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“Cara Flavia, mi chiamo Laura Tamiozzo e sono la figlia di un imprenditore edile della provincia di Vicenza il quale ha preso la stessa decisione di tuo padre; il 31/12/2011 mio papà si è impiccato nel capannone della nostra azienda (…)”.

LA LETTERA DI SOLIDARIETÀ. Comincia così la toccante lettera scritta lo scorso 22 gennaio da Laura, figlia di Antonio Tamiozzo, che nella notte di San Silvestro si è impiccato nel capannone della sua azienda edile di Montecchio Maggiore nel vicentino. La destinataria è Flavia, figlia di Giovanni Schiavon, titolare dell’impresa Eurostrade 90 di Vigonza, morto suicida (LEGGI QUI TUTTI GLI ARTICOLI) il 12 dicembre perché non riusciva a riscuotere i crediti. Uno stralcio di questa lettera è stato letto ieri a Vigonza da Laura durante il convegno promosso dalla Filca Cisl del Veneto per la presentazione dell’Associazione dei familiari delle vittime della crisi. Il testo integrale che riportiamo è stato pubblicato oggi dal quotidiano “La Stampa”.


L’ASSOCIAZIONE FAMILIARI VITTIME DELLA CRISI

“Mio padre ha sempre vissuto per l’azienda – continua nella lettera Laura – è sempre stato il suo valore più grande. Si sentiva responsabile nei confronti dei suoi dipendenti e delle loro famiglie, loro dovevano sempre percepire lo stipendio, era la loro certezza e questa certezza non doveva mai venire meno. Da quando è iniziata questa crisi «mondiale» il papà non è stato più lo stesso. Il modo di lavorare è cambiato, ci siamo trovati di fronte, sempre più spesso, a persone che, dopo aver commissionato i lavori, non hanno più provveduto a pagare i conti, chi per un motivo, chi per un altro. La moda degli ultimi tempi è quella di «contestare» qualsiasi cosa per avere la scusa di non pagare più gli Stati di Avanzamento Lavori. E così, dopo aver portato avanti il cantiere, pagato i dipendenti e i fornitori ci si trova che i soldi non arrivano. Poi ti trovi davanti a certa gente che si fa gli auto-sconti, anche di € 60.000,00 al colpo e se accetti bene, altrimenti non vedi nulla (…). Mio padre è morto per amore, per amore della sua azienda e specialmente nei confronti dei suoi dipendenti; viveva con il terrore di tradirli, di non essere in grado di pagare loro gli stipendi. Questo pensiero lo logorava, finché non ha più retto (…).

Mi fa rabbia guardare la televisione, ora non si parla che della nave che è affondata, pare non ci siano altri argomenti; sembra che al Governo vivano su un altro pianeta, la Manovra Monti non sarà di certo quella che solleva il paese, la gente è già affossata, aumentano le tasse e per le imprese non c’è alcun aiuto concreto. I consumi sono fermi perché la gente non ha più soldi, le aziende saltano in continuazione, le persone sono senza lavoro, gli stipendi non bastano per arrivare a fine mese. Le banche non prestano più soldi alle aziende, sembrano quasi che il loro scopo sia quello di farti chiudere i battenti. Chissà perché (…).

Ho letto un articolo, una tua intervista, in cui dichiari che avete scritto una lettera a Monti ma non avete avuto alcun riscontro. Che male che fa sentire questo! Purtroppo mi viene da dire: «siamo soli». Stiamo lottando contro i mulini a vento, nessuno ci da retta, a nessuno interessa di noi. Ma noi Flavia ci dobbiamo fare forza, dobbiamo lottare per questo.

Forza Flavia. Un forte abbraccio a te e a tutta la tua famiglia. Con affetto”.


 

 

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