1. la Legge n.1150/1942 ha previsto l’obbligo di licenza edilizia
    nelle aree già urbanizzate;
  2. la Legge n. 765/1967 ha esteso questo obbligo su tutto il
    territorio nazionale;
  3. prima del 1942 e del 1967 esistevano già regolamenti edilizi
    che prescrivevano già l’obbligo di licenza edilizia;
  4. occorre fare la dovuta attenzione tra i centri abitati e
    non.

Ciò premesso, nel caso di specie il Consiglio di Stato ha
confermato che l’obbligo del rilascio della licenza edilizia per le
costruzioni realizzate anche al di fuori del perimetro del centro
urbano è stato introdotto dall’art. 10 della legge 6 agosto 1967,
n. 765, che ha modificato l’art. 31 della legge 17 agosto 1942, n.
1150. Prima del 1967 non era necessario munirsi di un previo titolo
abilitativo, se non all’interno del centro abitato.

La giurisprudenza amministrativa è costante nel ritenere che
l’onere di dimostrare che le opere realizzate rientrino “fra
quelle per cui non era richiesto un titolo ratione temporis, perché
realizzate legittimamente senza titolo, incombe sul privato a ciò
interessato, unico soggetto ad essere nella disponibilità di
documenti e di elementi di prova, in grado di dimostrare con
ragionevole certezza l’epoca di realizzazione del
manufatto
“.

Tale prova può essere data anche per presunzioni che devono
essere precise gravi e concordanti.

Nel caso di specie, dagli indizi prodotti della parte privata,
valutati complessivamente, non vi sono elementi che militano nel
senso indicato dall’appellante. Innanzitutto, dall’esame degli atti
prodotti risulta che l’immobile non si trova al di fuori dalla
perimetrazione del centro abitato. Ciò in quanto dalla foto aerea
dell’Istituto Geografico Militare (datata 1964), dal testamento del
1973 e dai rilievi catastali (datati 1982), come correttamente
rilevato dal primo giudice, emerge che il manufatto oggetto di
giudizio era già all’epoca della sua costruzione qualificabile come
un agglomerato urbano/residenziale, in ragione degli elementi
fattuali desumibili dagli atti di causa.

Da ciò deriva che non assume alcun rilievo la circostanza della
collocazione temporale ante 1967 delle opere abusive in questione,
non avendo in ogni caso fornito l’appellante la dimostrazione che
le stesse sarebbero state realizzate prima del 1942.

L’appello è stato, dunque, respinto e la demolizione
confermata.

© Riproduzione riservata

 

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Informativa sui diritti di autore

La legge sul diritto d’autore art. 70 consente l’utilizzazione libera del materiale laddove ricorrano determinate condizioni:  la citazione o riproduzione di brani o parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi qualora siano effettuati per uso di critica, discussione, insegnamento o ricerca scientifica entro i limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera citata o riprodotta.

Vuoi richiedere la rimozione dell’articolo?

Clicca qui

 

 

 

Per richiedere la rimozione dell’articolo clicca qui

La rete #dessonews è un aggregatore di news e replica gli articoli senza fini di lucro ma con finalità di critica, discussione od insegnamento,

come previsto dall’art. 70 legge sul diritto d’autore e art. 41 della costituzione Italiana. Al termine di ciascun articolo è indicata la provenienza dell’articolo.

Il presente sito contiene link ad altri siti Internet, che non sono sotto il controllo di #adessonews; la pubblicazione dei suddetti link sul presente sito non comporta l’approvazione o l’avallo da parte di #adessonews dei relativi siti e dei loro contenuti; né implica alcuna forma di garanzia da parte di quest’ultima.

L’utente, quindi, riconosce che #adessonews non è responsabile, a titolo meramente esemplificativo, della veridicità, correttezza, completezza, del rispetto dei diritti di proprietà intellettuale e/o industriale, della legalità e/o di alcun altro aspetto dei suddetti siti Internet, né risponde della loro eventuale contrarietà all’ordine pubblico, al buon costume e/o comunque alla morale. #adessonews, pertanto, non si assume alcuna responsabilità per i link ad altri siti Internet e/o per i contenuti presenti sul sito e/o nei suddetti siti.

Per richiedere la rimozione dell’articolo clicca qui