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Quali sono le tempistiche nelle varie situazioni: eredità, pignoramento per debiti privati o dall’Agenzia Entrate Riscossione, e come accorciarle.

Siamo abituati a pensare al conto corrente come a un rubinetto dell’acqua, che si può aprire e chiudere in qualsiasi momento secondo le esigenze. Tutto questo, però, salvo rotture, come i guasti della rete o dei tubi che impediscono l’afflusso del liquido. La stessa cosa succede ai conti correnti bancari e postali, con la differenza che in questo caso gli impedimenti non sono tecnici ma giuridici, e dunque molto più insidiosi e difficili da riparare. E allora chi li subisce si domanda quanto durerà il guasto, e se si può fare qualcosa per rimediare accelerando le procedure.

Quanto dura il blocco del conto corrente? Un conto corrente bancario o postale, sia di tipo tradizionale sia con operatività online, può essere bloccato in qualsiasi momento dall’istituto di credito o dalle autorità per diversi motivi e anche all’insaputa del titolare, che all’improvviso si accorge di non poter più prelevare e compiere operazioni dispositive.

A parte il sequestro giudiziario, le cause più comuni che provocano il blocco del conto corrente sono la successione ereditaria e il pignoramento, che a sua volta può derivare da debiti privati, amministrativi o fiscali non pagati entro i termini. In entrambi i casi, per un certo periodo, il titolare non può disporre delle somme depositate sul conto, quindi, ad esempio, non può prelevare denaro in contanti, trasferire i soldi su altri rapporti finanziari e fare bonifici in uscita.

Si tratta sempre di un blocco temporaneo, ma può durare molto a lungo. Analizziamo i vari casi e vediamo anche cosa può fare il titolare del conto per abbreviare i tempi.

Blocco del conto per successione ereditaria

Quando muore il titolare del conto corrente, la banca, non appena avuta notizia del decesso, blocca l’operatività sul conto. È una misura precauzionale, che serve ad impedire l’accesso alle somme depositate fino a quando i soggetti aventi diritto non dimostreranno la loro legittimazione, e cioè la loro qualità di eredi del titolare defunto.

Per ottenere lo sblocco, gli eredi devono presentare alla banca una copia della dichiarazione di successione inviata all’Agenzia delle Entrate, e gli altri documenti richiesti (certificato di morte, dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà di ciascun coerede, ecc.). A quel punto

il conto verrà sbloccato, e gli eredi potranno decidere se proseguire il rapporto o chiuderlo definitivamente.

La tempistica dello sblocco del conto, quindi, dipende essenzialmente dall’iniziativa degli eredi e dalla loro tempestività o meno nel fornire alla banca la documentazione necessaria per provvedere. Se la banca dovesse opporsi senza una valida ragione o comunque non procedere allo sblocco nonostante l’esibizione della documentazione richiesta, si può presentare un reclamo all’istituto di credito, che deve rispondere entro 60 giorni, e in caso di esito negativo ci si può rivolgere con ricorso all’Abf (Arbitro Bancario e Finanziario) o instaurare una causa giudiziaria, anche per ottenere il risarcimento dei danni causati dall’illecito comportamento.

Blocco conto corrente per debiti privati

Il blocco del conto corrente per debiti privati (fornitori o dipendenti non pagati, quote condominiali non versate, rate di mutui o finanziamenti non restituite, ecc.) viene sempre anticipato dalla notifica di un

atto di precetto, cioè un’intimazione a pagare il dovuto entro 10 giorni. Se il debitore non provvede a saldare l’intero importo entro i suddetti termini, il creditore può intraprendere l’esecuzione forzata, che si concretizza nel pignoramento dei conti correnti del debitore.

Il creditore può conoscerli facilmente con una procedura di accesso all’archivio informatizzato dei rapporti finanziari, gestito dall’Agenzia delle Entrate, tramite l’ufficiale giudiziario, che viene autorizzato alle ricerche dei conti correnti del debitore dal presidente del tribunale, su richiesta del creditore. Una norma del Codice di procedura civile [1], recentemente potenziata dalla riforma Cartabia per velocizzare le procedure, disciplina le modalità di questo importante strumento di accesso ai dati.

Pignoramento conto corrente: procedura e conseguenze

Il pignoramento del conto corrente viene solitamente notificato prima alla banca, e poi al debitore, per evitare dispersioni delle somme depositate: in questo modo la banca blocca subito le somme depositate nel momento in cui il pignoramento viene eseguito, e impedisce al correntista l’esecuzione delle operazioni.

Così il debitore non può più prelevare le somme pignorate: quel denaro è bloccato, e viene custodito dalla banca in attesa che il giudice, con un provvedimento formale, lo assegni al creditore pignorante. Nel processo di esecuzione civile il debitore può costituirsi, con il suo avvocato, per fare valere le proprie ragioni.

Tieni presente che si può anche pignorare un conto corrente vuoto, cioè senza saldo attivo: il creditore raggiunge comunque un effetto deterrente, e potrebbe contare su eventuali accrediti futuri di somme che confluiranno in quel conto. Infatti il pignoramento si estende automaticamente anche ad essi.

Quanto dura il pignoramento del conto?

Nelle situazioni che abbiamo descritto, la durata del pignoramento dipende essenzialmente da due fattori:

  • l’entità della giacenza presente sul conto (più gli accrediti successivi: ad esempio lo stipendio e la pensione del debitore, i pagamenti di compensi e indennità in suo favore, ecc.), che potrebbe essere insufficiente per saldare il debito che ha provocato il pignoramento;
  • la lunghezza del processo di esecuzione, nel quale il giudice verifica la legittimità o meno del pignoramento eseguito e, in caso positivo, assegna le somme al creditore, con un’ordinanza emessa al termine di un’apposita udienza.

Quanto tempo per chiudere il pignoramento?

Come abbiamo appena visto, il pignoramento viene eseguito per un importo pari a quello del credito fatto valere, aumentato della metà (il debito originario più gli interessi e le spese di procedura) e se i soldi sul conto non bastano il blocco si estenderà agli

accrediti successivi, sino a raggiungere la concorrenza dell’ammontare; ma potrebbe occorrere molto tempo se essi sono esigui o mancano del tutto (si pensi a un disoccupato che non riceve nessun reddito).

Così il pignoramento potrebbe durare parecchi anni, perché le somme complessivamente dovute verranno prelevate dalla banca e riversate al creditore poco per volta (nulla vieta, però, al debitore pignorato di aprire nuovi conti correnti, presso altre banche, ma il creditore procedente potrebbe pignorare anche quelli).

Quando il pignoramento si chiude in anticipo?

Paradossalmente, può succedere che il pignoramento si chiuda prima – nel giro di qualche mese – quando il conto ha un saldo pari a zero o negativo rispetto ai casi in cui presenta un saldo positivo ma non sufficiente a coprire l’intero debito.

La banca, infatti, è tenuta a presentare entro ristretti termini al giudice dell’esecuzione una formale «dichiarazione del terzo pignorato», in cui specifica ufficialmente l’ammontare delle somme presenti sul conto corrente al momento della notifica del provvedimento di pignoramento. Da qui è facile verificare la consistenza del conto e la sua capienza rispetto alla somma pignorata.

Se tale dichiarazione è negativa, la banca non è debitrice del soggetto pignorato, in quanto in base al rapporto di conto corrente non gli deve nulla, non essendoci in quel momento somme depositate, e il giudice chiuderà in anticipo il pignoramento. A quel punto il blocco del conto sarà revocato e la banca tornerà ad essere tenuta a garantire la piena operatività del rapporto consentendo di nuovo al titolare tutte le operazioni.

Come abbreviare il pignoramento?

Il titolare del conto ha sostanzialmente tre modi utili per abbreviare la durata del pignoramento e quindi sbloccare al più presto il conto:

  • se il conto pignorato non ha capienza sufficiente, saldare l’intero importo dovuto in unica soluzione, attingendo da altre fonti finanziarie o avvalendosi dell’aiuto di familiari, amici o soci disposti ad accollarsi il debito residuo, in tutto o in parte;
  • chiedere al giudice dell’esecuzione la conversione del pignoramento, proponendo altre valide fonti finanziarie da mettere a disposizione del debitore, in sostituzione di quelle presenti sul conto; è possibile anche il pagamento rateale, in relazione alle condizioni economiche del debitore;
  • realizzare con il creditore pignorante, per vie bonarie e instaurando apposite trattative, una transazione, con un accordo di pagamento del dovuto in altre forme, anche dilazionate e non necessariamente per l’intero importo pignorato, quindi con un saldo e stralcio di una parte del credito originario.

Pignoramento conto corrente da Agenzia Entrate Riscossione

Il pignoramento del conto corrente da parte di

Agenzia Entrate Riscossione segue regole analoghe a quelle che abbiamo appena esaminato, con l’importante differenza che vi sono dei limiti minimi e inderogabili di somme impignorabili, che devono essere lasciate nella disponibilità del debitore per garantirgli i necessari mezzi di sussistenza.

In particolare, non possono essere pignorate le somme depositate sul conto fino a concorrenza del “minimo vitale”, pari al triplo dell’importo dell’assegno sociale (attualmente, 1.509,81 euro): potrà essere pignorata solo l’eccedenza. In poche parole: se al momento del pignoramento il conto presenta un saldo inferiore alla cifra che abbiamo indicato, il correntista potrà prelevare e compiere operazioni; se l’importo è superiore, il pignoramento riguarderà soltanto la differenza, e la parte al di sotto del minimo vitale resterà disponibile. Esempio: se sul conto ci sono 2.000 euro, saranno pignorati solo 490, 19 euro.

Nel pignoramento da Agenzia Entrate Riscossione vi sono limiti anche per i successivi accrediti di stipendi

sul conto pignorato (1/10 dello stipendio mensile se l’importo non supera i 2.500 euro, 1/7 se è tra 2.500 e 5.000 euro e 1/5 se supera i 5.000 euro), che invece non sussistono quando il creditore pignorante è un privato, come nei casi che abbiamo esaminato prima, fermo restando il limite generale di impignorabilità del quinto di stipendi, salari e altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, stabilito dall’articolo 545 del Codice di procedura civile (se vi sono più creditori concorrenti, il pignoramento non può eccedere la metà di tali emolumenti).

Il pignoramento si attua quando vi sono cartelle di pagamento scadute (notificate da più di 60 giorni senza che il debitore abbia saldato il dovuto o presentato opposizione) e intimazioni di pagamento non ottemperate entro i termini di 5 giorni. Anche in questo caso il pignoramento viene notificato, solitamente, prima alla banca e poi al debitore, che non viene preavvisato in anticipo, ma può facilmente capire che sta per subire il pignoramento se è stato destinatario di cartelle e intimazioni di pagamento.

Sblocco conto pignorato da Agenzia Entrate Riscossione

Il debitore può ottenere lo sblocco del conto corrente pignorato da Agenzia Entrate Riscossione in tre modi:

  • pagando integralmente il debito, in modo da estinguerlo per l’intero importo dovuto: a quel punto il pignoramento dovrà essere subito revocato;
  • chiedendo la rateizzazione (fino a 120mila euro l’accoglimento è automatico e la somma dovuta viene ripartita in 72 rate mensili; oltre i 120mila euro bisogna dimostrare una situazione di oggettiva difficoltà economica e si può arrivare a 120 rate): è importante sapere che il conto viene sbloccato con il pagamento della prima rata del piano di dilazione;
  • impugnare il pignoramento con opposizione all’esecuzione, da presentare al giudice competente, se vi sono valide ragioni attraverso cui dimostrare l’illegittimità dell’atto e della pretesa sottostante. Ad esempio, il pignoramento fuori termine (in quanto eseguito più di un anno dopo la notifica della cartella esattoriale, o più di 180 giorni dopo dalla notifica dell’intimazione di pagamento) è nullo.

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